Germania e Austria minacciano la chiusura delle frontiere per bloccare il flusso dei clandestini

A rischio il valico del brennero. Allarme degli autotrasportatori e della manifattura: «un’ora di ritardo alla frontiera costa al sistema 170 milioni di euro all’anno». 

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Schengen addio, con la probabile chiusura delle frontiere: la libera circolazione in Europa è a rischio dopo l’accordo nel governo tedesco sui respingimenti degli immigrati illegali. A sua volta, l’Austria si è detta pronta a blindare il Brennero (e il Tarvisio) se Berlino chiuderà le proprie frontiere. Chi rischi adi rimanere con il cerino in mano è l’Italia, piattaforma di sbarco via mare per i clandestini che giungono dall’Africa centrale.

A Roma l’allarme è scattato nelle stanze  del ministero degli Esteri: «Vienna se ne dovrebbe assumere le responsabilità», ha avvertito il ministro degli Esteri Enzo Moavero, invocando la «cooperazione» tra i partner promossa nell’ultimo vertice Ue. Il ministro agli Interni, Matto Salvini, ha sentito al telefono il collega tedesco Horst Seehofer, concordando il primo incontro diretto il prossimo 11 luglio.

Il cancelliere austriaco Sebastian Kurz, presentando al parlamento di Strasburgo le linee guida della presidenza semestrale dell’Ue, ha evocato una «reazione a catena» alla possibile chiusura delle frontiere tedesche. Ed ha minacciato interventi per «proteggere i confini meridionali» del suo Paese, ovvero i valichi del Brennero e del Tarvisio. Kurz ha auspicato «un’Europa senza frontiere interne nel medio e lungo termine», ma ha puntualizzato di «non poter fare promesse» sulle tempistiche necessarie per tornare al completo funzionamento di Schengen. E al Brennero già nei mesi scorsi il governo di Vienna ha attutato le prime infrastrutture per il rafforzamento dei controlli di frontiera, poi rimasti inattivati. Ma ora, potrebbero tornare utili.

Intanto, tra le categorie economiche italiane ed europee è scattato l’allarme sui costi che il blocco delle frontiere comporterebbe sia sulla logistica che sulla manifattura, visto che tutto il sistema produttivo del centro Europa è ormai strettamente interconnesso con un sistema manifatturiero che si scambia le varie fasi delle lavorazioni dei prodotti finali.

Più di 370 milioni di euro, di cui 170 a carico dell’autotrasporto. È il costo di un’ora di ritardo per l’attraversamento del Brennero. La stima è dell’Ufficio studi Isfort e Conftrasporto, elaborata in relazione all’annunciata volontà del governo austriaco di introdurre controlli al valico. Costo che poi andrebbe duplicato per il valico della frontiera austro tedesca, visto che i controlli sarebbero ristabiliti anche lì.

«Più volte ho evidenziato come decisioni che rallentano i collegamenti dei Paesi periferici al Centro dell’Europa siano incompatibili con il principio della libera circolazione delle persone e delle merci a livello europeo – spiega il vicepresidente di Confcommercio e di Conftrasporto, Paolo Uggè –. Tale considerazione è stata ripresa e ribadita dal commissario europeo ai Trasporti Violeta Bulc e da gruppi parlamentari europei. La decisione dell’Austria va immediatamente sanzionata. Non solo: alla luce di quanto dichiarato dal ministro dei Trasporti austriaco Norbert Hofer (“In termini economici ripristinare i controlli al Brennero sarebbe un disastro”, ndr), verrebbe da chiedersi se il contingentamento dei Tir in atto da tempo al Brennero, deciso unilateralmente dall’Austria, sia dettato da motivi ambientalistici oppure economici», aggiunge Uggè.

«Il governo italiano si faccia sollecito interprete delle esigenze del sistema produttivo nazionale adottando le misure necessarie e avanzando proposte che riducano al massimo i danni per la nostra economia – dice Uggè – introducendo forme di controllo atte a impedire ai migranti irregolari di violare le norme in atto sul fenomeno dell’immigrazione. Le dichiarazioni rilasciate a mezzo stampa lasciano il tempo che trovano, soprattutto non producono soluzioni concrete, cosa di cui si sente la necessità».

Allarme rosso anche dai vertici di Confindustria Trentino Alto Adige: « se oggi l’Europa è l’area economicamente più avanzata e con le migliori prestazioni sociali a livello globale, lo dobbiamo in particolare all’abbattimento delle frontiere interne all’UE. Un’eventuale chiusura delle frontiere ci farebbe tornare indietro, quando invece dobbiamo assolutamente guardare avanti per affrontare le nuove sfide che ci attendono», afferma il vicepresidente nazionale di Confindustria e presidente di Confindustria Trentino-Alto Adige, Stefan Pan.

Il ritorno dei controlli avrebbe conseguenze negative sulla libera circolazione di persone e merci. «La nostra società è sempre più mobile e aperta. Chi per studio, chi per lavoro, chi per andare in vacanza è abituato a passare i confini interni all’Europa senza quasi accorgersene. È una conquista europea che non possiamo permetterci di rimettere in gioco», avvertono i presidenti di Confindustria Trento, Enrico Zobele, e di Assoimprenditori Alto Adige, Federico Giudiceandrea.

La chiusura delle frontiere sarebbe un danno rilevante per tutto il territorio. «Rendere più difficile la mobilità interna all’UE mina la competitività delle nostre imprese, in particolare quelle più orientate all’export che stanno trainando la ripresa, e di conseguenza anche la loro capacità di creare valore e posti di lavoro» affermano Pan, Zobele e Giudiceandrea.

Per gli industriali, la soluzione deve essere per forza europea. Secondo Pan «dobbiamo rafforzare i nostri territori puntando ad un’Europa ancora più forte e unita. La strategia vincente non può che essere quella dello “Europe ahead”: unire le forze con intelligenza e determinazione è l’unico modo per poter competere con successo con altre potenze mondiali come gli Stati Uniti o la Cina».