Mondo dell’artigianato e della piccola impresa preoccupati delle avvisaglie della guerra globale dei dazi che potrebbero incidere pesantemente sui risultati ottenuti sul fronte dell’export veneto dal sistema manifatturiero locale.
«50, 100, 200 miliardi. Gli importi dei dazi messi in campo dall’amministrazione Trump verso la Cina e viceversa, aumentano di giorno in giorno sottolinea Agostino Bonomo, presidente di Confartigianato Imprese Veneto -. Le sanzioni verso la Russia da parte della UE sono appena state riconfermate (contrario il nostro Governo). E sono da poco entrati in vigore anche i dazi USA verso la UE a cui Bruxelles ha appena risposto colpendo jeans e moto (a presto la reazione?). Una polveriera che rischia di portare ad una guerra commerciale globale con confini, oggi, solo in parte immaginabili».
La preoccupazione è che l’escalation protezionistica vada minare gli ottimi risultati raggiunti dall’export veneto che, nel I trimestre 2018, ha segnato un nuovo record a quota 15 miliardi di euro, 3,8% in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
«Cresciamo, anche se meno, – spiega Bonomo – ma un fenomeno “figlio” delle tensioni internazionali è già in atto da 4 trimestri, la riduzione delle nostre vendite fuori dall’Europa che sono oggi pari al 38,4% del totale. Solo due anni fa si sognava il superamento del 50%. In particolare a calare di più in termini assoluti sono, tra le destinazioni top ten, Emirati Arabi (-29,3 milioni), gli USA (-21,1 milioni) e Hong Kong (-20 milioni). Oltre 70 milioni che mancano, in particolare, ai settori del “Made in Italy”: abbigliamento, calzature e articoli in pelle, macchinari e mobili, quelli a maggiore concentrazione di PMI».
A livello nazionale, nelle valutazioni dell’Ufficio parlamentare di bilancio, gli effetti di uno shock protezionistico sull’economia italiana sono sintetizzati in una minore crescita, in volume, nel 2018 dello 0,5% del PIL rispetto allo scenario base, riduzione che si amplia allo 0,7% nel 2019 e 2020; a prezzi correnti gli effetti ammontano a 12miliardi e mezzo di euro di minore crescita nel 2018, 15,3 miliardi nel 2019 e 17,2 nel 2020. Nel modello utilizzato per la simulazione l’innesco è determinato da tariffe del 25% imposte dagli Usa sulle merci cinesi e del 10 % su quelle coreane e taiwanesi, a cui seguono azioni di ritorsione tariffaria di pari intensità dei tre paesi verso gli USA e l’abbandono dell’accordo Nafta. Ne consegue una correzione al ribasso dei mercati azionari, l’orientamento dei flussi finanziari verso asset di Stati Uniti, Giappone, Germania e Regno Unito, un apprezzamento del dollaro verso le valute dei paesi emergenti – ma un deprezzamento rispetto all’euro – ed il deterioramento della fiducia di consumatori e imprese nelle maggiori economie con conseguenze su consumi e investimenti.
«Tornando ai numeri veneti – prosegue Bonomo – nei primi tre mesi del 2018 l’export del “Made in Veneto dei settori a più alta concentrazione di PMI verso gli Usa (Paese verso il quale siamo la regione più esposta in Italia con esportazioni che valgono l’1,76% del valore aggiunto territoriale), segna una frenata importante -4,5% (-1,8% in totale). E sempre nell’ambito dei settori di Micro e Piccola Impresa male anche Emirati -14,1%, Hong Kong -11,5% e Regno Unito -5,8%. Per fortuna Francia +11% e Germania +4%, che tra l’altro sono i Paesi in cui esportiamo in assoluto di più come PMI, sono cresciute molto compensando i cali a tal punto che nessuno dei settori di produzione a più alta concentrazione di PMI, è in campo negativo».