Gli “E-Fuel” a livello di emissioni globali sono più convenienti dell’elettrico e consentono lo sfruttamento della rete logistica esistente. Inoltre, rendono sostenibili anche le decine di milioni di veicoli inquinanti che ancora oggi sono in circolazione, evitandone la rottamazione anticipata.
Ormai non passa giorno che qualche amministratore più o meno illuminato si svegli alla mattina e proponga il blocco della circolazione dei veicoli privati, in particolare quelli Diesel con omologazione Euro3 ed inferiori, ma facendo un occhiolino anche a quelli Euro4 e Euro5 che hanno un impatto ambientale decisamente ridotto. Tutto ciò sull’altare della qualità della vita, della mitigazione dell’inquinamento ambientale e per la salute della popolazione.
Tutto giusto, per carità, anche se l’amministratore locale tende a vedere la capocchia dello spillo piuttosto che la trave che gli si para dinanzi, dove spesso batte pure la testa senza capirne effettivamente le cause.
Sarebbe opportuno che gli amministratori pubblici affrontassero il problema dell’inquinamento in modo laico, omogeneo e senza preconcetti di sorta, ideando soluzioni veramente intelligenti, economicamente fattibili e realizzabili pure in tempi brevi, capaci di risolvere il problema alla fonte senza rimandarlo nel tempo, magari a qualche futuro amministratore.
Più che ai blocchi calati dall’alto che comportano problemi spesso molto gravi per chi si vede suo malgrado coinvolto, sarebbe opportuno affrontare la questione partendo dalla radice, ovvero da che cosa effettivamente è l’agente inquinante, in questo caso, dell’aria. I carburanti derivati da petrolio, in particolare la benzina e il gasolio, hanno un potere inquinante intrinseco molto elevato, che si è combattuto con il ricorso a filtri di vario genere posti a valle della combustione e con l’implementazione di processi di combustione più efficienti. Tutto ciò è derivato dal progressivo inasprimento delle varie normative Euro nell’arco di un ventennio, fino all’odierna Euro6b dove i livelli di emissioni dei veicoli presi in considerazione sono praticamente ad un livello non misurabile. Tutto ciò con una serie di accorgimenti che hanno comportato spese aggiuntive e maggiori costi per chi acquista l’auto. Ma per le decine di milioni di veicoli già in circolazione il problema rimane invariato anche nel caso di quelli immatricolati non più di sei-sette anni fa.
Una soluzione intelligente e di lungo respiro, capace di risolvere alla radice il problema dell’inquinamento a costi di sistema competitivi potrebbe essere l’adozione su larga scala dei cosiddetti “E-Fuel”, i carburanti sintetici ricavati da una base d’idrogeno con l’aggiunta di anidride carbonica. Si tratta di carburanti già ora producibili su scala industriale con metodiche a basso impatto ambientale anche su piccola scala che hanno il vantaggio di essere ambientalmente neutri e di risolvere alla fonte l’inquinamento di quelle decine di milioni di veicoli inquinanti destinati a circolare sulle strade ancora per lunghi anni a venire, sempre che non vengano messi fuori gara da decisioni politiche, decisioni che hanno sulla società costi tutt’altro che trascurabili. Ecco, invece di utilizzare questi costi per campagne di rottamazione anticipata di beni ancora funzionali e con un valore intrinseco spesso più alto di quello di rottame, i decisori pubblici farebbero bene ad investire queste risorse nella produzione di carburanti sintetici, cosa fattibile anche su piccola scala.
Già oggi esistono impianti che producono su scala industriale “E-Gas” in tutto simile al metano per autotrazione del quale ripropongono anche il prezzo al consumatore, così come è già una realtà l’“E-Diesel”, il gasolio sintetico e l’“E-Benzin”, la benzina sintetica. Per tutti questi carburanti, la base di partenza è costituta da idrogeno (attualmente ricavato dall’elettrolisi dell’acqua, ma sono in via di sviluppo nuovi catalizzatori in grado di rendere la produzione più efficiente e meno costosa) prodotto utilizzando fonti energetiche rinnovabili come l’energia eolica, solare o idroelettrica, che viene fatto reagire con l’anidride carbonica prodotta da cicli industriali o prelevata direttamente dall’atmosfera. A seconda del prodotto finale, variano le lavorazioni di prodotto, ma tutte danno origine a carburanti che sono in tutto e per tutto simili a quelli tradizionali, dei quali utilizzano la medesima logistica distributiva: autobotti e pompe delle aree di servizio per benzina e gasolio, metanodotti e pompe per il gas. Con vantaggi, a livello di sistema, che sono notevoli, perché non necessitano di implementare da zero una rete distributiva come nel caso dei veicoli elettrici o di quelli funzionanti a solo idrogeno, con un livello di sicurezza decisamente superiore e, soprattutto, utilizzabili da subito e senza modifiche da tutti i veicoli già in circolazione, quelli più vecchi compresi, abbattendo grandemente il loro livello d’inquinamento.
Dare la caccia al Diesel, motore termico tra i più efficienti, come sembra che sia diventato di moda in molte parti d’Europa, è semplicemente masochistico e rischia di trasformarsi in una battaglia contro i mulini a vento di donchisciottesca memoria. Il futuro è sicuramente rivolto verso una produzione diffusa di energia e verso un suo utilizzo più efficiente e consapevole, sia a livello di elettricità pura che sotto forma di suoi derivati, dall’idrogeno ai carburanti sintetici. Ma imporre dall’alto colossali rivoluzioni tecnologiche come quella dell’elettrico, oltre a scontare costi d’investimento colossali, non risolve alla radice il problema dell’inquinamento, semmai lo sposta altrove, così come sposta altrove il problema della dipendenza e dell’equilibrio geostrategico. Con l’elettrico e la tecnologia della batteria a ioni di litio si rischia di passare dalla dipendenza del petrolio (non del tutto esclusa, visto che una buona parte della produzione elettrica è legato ancora alla generazione termica mediante combustione di oli pesanti o di gas) a quella da terre rare, attualmente indispensabili per la costruzione delle batterie e dei motori elettrici, con lo spostamento geopolitico dai paesi produttori di petrolio alla Cina, attualmente leader globale indiscussa in questo campo, con il rischio di assistere nuovamente a quanto già visto nel campo dei pannelli fotovoltaici, con l’industria europea e americana messa fuori combattimento dalla aggressiva concorrenza cinese che ora domina il mercato, specie nelle fasce media e bassa.
La tecnologia Diesel e quella dei carburanti sintetici è figlia della ricerca e sviluppo fatta in Europa: perderla o, peggio, farsela scippare sarebbe miope e gravemente negativo sul piano economico ed ambientale. Varrebbe la pena avere consapevolezza dei valori in campo, da quelli meramente economici ed ambientali a quelli geostrategici. Se non si vuole essere ancora una volta dipendenti dall’estero (come nel caso dell’elettronica di consumo, del petrolio o dalle terre rare) l’Europa e i suoi amministratori devono avere il coraggio di guardare più lontano della lunghezza del proprio naso, con una visione strategica e di lungo periodo.