Rapporto 2017 sul sistema agroalimentare della Romagna

La produzione lorda vendibile totale delle tre province romagnole (Forlì-Cesena, Ravenna, Rimini) è pari a circa 1,3 miliardi di euro (26,4% della PLV regionale) con aumento del 10,7%. Cresce l’export (+12,8%). Industria alimentare al 22% del totale regionale.

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Presentato a Forlì nella sede della Camera di commercio della Romagna, con la collaborazione delle Camere di commercio della Romagna – Forlì-Cesena e Rimini e di Ravenna, della Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì e di Romagna Terra del Buon Vivere il Rapporto 2017 sul sistema agroalimentare della Romagna, una aggiornata fotografia del settore, inedita perché alla prima edizione, curato da Regione e Unioncamere Emilia-Romagna.

Agricoltura e industria alimentare tra i motori dell’economia della Romagna, dove le tre province, Forlì-Cesena, Ravenna e Rimini, rappresentano poco più di un quarto (26,4%) della produzione lorda vendibile (PLV) regionale per un valore di quasi 1,28 miliardi di euro, in aumento del 10,7% rispetto all’anno precedente.

Le imprese di produzione “alimentari e bevande” in Romagna, nel 2017, sono 1.072, pari al 12% del totale delle imprese romagnole e al 22,3% del totale regionale. Gli scambi commerciali di prodotti alimentari sono in miglioramento costante dal 2013 con valori pari a: 2.306 milioni di euro per l’Import (con una variazione sul 2016 di +1%) e di 1.414 milioni di euro per l’Export (con una variazione sul 2016 di +12,8%). Il contributo di prodotti agroalimentari alla formazione della bilancia commerciale sono pari al 33% per l’import e al 14% per l’export.

Dopo gli interventi di Fabrizio Moretti, presidente Camera di commercio della Romagna e Roberto Pinza, presidente Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì e dell’assessore regionale all’agricoltura, Simona Caselli, si è sviluppato il dibattito moderato da Roberto Zalambani, presidente UNAGA – FNSI sugli scenari futuri dell’agroalimentare al quale hanno partecipato i manager di alcune delle principali aziende romagnole della produzione agricola e industriale: Maurizio Gardini (presidente Confcooperative nazionale e Conserve Italia), Raffaele Drei (presidente Agrintesa Soc.Coop.Agricola-Faenza), Paolo Pari (direttore Marketing Apofruit Italia Soc.Coop.Agricola-Cesena), Bruno Piraccini (presidente Orogel SpA-Cesena) e Carlo Dalmonte (presidente CaviroSoc.Coop.Agricola-Faenza). Gianluca Bagnara, presidente Fiera di Forlì e del Collegio Periti Agrari e Periti Agrari Laureati Forli-Cesena, ha coordinato il tavolo e chiuso i lavori della giornata.

«Il Sistema agroalimentare – ha dichiarato Fabrizio Moretti, presidente della Camera di commercio della Romagna – Forlì-Cesena e Rimini – rappresenta un elemento strategico e fondamentale non solo del nostro tessuto economico, ma anche della nostra società e contribuisce fortemente a delinearne l’identità. Un’identità fatta di valori come l’impegno per la qualità, l’innovazione la progressiva internazionalizzazione e che punta sul lavoro, la cooperazione e il ruolo driver di grandi e prestigiose imprese. Si tratta di un’eccellenza caratterizzata da un forte contenuto di specializzazione e competenze distintive che ha sempre sostenuto, con le sue caratteristiche anticicliche, le dinamiche economiche del nostro territorio anche nei periodi più difficili della crisi e che ha prodotto, nonostante alcune criticità, anche nell’anno appena trascorso, risultati positivi e aperti a prospettive di crescita. È quindi su filiere come quella agroalimentare che la Camera di commercio punta fortemente per promuovere l’attrattività e la competitività del nostro territorio in un’ottica di crescita e innovazione».

«L’importanza del sistema agroalimentare per lo sviluppo del territorio romagnolo trova immediata e piena conferma nei numeri: 6.665 imprese agricole con quasi 30.000 occupati che coprono le più varie produzioni agricole e zootecniche – ha sottolineato Roberto Pinza, presidente della Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì – ma ciò che rende davvero unico questo sistema aprendolo a nuove possibilità di sviluppo, anche in loco oltre che sul piano dell’export, è la relazione con il paesaggio e con il cibo visto in termini culturali. Il lavoro portato avanti in questi ultimi anni dalla Fondazione nel campo del marketing territoriale conferma le enormi possibilità di sviluppo dei territori in chiave turistica, combinando per l’appunto la biodiversità ambientale e di prodotto propria della Romagna con la sua ricchezza sociale e culturale. La situazione dell’agroalimentare è in generale buona, ma il Convegno costituisce l’occasione per riflettere su come fare ulteriori e incisivi progressi»”.

