Povertà in Italia: secondo rapporto Bankitalia il 30% famiglie ha solo l’1% della ricchezza

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Nel paese una persona su quattro è a rischio povertà. Cresce la forbice tra Nord e Sud. Tanza: «le famiglie italiane si sono impoverite» 

In Italia una persona su quattro è a rischio Povertà. È quanto rileva Bankitalia nell’Indagine sui bilanci delle famiglie italiane. Dal rapporto emerge che sono aumentate la disuguaglianza nella distribuzione dei redditi e la quota di individui a rischio di povertà.

L’indice di Gini, una misura della disuguaglianza che varia tra 0 e 1, è salito al 33,5% (33% nel 2014 e 32% nel 2006), un livello simile a quello registrato nella seconda metà degli anni Novanta dello scorso secolo. La quota di persone a rischio di povertà, cioè con un reddito equivalente inferiore al 60% di quello mediano (una definizione analoga a quella impiegata dall’Eurostat), è salita al 23% (19,6% nel 2006). Il reddito equivalente medio è cresciuto del 3,5%; si è interrotta la caduta, pressoché continua, avviatasi nel 2006 ma il reddito equivalente è ancora inferiore di 11 punti percentuali a quello registrato in quell’anno.

Il rischio di povertà è più elevato per le famiglie con capofamiglia più giovane, meno istruito, nato all’estero, e per le famiglie residenti nel Mezzogiorno; tra il 2006 e il 2016 è diminuito solo tra le famiglie con capofamiglia pensionato o con oltre 65 anni. Tra il 2014 e il 2016 la ricchezza netta è diminuita, quasi interamente per effetto del calo del prezzo delle case. La flessione è stata più marcata per i patrimoni più elevati (a prezzi costanti, la mediana e il nono decile della ricchezza netta sono diminuiti rispettivamente del 9% e di oltre il 6%; il secondo decile è cresciuto di circa il 4%).

Circa il 70% delle famiglie è proprietaria dell’abitazione in cui risiede. La quota di proprietari è però ancora diminuita tra le famiglie con capofamiglia fino a 45 anni (dal 59% al 52% tra il 2006 e il 2016). La quota di famiglie indebitate si è ancora ridotta, dal 23% al 21%; per queste famiglie, le passività rappresentano circa il 18% del patrimonio lordo. Tra il 2006 e il 2016 il calo della quota di famiglie indebitate è stato più marcato (oltre 10 punti percentuali) per le famiglie con capofamiglia tra i 25 e i 45 anni, riflettendo soprattutto il minor ricorso al credito al consumo. La quota di famiglie finanziariamente vulnerabili è rimasta sostanzialmente stabile (circa 11% delle famiglie indebitate e circa il 2% del complesso delle famiglie).

Per il presidente di Adusbef, Antonio Tanza, la Banca d’Italia fotografa una situazione di «grave disagio economico, sociale e reddituale, generata dalle politiche economiche restrittive, che tenderanno ad accentuarsi senza una inversione di tendenza che riesca a mettere al centro le famiglie, il lavoro, i cittadini invece dell’economia di carta, delle banche e della speculazione finanziaria, che aggrava le disuguaglianze ed accentua le povertà, privatizzando le ricchezze in poche mani. La quota di persone a rischio di povertà è salita al 23%, un livello molto elevato – continua Tanza – e il più alto dal 1989, con particolare riferimento per le famiglie con capo famiglia più giovane, meno istruito, nato all’estero, residenti nel Mezzogiorno».

Secondo Tanza «gli immobili di proprietà sono ancora lo zoccolo duro della ricchezza degli italiani (è proprietario della casa in cui vive il 70% delle famiglie). Il loro valore in media è diminuito del 7% rispetto al 2014 e del 23% rispetto al 2006. Nel 2016 è indebitato con un mutuo immobiliare il 28% delle famiglie, con una rata media di 7.300 euro che incide sul reddito per il 14%. L’11% delle famiglie indebitate è vulnerabili, deve pagare una rata superiore al 30% del proprio reddito».