Non bastava il trucchetto escogitato dalle compagnie telefoniche di applicare la fatturazione a 28 giorni invece che a cadenza mensile per fare trasformare magicamente un anno di 12 mesi in uno di 13 estorcendo illegittimamente una fatturazione in più al cliente pagante che, giustamente, si è incazzato e ha preteso il ritorno alla fatturazione mensile, trovandosi però appiccicato alla bolletta l’aumento dell’8,6%, ovvero la quota di maggior guadagno delle compagnie derivante dal tredicesimo mese ora cancellato. Ora c’è anche la shrinkflation, ovvero riduzione del quantitativo di prodotto contenuto nelle confezioni vendute però allo stesso prezzo di prima.
Si assiste così a pacchetti di fazzoletti contenenti 9 fazzoletti invece di 10, a tubetti di dentifricio passato da 100 ml a 75, oppure a lattine di bibite passate da 33 ml a 25 ml. Oppure, ancora, il rotolo da cucina: se prima si poteva contare su 150 strappi, alcune confezioni in commercio ne garantiscono solo 130. Si tratta della “shrinkflation”, termine nato dall’unione di “shrin kage” (contrazione) e “inflation” (inflazione) ed è stato analizzato per la prima volta dall’Office of national statistics (Ons) del Regno Unito che ha analizzato 2.529 prodotti che risultano diminuiti in termini di dimensioni o peso.
In Italia il discorso è simile: l’Istat da gennaio 2012 ad agosto 2017, su 604.487 quotazioni rilevate il maggiore numero di cambi di quantità si è registrato nel settore del “Pane e cereali” con 1.415 cambi (di cui 527 con un aumento di quantità e 788 con una diminuzione) e lo “Zucchero, confetture, miele, cioccolato e dolciumi” con 1.405 cambi (di cui 668 quotazioni con un aumento di quantità e 737 con una diminuzione). In molti casi, il calo di quantità si è accompagnato anche ad un ritocco all’insù del prezzo di vendita.
Un fenomeno preoccupante, che ha effetti anche sulla reale inflazione, visto che l’Istat nei prossimi mesi introdurrà dei specifici pesi per bilanciare la rilevazione statistica per evitare la sottostima dell’andamento inflattivo. In allarme anche le organizzazioni consumeristiche che parlando di comportamenti scorretti e al limite della truffa da parte delle aziende produttrici e delle catene di vendita.
Al consumatore non rimane che osservare attentamente i prezzi dei vari prodotti e consultare in etichetta, oltre agli ingredienti e alla loro zona di origine, anche il contenuto effettivo della confezione. Potrebbe esserci l’ennesima sorpresa.