I partiti sono armi di distrazione di massa

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Alcune riflessioni in vista del rinnovo del Consiglio comunale del prossimo maggio.

Di Enzo Trentin, giornalista a riposo

Sono in molti i cittadini (io compreso) che purtroppo si sono convinti che è invalsa l’abitudine di trasformare a proprio comodo anche i più comuni significati delle parole onde far quadrare, a tutti i costi, anche la più assurda delle logiche politiche. Si pensi alle parole magiche – veri e propri “Apriti Sesamo!” – attraverso le quali negli ultimi decenni alcuni partiti sono entrati in Parlamento: dal «Vogliamo uno Stato federale» della Lega Nord di Umberto Bossi al «Vogliamo uno Stato più agile, con una morale pubblica che elimini la corruzione!» dell’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro per finire con il «Vogliamo la democrazia diretta!» del M5S di Beppe Grillo.

In realtà, queste parole d’ordine non hanno sortito altro effetto che svuotare di significato il federalismo, l’etica pubblica, mentre adesso è arrivato il momento di disinnescare la democrazia diretta.

Non è un caso che Beppe Grillo in una piazza ad Aosta, il 17 novembre 2012, parlando della politica italiana abbia dichiarato: «La situazione è molto complicata, la situazione è drammatica!» e indicava il Movimento 5 Stelle come l’unica speranza per i cittadini: «Noi siamo l’ultima barriera tra lo Stato e la gente». […] «Se non ci fosse il Movimento 5 Stelle qui arriverebbero gli eversivi veri. Noi abbiamo riempito un vuoto». Ecco, appunto, servita l’illusione all’elettore per cercare di far tirare avanti un sistema partitocratico oramai esausto e deleterio, rimandando sine die ogni efficace riforma.

Ma caliamoci su un esempio concreto: in precedenza avevamo chiesto al candidato Sindaco per il comune di Vicenza, avvocato Francesco Di Bartolo, di rispondere ad alcune ipotesi di riforma riguardanti lo Statuto del comune di Vicenza. Ed il candidato a tutt’oggi ci ha premiato con un fragoroso silenzio. Naturalmente non gliene vogliamo. Ha detto che avrebbe incontrato la cittadinanza nei mercati ed in altri luoghi pubblici. Sicuramente le massaie come gli ambulanti lo avranno asfissiato con domande sul come ottenere il reddito di cittadinanza o addirittura il reddito per diritto di nascita.

Ecco un estratto del Grillo pensiero di tempo fa: «Siamo davanti ad una nuova era, il lavoro retribuito, e cioè legato alla produzione di qualcosa, non è più necessario una volta che si è raggiunta la capacità produttiva attuale. Si vuole creare nuovo lavoro perché la gente non sa di che vivere, si creano posti di lavoro per dare un reddito a queste persone, che non avranno un posto di lavoro, ma un posto di reddito, perché è il reddito che inserisce un cittadino all’interno della società». E i cittadini berici, assillati da problemi di sopravvivenza avranno trascurato di suggerire all’avvocato Di Bartolo le modifiche più opportune da introdurre nello Statuto comunale vicentino, della cui esistenza alcuni nemmeno hanno conoscenza. Sul suo silenzio: pazienza! Transeat!

Si dà il caso che lo Statuto comunale di Vicenza – nella prima metà degli anni 1990 – all’art. 70 facesse propria la legge 142/90, laddove prevedeva la revoca o la sfiducia costruttiva degli amministratori, eletti dai consigli comunali e provinciali. Il meccanismo era quello di rivolgersi al Prefetto, o alla magistratura. Non funzionò mai. Tant’è che l’ultimo aggiornamento del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, datato 9 gennaio 2015, ha riformulato l’intera materia della revoca, demandandola alla magistratura italiana i cui tempi di esercizio sono notoriamente sfiancanti.

Michele Ainis, costituzionalista, che insegna all’università di Roma Tre, prefigura il “recall”, cioè la revoca anticipata dell’eletto immeritevole. «Uno strumento di democrazia diretta per rendere più autorevole la democrazia rappresentativa», che potrebbe costituire un ulteriore strumento che in Paesi normali funziona molto bene. Il Prof. Anais avanza la bontà di questo strumento, perché la «democrazia è un rendiconto sull’esercizio del potere». Ciò significa che i cittadini si troverebbero nella posizione di poter revocare una carica a un eletto nel caso in cui ritengano che il mandato non venga svolto meritoriamente. Ovviamente con le dovute condizioni. E cioè che la richiesta provenga da una parte significativa dell’elettorato e non all’indomani delle elezioni, ma dopo un arco temporale minimo, che potrebbe essere un anno.

Ora, quando l’avvocato Francesco Di Bartolo, dichiara di voler riformare lo Statuto berico per aprirlo alla partecipazione dei cittadini, pensa di poter trovare una formula adatta all’introduzione del predetto “recall”? Non concorda con me, e molti altri cittadini, che uno strumento del genere potrebbe disinnescare la possibilità di altri sfregi alla città del Palladio che è Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco (e qui uso un paio di eufemismi), sia dal furore edilizio del centrodestra, sia dall’immobilismo del centrosinistra constatati negli ultimi quattro lustri?

Allora, e per concludere, se è vero che siamo messi così, e cioè che “la legge è uguale per tutti” è diventata solo una formula che sta scritta nei tribunali; se è vero, come è vero, che ci sono 63.000 norme di deroga, e quindi che in realtà “la legge è diseguale per tutti”, non sarà giunto il momento che lei come candidato Sindaco di Vicenza espliciti da subito le sue proposte di riforma statutaria, al fine di ripristinare le condizioni di quella “disuguaglianza ben temperata” atta a rendere più difficile il “lavoro sporco”?