Il Governo italiano dice “No” alla ratifica del trattato Ceta.

Centinaio: «sarebbe eccessivamente penalizzante per i prodotti tipici italiani». Coldiretti: «bene la decisione del Governo». 

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Trattato Ceta colpito ed affondato. Era nell’aria e in un’intervista il ministro all’Agricoltura, Gianmarco Centinaio, lo ha messo nero su bianco: «questo governo intende difendere con forza gli interessi italiani e soprattutto i nostri prodotti tipici dalle imitazioni e dal plagio. Non ratificheremo il il trattato di libero scambio con il Canada perché tutela solo una piccola parte dei nostri prodotti Dop e Igp».

La posizione del nuovo governo italiano nei confronti del Ceta non è affatto isolata, visto che anche altri governi hanno evidenziato dubbi sulla sua approvazione, mentre molte regioni hanno votato contro.

Centinaio è scettico anche sulla riduzione dei fondi della Pac, ribadendo che «in questi mesi l’agricoltura italiana è stata abbandonata a se stessa. Il 18 giugno incontrerò i miei colleghi a Bruxelles. Non ho problemi a mettere la settima firma ma prima dobbiamo valutare se serve all’Italia oppure no. Noi vogliamo difendere i nostri agricoltori e non penso che le tensioni internazionali di questi giorni debbano scaricarsi sulle imprese agricole. Confido in un atteggiamento maturo da parte di tutti».

L’annuncio del ministro all’Agricoltura è stata salutata con soddisfazione dal presidente di Coldiretti che si è sempre battuta contro l’impostazione del Ceta: per Roberto Moncalvo «la decisione di non ratificare il trattato di libero scambio con il Canada è una scelta giusta di fronte ad un accordo sbagliato e pericoloso per l’Italia contro il quale si è sollevata una vera rivolta popolare che ci ha visti protagonisti su tutto il territorio nazionale dove hanno già espresso contrarietà 15 regioni, 18 province 2500 comuni e 90 Consorzi di tutela delle produzioni a denominazioni di origine».

Nel Parlamento uscito dalle urne c’è peraltro una ampia maggioranza assoluta trasversale contraria al trattato, afferma la Coldiretti che è stata protagonista della mobilitazione “NO Ceta” sul territorio nazionale insieme ad una inedita alleanza tra diverse organizzazioni Coldiretti, Cgil, Arci, Adusbef, Movimento Consumatori, Legambiente, Greenpeace, Slow Food International, Federconsumatori, Acli Terra e Fair Watch. «L’accordo – spiega la Coldiretti –  è entrato in vigore in via provvisoria il 21 settembre 2017 in attesa di essere ratificato da tutti i Parlamenti degli Stati membri dell’Ue ma al momento, per le forti opposizioni, si sono espressi solo 11 Paesi su 28, Danimarca, Lettonia, Estonia, Lituania, Malta, Spagna, Portogallo, Croazia, Repubblica Ceca, Austria e Finlandia. Per l’Italia l’opposizione è giustificata dal fatto che con il Ceta per la prima volta nella storia l’Unione Europea legittima in un trattato internazionale – denuncia la Coldiretti – la pirateria alimentare a danno dei prodotti “Made in Italy” più prestigiosi, accordando esplicitamente il via libera alle imitazioni che sfruttano i nomi delle tipicità nazionali, dall’Asiago alla Fontina dal Gorgonzola ai Prosciutti di Parma e San Daniele, ma sarà anche liberamente prodotto e commercializzato dal Canada il Parmigiano Reggiano con la traduzione di Parmesan. La svendita dei marchi storici del “Made in Italy” agroalimentare non è solo un danno sul mercato canadese ma – sottolinea ancora la Coldiretti – si è dimostrata essere soprattutto un pericoloso precedente nei negoziati con altri Paesi, dal Giappone al Messico, dall’Australia alla Nuova Zelanda fino ai Paesi del Sudamerica (Mercorsur) che sono stati così autorizzati a chiedere lo stesso tipo di concessioni».

Secondo la Coldiretti su un totale di 292 denominazioni italiane riconosciute, ben 250 non godono di alcuna tutela nel trattato. «Il Ceta – continua la Coldiretti – prevede l’azzeramento strutturale dei dazi per l’importazione dal Canada del grano dove peraltro viene fatto un uso intensivo di glifosato nella fase di pre-raccolta, vietato in Italia. E pesa anche l’impatto di circa 50.000 tonnellate di carne di manzo e 75.000 tonnellate di carni suine a dazio zero da un Paese dove si utilizzano ormoni della crescita vietati in Italia».

«E’ inaccettabile che il settore agroalimentare sia trattato dall’Unione Europea come merce di scambio negli accordi internazionali senza alcuna considerazione del pesante impatto che ciò comporta sul piano economico, occupazionale e ambientale – ribadisce Moncalvo -. All’estero, sono falsi più di due prodotti alimentari di tipo italiano su tre e le esportazioni di prodotti agroalimentari tricolori potrebbero più che triplicare se venisse uno stop alla contraffazione alimentare internazionale, con l’Italia che ha raggiunto nel 2017 il record dell’export agroalimentare con un valore di 41,03 miliardi».