L’Italia dell’abusivismo secondo la Cna: stimate circa 2 milioni di attività irregolari

Dall’acconciatore all’autotrasportatore: il Paese pullula di attività che spesso sfociano anche nell’evasione fiscale e contributiva. 

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L’abusivismo coinvolge almeno un milione di soggetti. Forse due. E’ impressionante la galassia dell’irregolare in Italia. Nessuno, fino ad ora, ha messo nero su bianco numeri statisticamente attendibili, ma il fenomeno, ormai molto oltre i livelli di guardia, investe, coinvolge e danneggia praticamente tutti i settori del lavoro autonomo, delle professioni e dell’artigianato.

Un termometro rudimentale ma molto efficace per misurare questa febbre tuttavia c’è e funziona bene. Sono le decine e decine di segnalazioni che arrivano praticamente ogni giorno alla Cna, sia alle sedi territoriali che direttamente alla sede nazionale. Un’ondata di proteste che la CNA ha deciso di non chiudere nel cassetto ma di trasformare in una grande campagna di sensibilizzazione sui media, a partire dalle più importanti piattaforme social come Facebook e Twitter.

Da qualche giorno è online, e riceve consensi crescenti, un video ironico e tagliente della collana #impreseimpossibili che denuncia questa situazione, lanciando l’hashtag #conchinonsiarrendemai. Una campagna che CNA intende usare per contrastare con tutti i mezzi l’abusivismo. L’abusivismo è spesso pericoloso per i clienti e in molti casi per l’intera collettività.

Uno dei settori più colpiti, e dov’è a rischio direttamente la salute dei clienti, è quello dell’estetica. Prima di qualsiasi ragionamento sull’illegalità, e sull’evasione fiscale e contributiva, bisogna avvisare i cittadini che corrono grandi rischi nell’affidarsi a operatori non qualificati ma improvvisati, che non rispettano le norme di igiene e sicurezza, usando apparecchiature non a norma e prodotti pericolosi. E’ sempre valido, oggi più che mai, lo slogan dell’ultima campagna di CNA “Gli abusivi giocano sulla tua pelle, scegli mani sicure”. Eppure sono in tanti a non mettersi in “mani sicure”. Qualche cifra: gli acconciatori regolari sono circa 105.000 in Italia. Ogni due di loro c’è un abusivo, ed è una stima per difetto. Stessa situazione per le 46.000 estetiste. Ogni due imprese normali c’è un abusivo. Né cambia la musica anche per i 7.000 tatuatori autorizzati.

Una piaga per le attività regolari è l’abusivismo ricettivo, fenomeno definito da molti osservatori “abnorme e patologico”, che porta con sé anche rischi per la sicurezza pubblica, in quanto le strutture irregolari non comunicano i dati dei clienti alle autorità di polizia. Nel contempo operano senza rispettare nessuna regola, di igiene o di tutela dei lavoratori, fiscale o amministrativa che sia.

Un settore dove il rischio è complessivo è quello del trasporto, nel quale davvero gli abusivi prosperano in grande quantità. E colpiscono in particolare il trasporto di merci per conto terzi sprovvisti dell’iscrizione all’Albo degli autotrasportatori. Non è finita. Ci sono gli autobus a noleggio con conducente che operano senza autorizzazione; i finti noleggiatori; i “tassisti”, che tali non sono e pullulano nelle zone turistiche cercando di accalappiare gli ignari stranieri. Tutte attività che esercitate abusivamente, senza rispetto delle norme di salute e sicurezza, possono trasformare i veicoli in fonti di pericoli su strade e autostrade. E lo stesso vale nel settore delle autoriparazioni e dei gommisti: impianti di freni o pneumatici non sostituiti a regola d’arte possono avere conseguenze letali.

L’abusivismo, non va mai dimenticato, procede a braccetto con la contraffazione, un altro male devastante del “Sistema Italia” che arreca danni alla concorrenza, all’occupazione regolare, a quanti operano nella legalità e mirano alla qualità. E’ stato calcolato che in Italia il mercato del “falso” vale circa sette miliardi di euro con una perdita fiscale che, tra effetti diretti e indiretti, vale 5,7 miliardi e oltre 100.000 posti di lavoro sottratti all’occupazione legale. Senza contare l’“Italian Sounding”, l’utilizzo fuorviante di nomi, denominazioni, simboli e altri elementi del “Made in Italy” che colpisce principalmente il settore agro-alimentare e lo danneggia per una cifra calcolata intorno ai 90 miliardi.