Uno studio è riuscito a ricostruire l’origine di una categoria particolarmente insidiosa di cancro al seno, identificando i meccanismi attraverso i quali questo può cambiare continuamente volto e non reagire alle terapie specifiche.
Ci sono tumori alla mammella particolarmente insidiosi, dalla diagnosi tardiva e per i quali non è ancora stata individuata una terapia specifica. Uno studio, pubblicato su “Nature Communications” apre qualche spiraglio su origini, punti deboli e meccanismi attraverso cui questi tipi di tumore continuano a cambiare volto. Sono risultati scientifici che aiutano a intravvedere applicazioni di medicina personalizzata e a capire se in futuro sarà possibile prevedere la comparsa delle metastasi.
Oggetto della ricerca sono i casi di cancro al seno definiti “triplo negativo”. Una categoria che sfugge alle normali metodologie di diagnosi fino a quando non sia già in fase avanzata. Il lavoro vede coinvolto con un ruolo da protagonista il team di ricerca di Alessio Zippo, ricercatore attivo al Cibio – Centro di Biologica integrata dell’Università di Trento. «Come l’investigatore Gabriel John Utterson, abbiamo svelato chi si nascondeva dietro il “dottor Jekyll e mister Hyde” dei tumori alla mammella» spiega Alessio Zippo, responsabile del progetto insieme alla collega Matilde Todaro dell’Università di Palermo.
Come si è svolto lo studio? «Abbiamo riprodotto l’origine del tumore in provetta. Per farlo abbiamo preso cellule umane sane ottenute dalla ghiandola mammaria e vi abbiamo introdotto gli elementi (oncogeni) che ritroviamo nelle cellule tumorali. Questo studio ha permesso di capire che sin dai primissimi momenti, le cellule tumorali cambiano faccia, riprogrammandosi in cellule con caratteristiche del tutto diverse. Fino a ora tali cambiamenti erano sempre sfuggiti alla ricerca oncologica».
Una svolta importante. «Da anni la ricerca sul cancro – ricorda Zippo – si prefigge l’ambizioso obiettivo di sconfiggere questa malattia che però spesso si presenta con molteplici facce, capace di cambiare e nascondersi nel nostro organismo, rendendo la lotta improba e spesso infruttuosa».
«Purtroppo le metodologie più avanzate di diagnosi riescono ad avvertirci dell’insorgenza del tumore solo quando esso ha formato una massa “visibile” alle strumentazioni, quando il percorso che ha portato alla sua formazione è iniziato probabilmente già da qualche anno. Inoltre quando finalmente riusciamo a vedere la massa tumorale, essa spesso si presenta eterogenea, composta da tante cellule l’una diversa dall’altra e in continuo cambiamento. Questa caratteristica è un’arma micidiale che il cancro spesso sfrutta per scappare dagli effetti dei farmaci anti- tumorali e dare origine a nuovi tumori in altri organi (metastasi), contro cui abbiamo pochissime soluzioni terapeutiche».
Lo studio è il risultato di una collaborazione scientifica tra UniTrento con il Cibio (Laboratorio di Biologia della cromatina ed epigenetica), l’Università di Palermo (con il DiBiMIS – Dipartimento Biomedico di Medicina Interna e Specialistica) e il Policlinico Maggiore di Milano. Il progetto, che era iniziato all’Istituto nazionale di genetica molecolare di Milano, è stato reso possibile dal finanziamento del Ministero della Salute, Fondazione Cariplo e dall’Associazione italiana per la ricerca sul cancro (Airc).