Mai così tanto formaggio italiano è stato consumato all’estero come nel 2018 che ha fatto segnare un record storico con l’aumento dell’8% in quantità rispetto al 2017, anno che ha visto un export di ben 412 milioni di chili. E’ quanto emerge da un’analisi Coldiretti su dati Istat relativi ai primi due mesi dell’anno diffusa in occasione della Giornata mondiale del Latte indetta dalla Fao il 1 giugno per ricordare l’importanza dell’alimento e dei suoi derivati per la dieta.
Ma non è solo boom di formaggi: è cresciuta anche la produzione di latte, la base per la creazione dei formaggi Dop e territoriali: nel 2017 dai 30.000 allevamenti attivi (dimezzati dal 2005) sono state prodotte 11.950.145 tonnellate, 3.172.605 nel I trimestre 2018, con una crescita del 3,68%. Al rialzo anche il prezzo medio del latte, passato da 37 a 41 centesimi, con punte anche di 50 cent per il latte di alta qualità di montagna destinato alla lavorazione dei formaggi più nobili quali il Grana.
La dimostrazione più eclatante del successo è il fatto che i francesi sono diventati i principali consumatori di formaggi “Made in Italy”, tanto che quasi il 20% delle esportazioni complessive finisce proprio sulle tavole d’oltralpe, in ulteriore aumento del 2% nel 2018 dopo essere praticamente raddoppiate nel giro degli ultimi dieci anni. Il risultato è che il Paese più nazionalista del mondo toglie spazio sugli scaffali a Camembert, Brie, Roquefort e alle altre specialità locali che, come ricordava Charles De Gaulle, sono i prodotti più rappresentativi del Paese, per sostituirli con i prodotti caseari italiani, tanto che oggi, secondo Coldiretti, le esportazioni di formaggio italiano in Francia sono largamente superiori a quelle dei cugini d’oltralpe nel Belpaese.
Il formaggio italiano ha conquistato molti altri Paesi e continenti. Il secondo mercato di sbocco è oggi rappresentato dalla Germania dove l’export è cresciuto del 9%, davanti alla Gran Bretagna dove nel 2018 si è verificato un aumento del 10% delle spedizioni e gli Stati Uniti, anche qui in aumento (+7%). Ma i prodotti caseari tricolori crescono anche in paesi tradizionali produttori come l’Olanda (+19%) e la Svizzera (+10%).
In cima alla lista dei formaggi italiani più richiesti all’estero ci sono il Grana Padano ed il Parmigiano Reggiano che in quantità rappresentano il 22% del totale esportato e che guidano la lista del 51 formaggi italiani che hanno avuto il riconoscimento dell’Unione Europea come denominazione di origine (Dop/Igp), a partire dal Pecorino Romano, dal Gorgonzola e dalla mozzarella di Bufala Campana, che fanno segnare volumi importanti di esportazioni.
I formaggi italiani più esportati sono purtroppo anche quelli più taroccati nel mondo: le imitazioni del Parmigiano reggiano e del Grana Padano hanno superato addirittura i prodotti originali, dal parmesao brasiliano al reggianito argentino fino al parmesan, canadese e australiano e statunitense. Una realtà paradossalmente favorita dai recenti accordi di libero scambio siglati dall’Unione Europea che di fatto – denuncia la Coldiretti – stanno legittimando le brutte copie delle specialità nazionali.
Il cambiamento ha coinvolto anche gli altri prodotti a base di latte e rende ancor più necessario per l’Italia valorizzare e sostenere il proprio patrimonio lattiero caseario dopo che negli ultimi dieci anni si è praticamente dimezzato il numero di stalle presenti, tanto da aver raggiunto il minimo storico di 30000 allevamenti, rispetto ai 60000 attivi nel 2005. Un fenomeno causato dal crollo del prezzo pagato agli allevatori che è sceso per lungo tempo addirittura al di sotto dei costi di alimentazione del bestiame. Una situazione insostenibile che richiede una decisa inversione di tendenza, poiché da salvare ci sono i 120.000 posti di lavoro nell’attività di allevamento da latte, che generano lungo la filiera un fatturato di 28 miliardi, la voce più importante dell’agroalimentare italiano dal punto di vista economico, ma anche dal punto di vista dell’immagine del “Made in Italy”.