Bio-On nell’ex stabilimento Granarolo di Castel San Pietro Terme avvia la produzione di bioplastiche

Investimento da 20 milioni di euro tra la fabbrica e i laboratori di ricerca. Impianto pilota per una nuova tecnologia già venduta per altri 13 impianti. 

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bio-On bioplastiche

Per avere un sostituto ambientalmente accettabile al polipropilene inventato da Giulio Natta, sulle ceneneri di un vecchio stabilimento Granarolo addetto alla produzione di yogurt nasce Bio-On che ha aperto a Castel San Pietro Terme (tra Imola e Bologna) il primo stabilimento mondiale per la produzione di bioplastiche. Ancora una volta, per la ricerca italiana un record mondiale nel campo delle materie plastiche.

Con un investimento di 20 milioni di euro, la fabbrica è stata riconvertita alla produzione di bioplastiche con annessi laboratori di sviluppo e ricerca dove lavorano 45 persone tra tecnici e ricercatori (con l’obiettivo di arrivare a regime a 90). Qui si produrranno circa un un migliaio di tonnellate l’anno di microsfere di biopolimeri dalla fermentazione di batteri, nutriti con gli scarti vegetali. Una filiera 100% naturale, sostenibile e biodegradabile per produrre microplastiche, principalmente per usi cosmetici, non più dagli idrocarburi ma dai residui di lavorazione di barbabietole e canne da zucchero.

Secondo il presidente e amministratore delegato di Bio-On, Marco Astorri, «puntiamo a riprodurre su scala maggiorata quanto già avviene in natura». L’azienda, fondata assieme all’imprenditore bolognese Guy Cicognani, si avvale degli studi e dei brevetti sviluppati nel tempo da Jian Yu, ricercatore all’Università delle Hawaii, che ha ideato il modo di produrre polidrossidi.

Quello nella pianura dell’Emilia «è un impianto unico al mondo – dice Astorri – che si basa su oltre 50 brevetti che utilizziamo su licenza. Qui, un processo chimico trasforma gli scarti agricoli in una melassa con cui i batteri non patogeni si nutrono per 30-40 ore dentro ai fermentatori producendo Phas: i poliidrossialcanoati, granelli porosi di 6-7 micron simili a una sabbia bianca, base di partenza per qualsiasi successiva lavorazione “plastica”, dai cruscotti per auto ai casalinghi fino ai giocattoli».

Questo prodotto andrà a sostituire quella plastica invisibile utilizzata all’interno di dentifrici, creme solari, trucchi che una volta finita negli scarichi fognari finisce direttamente nell’ambiente in quanto non esiste alcun filtro capace di trattenerla all’interno degli impianti di depurazione. Plastica per un quantitativo stimato in 10 milioni di tonnellate/anno che finisce dritta nel ciclo alimentare di pesci e degli uccelli, oltre che nell’uomo. «La polvere di Phas che noi produciamo – evidenzia Astorri – si degrada invece nel giro di 70 giorni e non è idrosolubile, sono i batteri presenti in natura che la decompongono naturalmente trasformandola in cibo per la fauna marina».

Non solo materiali per cosmetici: dalla fabbrica di Bio-On usciranno a breve anche soluzioni per nanomedicina, biomedicale, nutraceutica, elettronica organica oltre a materiali “intelligenti”. Ma più che ad essere una realtà industriale, Bio-On punta ad essere una fabbrica di ricerche e di brevetti: «il nostro core business resterà la concessione in licenza dei brevetti, altri due stabilimenti simili a questo ma su scala industriale (5-10.000 tonnellate di capacità produttiva) sono in costruzione uno in Francia e l’altro a San Quirico di Parma. Ma sono già 13 le licenze cedute in giro per il mondo», per un fatturato che punta a passare dagli 11 milioni di euro del 2017 ai 140 milioni di fatturato nel 2020.