Pubblicità digitale, gioie e dolori degli inserzionisti e degli editori. Non é un mistero che molte, moltissime visualizzazioni su banner pubblicati sui vari siti siano frutto di azioni robotizzate, di click fatti da realtà virtuali che finiscono con il danneggiare la seria azione di comunicazione da parte di aziende ed editori. Tanto che alcuni inserzionisti hanno già iniziato a prendere contromisure. Drastiche, come nel caso delle multinazionali Procter & Gamble e Unilever.
Nelle more che l’Unione Europea si muova creando finalmente un codice di buona condotta digitale da fare rispettare universalmente (cosa più facile a dirsi che a farsi), sono le singole aziende a muoversi, per fare pulizia di milioni di click spuri (come quelli degli spot visti per meno di due secondi, cosa che un umano non riesce a fare tenendo conto dei tempi di reazione) che comportano ingenti spese, ma del tutto inefficienti per veicolare la propria comunicazione. Un caso eclatante è quello di Procter & Gamble, conglomerato che spazia dalla pulizia per la casa all’igiene personale fino agli alimentari e ad oggetti tecnologici: secondo il direttore marketing globale Marc Pritchard, la pulizia dei click robotizzati ha portato ad un risparmio di 200 milioni di dollari (circa 170 milioni di euro) su base annua. Un bel gruzzoletto, spesso connesso con visualizzazioni cu canali indesiderati da parte degli inserzionisti. Procter & Gamble (che stima di risparmiare nei prossimi 5 anni qualcosa come 1,2 miliardi di dollari (circa 1 miliardo di euro) non è da sola: Unilever (altro colosso globale multimarichio) stima risparmi per 2,5 miliardi di dollari (oltre 2 miliardi di euro) entro il 2019, oltre a tantissime altre realtà che vogliono focalizzare meglio i propri investimenti in tema di marketing digitale.
Utilizzare canali web di qualità, che veicolando dati ed informazioni selezionate ed affidabili, si perde sicuramente qualcosa nella globalità dell’informazione, ma si guadagna decisamente nella qualità dell’attenzione di chi li utilizza. Più che puntare a milionate di click fasulli che spesso portano ad un’ubriacatura digitale, meglio puntare su realtà più piccole e segmentate che sono in grado di dare maggiore ritorno all’investimento in termini di qualità del contatto conseguito anche rispettando le aspettative del lettore senza bombardarlo con pop-up o schermate fastidiose che spesso si traducono in un boomerang.