Nelle more dell’atteso rinnovo per ulteriori trent’anni della concessione A22 in capo alla società posseduta a larghissima maggioranza dagli enti territoriali del Trentino Alto Adige mediante la tecnica dell’“in house”, che procede lentamente tra una casella e l’altra del moloch amministrativo e burocratico statale, scende nuovamente in campo il combattivo presidente dell’Onlit, l’Osservatorio sui trasporti presieduto da Dario Balotta, ex segretario della Fit Cisl Lombardia, che ha scritto un’accorata missiva al neo ministro ai Trasporti Danilo Toninelli.
Balotta ripete a Toninelli quanto ha sempre sostenuto con il suo predecessore Delrio: «nel prorogare senza gara la concessione A22 in capo all’attuale società, lo Stato sta perdendo un sacco di soldi, circa 100 milioni di euro ogni anno dal 2014 (data di scadenza della concessione) ad oggi. Lo Stato dovrebbe annullare la concessione in atto ad Autobrennero Spa e prendere la gestione direttamente per il tramite di Anas».
Quello di Balotta sarebbe un ragionamento semplice, basato anche sulla constatazione che all’atto della nascita delle concessioni autostradali nei lontani anni Sessanta del secolo scorso queste erano dovute alla necessità di modernizzare un Paese ancora largamente privo di mezzi, e il ricorso al capitale privato per realizzare infrastrutture pareva essere la via migliore per lo sviluppo senza i soldi pubblici. Solo che al termine della concessione trentennale le infrastrutture così realizzate dai concessionari privati, che sarebbero stati ampiamente ristorati degli investimenti fatti, avrebbero dovuto passare dalla gestione privata a quella pubblica, riunendo in un unico soggetto pubblico proprietà e gestione dell’infrastruttura realizzata in concessione. Ma così non è stato, soprattutto per le pressioni dei vari potentati e clientele politiche che hanno preferito mantenere invariata la situazione mediante proroghe continue delle concessioni in essere ai medesimi soggetti originari con la scusa di effettuare potenziamenti (come la terza o quarta corsia) o bretelle varie sul territorio di questo o di quel politico di riferimento.
Nel caso della concessione A22, secondo l’Onlit «da quattro anni Autobrennero Spa opera senza concessione definitiva e il protocollo d’intesa Stato Concessionario è scaduto dal 2016. Oggi Autobrennero Spa è controllata a maggioranza, con il 54% delle quote, dalla Regione Trentino Alto Adige e dalle due province autonome di Trent e di Bolzano, il resto da altri enti locali. Tuttavia — fa notare l’Osservatorio — la nuova società “in house”, dunque tutta pubblica, che doveva essere costituita come presupposto per il prolungamento della concessione, non è ancora nata. Restano da acquisire il 14,1% di quote private e mancano anche lo statuto e la convenzione con il ministero delle Infrastrutture». Per il riacquisto delle quote private sarebbe necessario spendere una cifra attorno a 150-160 milioni di euro. Soldi che non sarebbero il problema più grande per i vertici odierni di Autobrennero e per gli azionisti pubblici, ma c’è il problema che la soluzione dell’“in house” è mal vista in molti ambienti dell’amministrazione pubblica nazionale ed europea, che se concessione dev’essere preferirebbero di gran lunga una più trasparente ed equa gara pubblica.
Ma la soluzione più chiara e trasparente sarebbe quella originaria, prevista nel primo atto di concessione: il passaggio in capo allo Stato (e all’Anas) della titolarità di tutte le varie concessioni man mano che queste vengono a scadere. Questo avrebbe due vantaggi: evitare la gara internazionale e la possibile esportazione dei pingui utili che generano le concessioni autostradali e l’abbassamento dei cari pedaggi oggi in essere, in quanto una gestione pubblica non sarebbe chiamata a generare più utili di quelli necessari per la manutenzione ordinaria e straordinaria del tratto interessato.
Uno scenario che a Trento e a Bolzano vogliono evitare come la peste per evitare di perdere il loro “tesoretto” annuo di dividendi autostradali. Solo che il tempo gioca decisamente contro, con le elezioni regionali del 21 ottobre prossimo che potrebbero anche cambiare profondamente lo scenario di riferimento.