«La Romagna si caratterizza per la ricca diversità di prodotti: abbiamo perciò non una ma tante agricolture, in filiere integrate – ha commentato Gian Luca Bagnara, presidente Fiera di Forlì e del Collegio Periti Agrari e Periti Agrari Laureati Forli-Cesena -. Questo permette di aggregare e specializzare per competere sui mercati anche esteri. Si tratta di un grande laboratorio dell’agroalimentare dove all’innovazione di prodotto si affianca l’innovazione di processo e l’organizzazione. Per questo, la filiera agroalimentare ha indotto e sviluppato il sistema della logistica del fresco, il packaging, e tutti i servizi necessari a creare valore aggiunto sul territorio».sistema agroalimentare romagna

Entrando nelle cifre contenute nel Rapporto, la PVL totale della Romagna è pari a circa 1,3 miliardi di euro e rappresenta il 26,4 % di quella regionale (oltre 4,8 miliardi di euro). In particolare, rispetto al dato regionale, la PLV della Romagna, per le colture arboree è il 43% e per le erbacee è il 24% e per gli allevamenti è il 19%. La variazione della PLV, rispetto al 2016, per l’area Romagna è stata pari al 10,7%. Ravenna spicca per vocazione frutticola (33% della PLV- colture arboree) e Forlì-Cesena per specializzazione avicola (15% della PLV- allevamenti). Entrambe le specializzazioni sono riconosciute a livello nazionale.

A prezzi correnti, nel 2017 in Romagna le esportazioni agro-alimentari crescono molto più delle importazioni, 12,8% contro 1,0%, e si attestano rispettivamente a 2.306 ed a 1.414 milioni di euro. Il saldo con l’estero, per i soli prodotti agro-alimentari, passa da -1.029 a -892 milioni di euro: è il valore più basso dell’ultimo quinquennio. In Romagna, tra il 2013 e il 2017, il peso in valore dei prodotti agro-alimentari sul totale dei prodotti scambiati dal lato delle importazioni scende dal 38,9% al 32,6%, mentre per le esportazioni passa dal 15,6% al 14,3%.

I due principali mercati di approvvigionamento sono Ucraina e Brasile per i prodotti agricoli e Ucraina e Argentina per quelli trasformati. Le imprese romagnole acquistano sui mercati dell’Unione Europea poco meno della metà delle loro importazioni di prodotti agricoli e poco meno di un terzo di quelle di prodotti trasformati.

Dal lato delle esportazioni, Germania e Francia sono i due principali mercati esteri per i prodotti agricoli sia della Romagna che dell’Italia; il peso dei Paesi UE è pari rispettivamente al 78,8% ed all’80,7%. La Germania rappresenta il principale mercato di prodotti trasformati per la Romagna, seguita nel primo caso dalla Francia. In entrambi i casi il peso dei paesi UE si ferma al 63%.

Le esportazioni di frutta fresca (257 milioni)e di sementi (105 milioni) rappresentano poi il 77,4% delle esportazioni agricole romagnole, le prime addirittura oltre il 50% dell’export frutticolo regionale e il 9% di quello nazionale.

I prodotti più importanti, sono, in ordine decrescente: kiwi (esportazioni di 85 milioni di euro) e pesche (64 milioni). La Romagna contribuisce in modo significativo alle esportazioni nazionali di prugne (41,5%), pesche (37,7%) e albicocche (33,7%).

La Romagna esporta vino sfuso per 69 milioni di euro, pari al 36,8% del suo export nazionale. Le vendite di prodotti del florovivaismo, che includono talee e piante da frutta: il valore delle esportazioni nel 2017 è stato pari a 21 milioni di euro (-0,6% in valore).

Dalla Romagna partono per l’estero oltre i tre quinti delle esportazioni nazionali di sementi di ortaggi.

Questa forte specializzazione è allo stesso tempo punto di forza e di debolezza perché espone la Romagna a una pronunciata variabilità di prezzi e redditi, ad esempio nel 2017 si è avuto un netto calo dei ricavi di pesche (-31%) e nettarine (-33,2%) rispetto al 2016, dovuto alla riduzione dei prezzi del 20-25% nonostante la marcata riduzione delle superfici. Per gli avicoli si è avuto invece un aumento dei prezzi per i polli, + 8,7%, con una riduzione delle quantità di circa il 3%.

Venendo alla classifica delle province romagnole per vocazione all’export, nel settore agroalimentare prima è Ravenna (670 milioni), terza in ambito regionale, poi Forlì-Cesena (550 milioni) e Rimini (190 milioni).

Nelle tre province della Romagna si conta circa il 22% delle ragioni sociali della regione operanti nel settore alimentare e delle bevande, una quota che cresce al 25% se consideriamo solo le attività di tipo artigianale e che scende al 17% per quelle di tipo industriale.

Rispetto all’anno precedente, il numero di ragioni sociali nel settore alimentare e bevande è quasi invariato (-0,1%,), con una leggera riduzione delle attività di tipo artigianale (-0,4%), quasi completamente compensata dall’aumento di attività di tipo industriale (+0,8%).

L’industria alimentare romagnola conta 1.029 ragioni sociali, di cui circa il 75% sono attività di tipo artigianale. Mentre per le attività artigianali si ha una distribuzione con poche variazioni tra le tre province (dalle 286 unità di Forlì-Cesena alle 207 di Rimini), le attività di tipo industriale si concentrano nella provincia di Forlì-Cesena, che con 103 unità rappresenta il 40,7% del totale, seguita da Ravenna (81 unità) e Rimini (69 unità). L’industria delle bevande, con 43 società delle quali 30 industriali, in Romagna costituisce il 4,0% dell’intero aggregato alimentare e bevande.

L’occupazione agricola aumenta nel 2017 nella maggior parte delle province della regione e il maggior incremento si è registrato nella provincia di Forlì-Cesena, con una crescita di quasi 2.900 unità (+21,8%). Le province di Forlì-Cesena e Ravenna si caratterizzano ancora per un’incidenza dell’occupazione agricola sul totale nettamente superiore alle altre provincie (rispettivamente 7,8% e 7,7%).