I successi dei governi Renzi & Gentiloni: tagli nelle tasche altrui (quelle degli enti locali) per 22 miliardi di euro

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La quadratura dei conti a livello centrale è avvenuta a discapito delle amministrazioni locali le quali o hanno tagliato i servizi o innalzato i tributi locali. 

Ancora una volta, i governi Renzi e Gentiloni a tradione PD non hanno brillato per la capacità di qualificare la spesa pubblica, limitandosi ad un risanamento dei conti pubblici di facciata, trasferendo dall’amministrazione centrale dello stato a quella degli enti locali il compito di stringere la cinghia e di fare le scelte impopolari tra l’aumento delle tasse locali o il taglio dei servizi pubblici.

Secondo un’analisi sui conti pubblici effettuata dalla Cgia di Mestre, emerge che tra il 2010 e il 2017 le manovre di finanza pubblica a carico delle autonomie locali hanno comportato una contrazione delle risorse disponibili pari a 22 miliardi di euro. I più colpiti sono stati i comuni. Se nelle casse dei sindaci la “sforbiciata” ha raggiunto l’anno scorso gli 8,3 miliardi di euro, alle regioni a statuto ordinario le minori entrate si sono stabilizzate sui 7,2 miliardi. Salvate dagli italiani con la bocciatura del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016, le province, invece, hanno subito una diminuzione delle risorse pari a 3,5 miliardi, mentre le regioni a statuto speciale formalmente non hanno sopportato alcuna contrazione (i tagli erano già stati applicati nelle annualità precedenti con specifici accordi bilateriali), anche se lo Stato centrale ha imposto loro di accantonare ben 2,9 miliardi di euro.

«Con molte meno risorse a disposizione – dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi dell’Associazione artigiani di Mestre, Paolo Zabeo – sindaci e governatori, almeno fino al 2015, hanno reagito agendo sulla leva fiscale. Successivamente, grazie al blocco delle tasse locali imposto dal Governo Renzi, molti amministratori si sono difesi riducendo la qualità e la quantità dei servizi offerti ai cittadini. Tagliando i trasferimenti a regioni ed enti locali, lo Stato centrale si è dimostrato apparentemente sobrio e virtuoso: in realtà, il conto è stato pagato in gran parte dai cittadini e dalle imprese che hanno subito un fortissimo aumento del prelievo fiscale. Il passaggio dall’Ici all’Imu/Tasi, ad esempio, ha incrementato il peso delle imposte sui capannoni mediamente dell’80%».

I dati, elaborati dall’Ufficio studi della Cgia, si riferiscono al periodo 2011-2017. L’importo di ogni anno corrisponde ai tagli previsti rispetto al 2010. Anno, quest’ultimo, in cui il governo Berlusconi ha approvato il Decreto legge n. 78 che ha dato inizio alla stagione del rigore e dell’austerità per i conti pubblici.

Ridurre e qualificare la spesa pubblica si può fare e bene, come ha dimostrato di recente anche la stessa regione Emilia Romagna. Ma bisognerebbe farlo tutti quanti, comprese quelle realtà che si ostinano comune a scialare coperte dalla convenienza della politica che non ha mai previsto la rimozione e il commissariamento degli amministratori inadempienti o, spesso, incapaci. E a livello centrale trasformare finalmente in una realtà il principio del prezzo unico per l’acquisto di beni e servizi prendendo a riferimento le realtà piùvirtuose.