Voucher digitalizzazione: Governo patrigno con le aziende del NordEst

Il ministero allo Sviluppo economico ha reso note le imprese finanziate. Lo Stato riconosce solo il 12% alle imprese del Nord (2.500 euro a testa su una spesa media di 20.000). Bonomo: «un’inutile elemosina a pioggia». 

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Il voucher digitalizzazione delle imprese, lanciato nell’ormai lontano 2013, è stato successivamente modificato e snaturato dai governi Renzi e Gentiloni fino ad arrivare a trasformarsi in una cocente presa per i fondelli per il mondo dell’impresa del Nord che si vedrà ripagato con una misera ed inutile mancetta che di fatto non innesca il circolo virtuoso degli investimenti da parte delle imprese.

Ne è convinta anche Confartigianato Imprese Veneto, secondo il cui presidente Agostino Bonomo si è trattato di «un’elemosina “a pioggia” per fini squisitamente elettorali (lo denunciammo pubblicamente subito dopo la pubblicazione del bando) che servirà più ad allontanare che avvicinare le imprese alla digitalizzazione».

I dati pubblicati in questi giorni dal ministero dello Sviluppo Economico sul numero di imprese a cui è stato riconosciuto il Voucher digitalizzazione (ovvero un contributo diretto delle Stato su investimenti relativi ad acquisizione di tecnologie digitali, hardware e software) ed i conseguenti importi del contributo che sarà in grado di dare sono impietosi, soprattutto per le aziende situate al Nord Italia. Sono oltre 91.000 imprese italiane ad aver partecipato con successo al bando chiuso a febbraio di quest’anno, per complessivi 340 milioni di euro.

Annunciato con grande enfasi ancora nel lontano 2013, il provvedimento ha avuto una lunga e tormentata gestazione. Dapprima per mancanza di copertura finanziaria (ci sono voluti oltre due anni per trovare gli iniziali 100 milioni di euro necessari), poi per le lungaggini relative alla definizione dei criteri (eccessivamente ampi e troppo poco selettivi), poi ancora per la pubblicazione del bando, accompagnato dall’infelice scelta di affidarsi ad un sistema a riparto che ha finito con diluire eccessivamente le risorse erogate. Le imprese che, per abilità o fortuna, sono sopravvissute alla valutazione si sono viste erogare l’elemosina del 12% di contributo.

«Siamo di fronte – commenta Bonomo – a un nano voucher di peso irrilevante (si parla al massimo di 2.500 euro su una spesa di 20.000) che, a conclusione di una vicenda durata oltre 5 anni, ha giustamente sollevato la delusione dei molti che su di esso avevano riposto fiducia. Se sulla strada dell’innovazione tecnologica delle imprese, il Piano Industria 4.0, sta generando complessivamente una significativa ricaduta sulle imprese che hanno deciso di abbracciare la strada dell’innovazione basata sulle tecnologie 4.0 e dell’indotto che su di esse opera, la vicenda del voucher digitalizzazione va scritta come una delle pagine peggiori quanto ad aspettative deluse».

Per Bonomo «le imprese non hanno bisogno né di elemosine (il riferimento è a quelle del Nord), né di regali. Al Sud (Abruzzo, Molise, Puglia, Campania, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna), i finanziamenti sono arrivati al 50% (su un massimo di 20.000 euro di spesa) grazie ad un intervento aggiuntivo con fondi riservati alle aree sottoutilizzate. Le imprese chiedono di poter riconoscere nello Stato un partner, anche selettivo, ma facilitatore e convinto sostenitore dei propri progetti, almeno togliendo paletti e ostacoli, se non in grado di gestire incentivi. Nell’era dell’innovazione aperta e delle buone pratiche da imitare, mettiamo la vicenda dei voucher della digitalizzazione ai primi posti delle cattive pratiche, – conclude Bonomo – pratiche da conoscere per essere attentamente evitate in futuro. Vorremmo pensare che in qualche modo si potesse ridare dignità a questa storia che finora non ne ha conosciuta, se non altro per rispetto verso quelle imprese che ci hanno creduto. Me temiamo fortemente che non sarà così e anche questa sarà un’altra occasione sprecata».