La corsa ai blocchi dei veicoli diesel da parte delle varie amministrazioni cittadine, interessate a farsi ecologicamente più belle, spinte da una fortissima demagogia spesso priva di alcun fondamento tecnico e scientifico, con cui si vuole vietare la circolazione di veicoli Diesel in ambito urbano a partire dal prossimo anno per quelli più vecchiotti (Euro4) e dal 2025 anche per quelli di recente immatricolazione (Euro5 e Euro6) sta sconvolgendo il mercato delle immatricolazioni e penalizzando pesantemente famiglie ed imprese con consistenti svalutazione al valore dei loro veicoli Diesel e forti difficoltà nella vendita del nuovo.
Nelle aree metropolitane d’Italia chi è proprietario di un veicolo Diesel anche di recente immatricolazione si sta chiedendo se sia il caso di rivenderlo il prima possibile, mentre chi sta per acquistare un veicolo nuovo punta verso quelli ibridi o alimentati a gas o gpl. Roma, Milano, Torino e Bologna hanno confermato i blocchi per i vecchi diesel (fino agli Euro4 senza filtro anti particolato), spingendosi a fissare da subito anche la messa al bando per i più recenti e puliti Diesel Euro5, e perfino per quelli attualmente in commercio, Euro6: a Milano, per esempio, i primi saranno banditi nel 2024, i secondi nel 2025. Ovvio che con una vita media di circa 13 anni, chi oggi acquista un veicolo si guarda bene dal rischiare di avere a metà della vita utile attesa del proprio investimento un mezzo praticamente inservibile e dal valore residuo pesantemente svalutato.
Tutto ciò sull’onda della spinta della demagogia, in quanto per molti amministratori locali è più facile dare la caccia ai presunti inquinatori che circolano con veicoli Diesel, ignorando che la gran parte dell’inquinamento urbano è causato dal parco caldaie obsoleto e dalle emissioni di molte attività produttive. Ma quelle sono un tabù e non si possono toccare. Meglio dare addosso ai motori Diesel anche di ultima generazione, nonostante uno studio dell’Istituto Motori del Cnr abbia evidenziato come le emissioni inquinanti di un veicolo Diesel lungo tutto il suo ciclo di vita siano inferiori in termini di CO2 (gas climalterante) rispetto ad uno alimentato a benzina e anche risepeto ad uno totalmente elettrico, dove le emissioni inquinanti sono legate alla produzione della batteria e alla produzione dell’energia necessaria per la sua ricarica.
Non c’è solo il fronte dell’anidride carbonica a premiare il Diesel: sempre secondo l’Istituto Motori del Cnr, anche i dannosi ossidi di azoto (NOx) sono drasticamente ridotti per i veicoli con omologazione Euro6 e molto bassi per quelli Euro5, con il risultato che già oggi un motore Diesel è più pulito di uno a benzina, senza trascurare il fatto che nella “verde” sono contenuti in buona percentuale composti acclarati cancerogeni, come il benzene.
Senza trascurare, infine, un altro aspetto: la corsa al veicolo presunto ecologico sta spingendo alla realizzazione di una costosissima infrastruttura per la ricarica dei veicoli elettrici che avrà pesanti effetti anche sulla generazione e distribuzione di consistenti quote di energia in momenti temporali molto limitati, imponendo colossali investimenti per l’ammodernamento della rete distributiva. Ne vale la pena quando considerando tutto il ciclo di produzione e di utilizzo di un veicolo Diesel ha complessivamente un impatto ambientale inferiore ad uno elettrico?
Intanto, famiglie ed imprese devono fare i conti con la consistente svalutazione dei loro veicoli Diesel, che sta scoraggiando anche la sostituzione di “usato contro usato”, che sarebbe utile per togliere dalla circolazione i veicoli ante Euro4 con veicoli usati Diesel Euro4 con filtro antiparticolato ed Euro5, con il risultato che sulle strade del Belpaese continuano a circolare parecchi milioni di veicoli decisamente inquinanti.
Secondo alcune stime, il parco circolante dei veicoli ante Euro4 vale circa un centinaio di miliardi di euro, per il quale è lecito attendersi una svalutazione media oscillante tra il 30% e il 50%: dai 30 ai 50 miliardi di euro letteralmente buttati al vento per la mancanza di un coordinamento nazionale ed europeo delle norme di riferimento, cui vanno ad aggiungersi almeno 500 miliardi di nuova spesa per l’acquisto di nuovi veicoli per sostituire quelli messi forzatamente fuori circolazione dalle norme comunali. Ne vale la pena a livello si sistema Paese? Probabilmente no se chi governa ad ogni livello la cosa pubblica agisse guardando alla scienza e alla ragione, piuttosto che alla pancia.