Cambiando la composizione del catodo le batterie agli ioni di litio triplicano la capacità

I ricercatori dell’Università del Maryland utilizzando fluoruro di ferro hanno aumentato la densità energetica dell’accumulatore a basso costo. I ricercatori europei lavorando sulla composizione nanostrutturata dell’anodo aggiungono velocità e stabilità. 

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Le moderne batterie agli ioni di litio sono diventate una sorta di scrigno alchemico, dove cambiando la composizione dei materiali utilizzati e la loro percentuale si generano notevoli cambiamenti, spesso positivi. Nella sfida sono impegnati i ricercatori americani ed europei, ciascuno con una propria filosofia di ricerca.

Cambiando la composizione del catodo delle batterie agli ioni di litio utilizzando due elementi economici e facilmente reperibili come il ferro e il fluoro i ricercatori dell’Università del Maryland, del Dipartimento americano dell’energia (DOE), del Brookhaven National Laboratory e del Research Lab dell’esercito statunitense sono riusciti a trovare la formula per triplicare la capacità di accumulo di energia dei dispositivi al litio impiegando il floruro di ferro (FeF3).

Si tratta di un sale tossico e dannoso per l’ambiente che impiegato in un ambiente chiuso come nel caso delle batterie contribuisce a migliorare notevolmente le prestazioni degli elettrodi.

«Le batterie agli ioni di litio sono costituite da un anodo e un catodo – spiega Xiulin Fan, scienziato dell’Università del Maryland UMD -. Rispetto alla grande capacità degli anodi in grafite commerciale utilizzati nelle batterie, la capacità dei catodi è molto più limitata: i materiali rappresentano ancora oggi il collo di bottiglia per migliorare ulteriormente la densità energetica dei dispositivi agli ioni di litio».

In un articolo pubblicato sul numero di giugno 2018 di Nature Communications, i ricercatori statunitensi hanno illustrato la metodica del loro approccio innovativo alle batterie agli ioni di litio. I materiali impiegati sono normalmente basati sulla chimica di intercalazione: questo tipo di reazione è molto efficiente, tuttavia, trasferisce solo un singolo elettrone per volta, limitando la capacità del catodo. Alcuni composti, come il fluoruro di ferro, sono invece in grado di trasferire più elettroni grazie a un meccanismo noto come reazione di conversione. Nonostante questa capacità, il fluoruro di ferro ha sempre avuto dei problemi nella pratica a causa di reazioni collaterali che ne determinano una scarsa riproducibilità, limitando i cicli utili di vita della batteria. Per arginare il problema, gli scienziati hanno aggiunto al sale atomi di cobalto e ossigeno tramite un processo chiamato sostituzione chimica. Ciò ha permesso agli scienziati di manipolare il percorso di reazione e renderlo più “reversibile”.

I test effettuati dimostrano che il nuovo catodo è in grado è in grado di aumentare l’accumulo di energia: i risultati mostrano oltre 1.000 cicli di carica/scarica con una capacità di 420 mAh/g e una densità di energia di ~1.000 Wh/kg. La strategia di co-sostituzione potrebbe essere estesa ad altri materiali per migliorare ulteriormente le prestazioni energetiche.

La composizione delle batterie è oggetto di ricerca anche sull’altra sponda dell’Atlantico. I ricercatori del centro ricerche tedesco Jülich in collaborazione con altri di Praga stanno valutando l’impiego di nanoparticelle di ossido di stagno arricchite con antimonio per migliorare le batterie ricaricabili al litio, specie in termini di capacità di accumulo, la durata e la velocità di ricarica delle batterie stesse.

Il gruppo di ricerca si è concentrato sulle prestazioni del materiale anodico, creando un nuovo composto ibrido a base di stagno e grafene. «In linea di principio, gli anodi a base di diossido di stagno possono raggiungere capacità specifiche molto più elevate e quindi immagazzinare più energia rispetto agli anodi di carbonio attualmente in uso, con la capacità di assorbire più ioni di litio – spiega Dina Fattakhova-Rohlfing -. L’ossido di stagno puro, tuttavia, presenta una stabilità del ciclo molto bassa». Anche in questo caso, la sfida è sostituire il materiale con un composto ibrido nanocomposito. Quello creato dai ricercatori è composto da nanoparticelle di ossido di stagno arricchite con antimonio, su uno strato di grafene. La base in grafene aiuta la stabilità strutturale e la conduttività del materiale.

In questo caso, le particelle di ossido di stagno sono state fatte “crescere” direttamente su questo strato e la loro piccola dimensione si è dimostrata in grado di migliorare anche la tolleranza del sistema alle variazioni di volume; in altre parole, la cella al litio diventa più stabile e dura più a lungo.

«Arricchire le nanoparticelle con l’antimonio assicura che il materiale sia estremamente conduttivo – aggiunge Fattakhova-Rohlfing -. Questo rende l’anodo molto più veloce, il che significa che può immagazzinare un’ora e mezza di energia in un solo minuto rispetto quanto sarebbe possibile con gli anodi in grafite convenzionali. Può anche immagazzinare tre volte più energia in un’ora di ricarica». Per ora, gli anodi drogati con antimonio conservano il 77% della loro capacità originale anche dopo 1.000 cicli.