Nuovi sviluppi della tecnologia sviluppata dal Centro Ricerche per le Energie Rinnovabili e l’Ambiente Eni di Novara.
Il solare a concentrazione è noto fin dall’antichità, raccontato nell’epopea di Archimede che ha difeso la città di Siracusa dall’attacco della flotta romana, ma fino ad oggi è stato marginale nello sviluppo come fonte di energia alternativa a fianco di quella fotovoltaica ed eolica.
Questo per una serie di problemi tecnici, che ora il centro di Centro Ricerche Eni per le Energie Rinnovabili e l’Ambiente di Novara dell’Eni hanno finalmente trovato una soluzione, dopo che nel 2010 è stata realizzata a Priolo la prima centrale solare a concentrazione composta da 30.000 metri quadri di specchi parabolici che concentrano i raggi del Sole nel loro fuoco, riscaldando un fluido termovettore che scorre all’interno di un tubo.
L’idea rilanciata dal premio Nobel Carlo Rubbia ha avuto una serie di problemi tecnologici, connessi alla scarsa efficienza connessa per la produzione di energia termica ed elettrica: da quelli connessi con gli specchi al fluido termovettore, alla resistenza termica e meccanica del tubo che contiene il fluido.
La ricerca condotta dai tecnici di Novara ha permesso di risolvere questi problemi, realizzando un prototipo di impianto solare a concentrazione più efficiente. In collaborazione con il Politecnico di Milano e il MIT, i pesanti specchi in vetro metallizzato curvati a caldo sono stati sostituiti da pellicole di materiale polimerico riflettente, con una sostanziale riduzione di peso e costi di investimento per il sistema di orientamento e la costruzione, tagliando i costi del 50% sull’intero impianto e del 75% sui soli specchi.
I ricercatori del Centro Eni di Novara sono intervenuti sui fluidi termovettori, realizzati con miscele ternarie e quaternarie di sali che anche a temperature di 90°C non solidificano, riducendo così drasticamente l’energia necessaria a mantenere l’impianto in condizioni ottimali anche di notte.
Per dare al tubo ricevitore le caratteristiche necessarie – alta assorbenza e contemporaneamente bassa emissività – è stato inventato un nuovo tipo di rivestimento, combinando quattro strati metalloceramici che permettono al calore in ingresso di non dissiparsi più.
Queste innovazioni potrebbero dare vita a una rinnovata filiera di impianti, potenzialmente installabili anche vicino ad aree urbane in modo da poterne utilizzare il calore di risulta per la climatizzazione degli edifici, oltre che per produrre energia elettri