L’Italia sta vivendo un’autentica questione di sangue, non intesa in senso razziale, bensì proprio come quel fluido vitale che scorre nelle vene. In occasione della Giornata Mondiale del Sangue che si celebra oggi, emerge come il numero delle donazioni sia in continuo calo, anche a causa dell’invecchiamento dei donatori che, dopo i 65 anni, sono messi in panchina.
Dal 2009 ad oggi, i numeri segnalano 30.000 donatori in meno e in un solo anno, il 2017, sono calati di ben 8.000 unità. E con l’arrivo dell’estate, periodo dell’anno che statisticamente fa registrare un’impennata delle richieste di sangue, negli ospedali è allarme rosso, specie al Sud Italia, dove la raccolta è storicamente deficitaria.
Nel 2017 negli ospedali si sono effettuati oltre tre milioni di prelievi. Un numero in apparenza notevole, ma che tra le fila dell’Avis, l’associazione che si occupa statutariamente della gestione dei donatori e della sensibilizzazione della popolazione alla donazione, viene letta come allarme rosso, visto che cala anche il numero delle giovani leve (devono avere compiuto almeno i 18 anni d’età e godere di buona salute) avviate alla donazione. Una situazione che, per il presidente dell’Associazione, Alberto Argentori, «deve spronarci ad un maggiore impegno per raggiungere a livello nazionale l’autosufficienza del sangue e dei suoi derivati».
Anche dall’Avis Veneto, nella Giornata Mondiale del Sangue, un appello ai giovani per avvicinarsi alla donazione: per il presidente Giorgio Brunello «la nostra situazione è in equilibrio, con una completa autosufficienza, ma siamo preoccupati per il mancato ricambio dei donatori, con pochi giovani che entrano per garantire l’equilibrio della raccolta con gli anziani che escono. Il mio invito è rivolto ai giovani, di avvicinarsi alla donazione. Si tratta di un gesto che non costa nulla, ma che è in grado di offrire tanta solidarietà».