Il ritorno alla fatturazione mensile invece che a 28 giorni per i servizi telefonici azzera gli aumenti per gli utenti?

Secondo uno studio del centro tutela consumatori e utenti di Trento, no. Gli aumenti sono rimasti e sono pure incrementati.

0
770
bollette a 28 giorni fatturazione mensile

Con un provvedimento di qualche giorno fa, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) ha disposto che i gestori telefonici debbano rimborsare quanto indebitamente fatturato con la tariffazione a 28 giorni invece che con la fatturazione mensile, entro il 31 dicembre 2018. Il rimborso riguarda il periodo tra il 23 giugno 2017 e la data di effettivo ritorno alla tariffazione mensile (1 aprile 2018). Le modalità sono però ancora da definire e alla fine si potrebbe trattare non di un vero e proprio rimborso, ma di una “restituzione di giorni erosi”, come cita la delibera 269/18/CONS.

Ma si tratta davvero di una buona notizia per i consumatori (come proclamato da molti)? Il Centro tutela consumatori e utenti di Trento sin dal principio ha seguito con grande attenzione la vicenda della tariffazione a 28 giorni, assurto in breve a caso nazionale di cattiva abitudine da parte delle maggiori compagnie telefoniche. L’ultima delibera AGCOM impone ai gestori di restituire a tutti i clienti di telefonia fissa e/o con connessione internet da postazione fissa (ADSL, fibra), ai quali era stata cambiata la tariffazione del proprio contratto da mensile a 28 giorni, gli importi che erano stati loro addebitati in più dal 23 giugno 2017 fino alla data di effettivo ritorno alla tariffazione mensile (in genere il 1 aprile 2018).

La modalità e l’entità della restituzione non è ancora chiara: il rimborso potrebbe avvenire o attraverso lo storno diretto in fattura, oppure attraverso la posticipazione dell’emissione di una delle prossime bollette (senza computo, ovviamente, nella stessa, dei giorni abbuonati). Potrebbe quindi non trattarsi di un vero e proprio “rimborso” in bolletta, bensì del non pagamento del servizio per il cliente per alcuni giorni.

Il ritorno alla tariffazione mensile è stato accolto con (ovvio) favore, anche se i gestori, quando sono stati richiamati all’ordine, hanno furbescamente spalmato la cosiddetta tredicesima mensilità (nata dalla tariffazione a 28 giorni) sulle attuali 12 bollette. Ora, oltre al danno (cioè il primo aumento comunque subito dall’utenza) la beffa! Alcune compagnie, infatti, hanno applicato nuovi aumenti a partire dal corrente mese. Peccato che nessuno, o in pochi, se ne siano accorti.

Un esempio, secondo il Centro consumatori, può aiutare a capire meglio di “quanto” si sta parlando: l’offerta “SMART” di TIM era nata con un costo di 39,00 euro al mese con linea telefonica fissa, ADSL e linea mobile. Dal mese di agosto del 2016, mediante una variazione contrattuale unilaterale, il prezzo era stato aumentato di 0,90 euro al mese. Ad aprile 2017 era stata introdotta la tariffazione a 28 giorni con un rincaro dell’8,6% su base annua (di fatto era stato aggiunto un tredicesimo canone di abbonamento). A seguito della legge che, a dicembre 2017, aveva imposto ai gestori la tariffazione mensile, vi era quindi stato dapprima detto aumento, quindi una successiva riduzione dello stesso pari allo 0,8%. Il costo della tariffa mensile era quindi passato prima ad 43,33 euro, per poi scendere ad 43,01 euro. Con il 1 luglio di quest’anno, TIM applicava un nuovo aumento di 2,50 euro al mese e pertanto il costo finale attuale risulta essere di 45,51 euro. Dai 39 euro iniziali del 2016 si è quindi passati ai 45,51 di oggi con un aumento di ben il 16,69%!

A fronte di simili esempi, il CRTCU ritiene che ci sia ben poco da festeggiare e che, proprio in questa assurda vicenda dei 28 giorni (che alla fine ha comportato lauti guadagni per i gestori coinvolti) l’AGCOM avrebbe forse potuto fare di più, ponendo dei paletti ai ripetuti aumenti che le compagnie si sono divertite ad applicare, e che hanno condotto ad aumenti inusitati dei costi dei servizi a scapito degli utenti.

Il prolungarsi di tale vicenda fino a fine anno porta però con sé un ulteriore problema, sottovalutato. Nel caso in cui il cliente abbia deciso di cambiare nel frattempo gestore, per lo stesso il rimborso non sarebbe automatico, ma lo costringerebbe ad attivarsi autonomamente al fine di richiederlo (con annesse spese, vedi ad es. la raccomandata) e con il rischio di dover magari anche aprire un contenzioso, rimanendo intrappolato in un gestore magari più caro di quanto è possibile trovare sul mercato.