Mentre sull’aeroporto “Marco Polo” di Venezia continuano le opere di miglioria e potenziamento, viceversa si assiste ad un progressivo depotenziamento dell’aeroporto “Valerio Catullo” di Verona, realtà gestita dalla Aerogest, società posseduta a maggioranza (47%) dal comune e dalla Camera di commercio di Verona e dalla provincia di Trento che è il secondo maggiore azionista con poco più del 20% delle quote azionarie, dove è presente anche la Save (società cui fanno capo gli aeroporti di Venezia e Treviso) con oltre il 40% del capitale.
Sul futuro dello scalo veronese e sulle modalità che hanno visto la Save passare in poco tempo da una quota di poco più del 2% (acquista dal comune di Villfranca) ad oltre il 40% grazie ad un aumento di capitale volto a coprire le perdite maturate dal “Catullo”, ha acceso un faro sia l’Autorità nazionale anticorruzione, che il Movimento 5 Stelle, veronese e trentino. L’Anac ha contestato le modalità d’ingresso e di salita nel capitale del “Catullo”, evidenziando come la crescita di Save sia avvenuta in modo «non conforme alle previsioni dei codici dei contratti e del diritto comunitario la cessione delle quote di proprietà del Comune di Villafranca nel capitale sociale della Catullo Spa».
Il problema nasce quando i soci pubblici dello scalo veronese dovettero affrontare il tema dell’enorme passivo accumulato dalla società di gestione (50 milioni di euro) che rischiava di andare in dissesto. La ricerca di un partner industriale fece entrare la Save nella compagine, anche nell’ottica di creare un sistema aeroportuale del NordEst, assieme agli scali di Venezia e di Treviso. Solo che dopo la “scalata” di Save al “Catullo”, di investimenti e di potenziamento dello scalo scaligero si sono visti pochi fatti, tanto che anche nelle stanze del comune di Verona si levano critiche sulla gestione dell’aeroporto che sta perdendo progressivamente traffico e collegamenti. Di fatto, a Verona sono operative solo compagnie “low cost”, mentre i collegamenti più importanti sono stati nel tempo dirottati su Venezia, sguarnendo Verona e disattendendo le attese degli operatori economici turistici che dallo scalo veronese si aspettavano l’apertura verso il mondo.
Il consigliere pentastellato trentino, Flilippo Degasperi è preoccupato anche per il deprezzamento dell’investimento della provincia di Trento, tanto da mettere nero su bianco in un’interrogazione i dubbi e gli allarmi che arrivano da molti. «Con 24 milioni Marchi diviene in breve il vero proprietario dell’aeroporto di Verona e di quello di Brescia. Un affare formidabile: nessuna gara pubblica, una concessione quarantennale in un’area tra le più fiorenti a livello europeo e soprattutto un prezzo di saldo – scrive Degasperi -. Il Catullo viene valutato 57 milioni quando per l’aeroporto di Lubiana (inferiore per traffico) sono serviti una gara tra 20 concorrenti e 117 milioni. Secondo una lettura dei fatti che, salvo chiarimenti puntuali, è difficile non condividere l’acquisizione del “Catullo” da parte di Save ha avuto come conseguenza l’eliminazione dei concorrenti di Venezia e Treviso. Si è scritto di “lento ridimensionamento” messo in atto da Save mentre i dati attestano che Verona è il fanalino di coda per crescita nel panorama del Nord Italia. Valgano a titolo di esempio la perdita di tre hub come Parigi, Francoforte e Monaco conseguenza dello spostamento dei voli di linea Air France e della riduzione dei voli Lufthansa e Air Dolomiti. Perdite importanti in termini di traffico internazionale (fermo dal 2014 a un terzo del totale) teoricamente compensato dalla crescita di passeggeri “low cost”. Bergamo, Milano, Bologna, Treviso e Venezia crescono mediamente del 8-9%. Il Catullo cresce tra il 2015 e il 2017 del 3,4%».
Degasperi chiude la sua interrogazione chiedendo alla Provincia di intervenire per difendere il valore del suo investimento e per tenere fede alle promesse di potenziamento dello scalo per portare in Trentino i turisti extra europei, Oriente e Cina in primo luogo.