Lo Stato (e chi lo governa) si rivela essere quasi sempre un pessimo padre di famiglia, tenendo nel proprio patrimonio beni che ha dimostrato di non sapere valorizzare adeguatamente, preferendo battere cassa presso i soliti noti (cittadini ed aziende) piuttosto che fare economie di scala per abbattere la spesa improduttiva.
Il ministero dell’Economia e finanza retto da Pier Carlo Padoan ha tolto il velo sul reale patrimonio immobiliare della mano pubblica, portando alla lice un consistente tesoretto disponibile. A fronte di un patrimonio totale stimato in 283 miliardi di euro calcolati al 2015, fatta la tara rispetto agli utilizzi diretti ed indisponibili da parte dello Stato pari a circa 217 miliardi di euro (il 77% del totale del patrimonio), emerge che il rimanente (pari al 23% per un controvalore di 53 miliardi di euro) è dato in uso a privati a titolo gratuito o oneroso, mentre il rimanente risulta non utilizzato (controvalore 12 miliardi) o in ristrutturazione (3 miliardi di controvalore).
Praticamente, sarebbero disponibili circa 68 miliardi di immobili in valore, da mettere rapidamente sul mercato, sia direttamente o tramite un veicolo finanziario. Inoltre, molti di questi immobili sono valorizzati spesso a quotazioni inferiori a quelli di mercato, ragion per cui si potrebbe estrarre ancora più valore a favore delle casse pubbliche. Soldi che potrebbero andare sia a ridurre una parte dell’immenso debito pubblico nazionale (ormai oltre quota 2.300 miliardi di euro) che, in parte, per trovare le risorse necessarie per attuare qualche riforma, dal taglio della tassazione gravante su cittadini ed imprese o alla sterilizzazione dell’Iva.
Ciò che preoccupa è che dal 2015 ad oggi Padoan non abbia fatto nulla per valorizzare questa massa di ricchezza nascosta, preferendo battere la via più facile e conosciuta: la spremuta dei contribuenti.