Di Giovanni Greto
Secondo una consuetudine che si ripete anno dopo anno, il presidente della Biennale di Venezia, Paolo Baratta, ha invitato i giornalisti, circa dieci mesi prima della inaugurazione, ad incontrare Ralph Rugoff, il nuovo curatore alla guida della Biennale Arte 2019.
Prima di lasciargli il microfono, Baratta ha ricordato come «l’esposizione d’Arte fosse il risultato della composizione di diverse mostre (una decina), ciascuna con il suo tema e i suoi curatori. Nel 1980 una di tali sezioni fu denominata “Aperto”, un nome che di per sé racchiudeva l’idea di un’atmosfera diversa, aperta alle nuove generazioni, al mondo dell’arte. Nel luglio del 1998 la nuova Biennale uscita dalla riforma nominava Harald Szeeman come primo curatore, il quale era anche uno dei partecipanti di Aperto. Non a caso la sua prima Biennale nel 1999 si chiamò dAPERTutto. La cellula del 1980 diventa così la mostra internazionale. Lo spirito di Aperto cercava una via nuova, diversa, rispetto alle modalità con cui si può organizzare una mostra. Lo scopo era quello di mettere lo spettatore di fronte all’opera d’arte».
Passando all’oggi, Baratta ha sottolineato come venire alla Biennale sia una scelta di complessità. «Che cos’è una mostra? E’ l’arte di disporre le opere, di creare un’atmosfera. Un luogo, un percorso, un susseguirsi, tutto congiurante verso l’obiettivo dello spettatore di porsi rispetto alla mostra». Si è quindi inorgoglito snocciolando il numero degli spettatori: dai 170/180.000 del 1998 ai 615.000 del 2017. La Biennale ha raggiunto un simile risultato «senza interventi pubblicitari o ricorso a supporti, come avveniva in passato. E tutto questo in maniera indipendente», grazie al gradimento del pubblico.
Ralf Rugoff ha ricordato il primo incontro con Baratta: a Roma, davanti a un pranzo straordinario si è sviluppata una conversazione interessante che lo ha convinto a cimentarsi con un’esperienza probabilmente incredibile.
Il titolo scelto dal curatore – americano, ma inglese d’adozione, direttore della Hayward Gallery di Londra dal 2006, considerata fra le gallerie d’arte pubbliche più importanti del Regno Unito –, “May You Live in Interesting Times”, è un riferimento al disordine, perché quando c’è disordine non si sa che cosa succederà. Si tratta di una citazione tratta da un discorso della fine degli anni ’30 del ’900, in cui il parlamentare britannico Sir Austen Chamberlain invocava un antico anatema cinese che curiosamente recitava «che tu possa vivere in tempi interessanti», osservando come allora si passasse da una crisi all’altra in un susseguirsi di traumi e disordini.
Ralf Rugoff ha sentito sconcertantemente attuale questo augurio. «In un’epoca in cui i notiziari annunciano una crisi dopo l’altra, la diffusione di “fake news” e di fatti alternativi mina il dibattito politico e la fiducia su cui questo si fonda, vale la pena soffermarsi per rimettere in discussione i nostri punti di riferimento. La 58a Biennale non avrà un tema di per sé, ma metterà in evidenza un approccio generale al fare arte e una visione della funzione sociale dell’arte che include sia il piacere che il pensiero critico».
Sottolineando l’importanza di vedere il mondo in maniera diversa allorché ci si lascia alle spalle la mostra, Rugoff è sicuro che l’edizione 58 nascerà dalla convinzione che l’arte interessante crea forme con un carattere e una definizione particolari, che mettono in risalto ciò che esse stesse nascondono e le funzioni alle quali ottemperano. «L’accordo sarà posto sull’arte che sta tra le categorie e che mette in discussione le ragioni del nostro pensare per categorie. La Biennale Arte 2019 – ha concluso Rugoff – aspira a questo ideale: ciò che più conta in una mostra non è quello che viene esposto, ma come il pubblico possa poi servirsi dell’esperienza della mostra per guardare alla realtà quotidiana da punti di vista più ampi e con nuove energie. Una mostra dovrebbe aprire gli occhi delle persone a modi inesplorati di essere al mondo, cambiando così la loro visione di quel mondo».
Infine, stimolato dalle domande, ha rivelato che si incontrerà con ognuno dei responsabili dei Paesi espositori in ottobre, mentre in aprile inizierà a viaggiare per il mondo per fare ricerca e scoprire dove risiedano le idee più interessanti.