Troppi ritardi nell’assegnazione dei seggi. Se non si arriverà ad un governo, prima di nuove elezioni che avverranno probabilmente in autunno, si renda più chiara ed efficiente la legge elettorale
Sono passate più di 36 ore dal voto delle elezioni politiche di domenica 4 marzo e il computo delle assegnazioni dei collegi proporzionali è ancora lungi dall’essere definitivo, in quando ancora legato al riparto nazionale dei seggi.
Dalle urne è uscita una geografia politica che renderà molto difficile la creazione di un governo con una solida base. Se i Cinquestelle sono il partito singolo che ha vinto le elezioni, a livello di coalizione quella di centro destra ha vinto staccando di parecchie lunghezze i pentastellati, mentre per il Pd non c’è partita se non nelle posizioni di rincalzo che, almeno a livello delle dichiarazioni ufficiali, il segretario uscente Matteo Renzi ha detto di escludere. Per creare un governo, ai M5S serve trovare circa 110 deputati e circa 50 senatori, mentre al centro destra ne bastano la metà, una cinquantina di deputati e una trentina di senatori. Sulla carta, per i due premier “in pectore”, il grillino Luigi Di Maio e il leghista Matteo Salvini, potrebbero tentare di attivare una campagna acquisti pompando rispettivamente tra le file più a sinistra del Pd o dalla parte centrista del Parlamento.
Comunque vada, difficilmente nascerà un governo forte e coeso, che servirebbe per invertire la tendenza al galleggiamento dopo cinque anni di governo del centro sinistra clamorosamente bocciato dagli elettori. E comunque vada, dalle urne è uscita una netta divisione dell’elettorato nazionale in due grandi fazioni: da un lato, al Nord Italia che ha votato massicciamente centro destra, c’è la richiesta di un governo più efficiente, meno assistenzialista che dia un taglio secco alla burocrazia e, soprattutto, alle tasse, applicando la promessa “flat tax” attorno al 20%. Dall’altro, specialmente nell’Italia centro meridionale dove hanno trionfato i M5S, c’è tanta voglia di assistenzialsimo come unico antidoto alla mancata crescita economica, alla crisi occupazionale e a servizi pubblici largamente inefficienti. Davvero difficile fare incontrare questi due raggruppamenti d’interesse tra loro antitetici.
Lo scenario al momento più probabile è che dopo l’insediamento delle camere il prossimo 24 marzo si vada verso accordi più o meno stiracchiati per le nomine dei due presidenti delle assemblee per poi aprire un lungo tira e molla di consultazioni per trovare una difficile quadratura del cerchio politico per la creazione di un governo. Logica vorrebbe che il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, affidi l’incarico di formare il nuovo governo al rappresentante del partito o della coalizione di partiti che ha avuto maggiore consenso, il che indicherebbe Salvini in vantaggio su Di Maio. Ma potrebbe esserci anche un mandato esplorativo in capo al nuovo presidente del Senato per vedere se un personaggio terzo rispetto ai due contendenti (M5S e centro destra) riesce a trovare supporto tra le fila delle altre forze politiche.
In caso di fallimento, lo scenario che si apre è quello del ritorno alle urne nel primo autunno, visto che le trattative per la formazione del nuovo governo prenderanno almeno un paio di mesi, con il risultato di arrivare alla vigilia delle vacanze estive quando scatta un’italianissima moratoria elettorale, rimandando conseguentemente tutto a settembre o, più probabilmente, ad ottobre. Non prima avere modificato la legge elettorale in modo da centrare almeno due obiettivi fondamentali: avere un sistema meno complicato e farraginoso del “Rosatellum” capace di dire entro poche ore chi è stato eletto, e assicurare una governabilità certa assegnando una maggioranza sicura a chi sarà chiamato a governare.
Intanto, nelle more dei calcoli, questi sono gli eletti del proporzionale delle regioni del NordEst, con la possibilità di qualche cambiamento dell’ultimo minuto.
Emilia Romagna
Il quadro politico della ex regione rossa è decisamente mutato rispetto ai cinque anni fa, con il Pd che al Senato perde 6 seggi, passando da 13 a 7, mentre il Movimento 5 Stelle conferma i quattro seggi del 2013 e la Lega ne conquista cinque laddove non ne aveva nemmeno uno. Questi sono i senatori eletti, secondo il dato ancora ufficioso e che dovrà essere ufficializzato dopo ulteriori verifiche.
Per il Pd, agli eletti nei collegi (Iori, Patriarca e Collina), si aggiungono i primi due dei due listini. Valeria Fedeli e Matteo Richetti in Emilia, Daniele Manca e Teresa Bellanova a Bologna/Romagna. L’elezione di Daniele Manca, ex sindaco di Imola è sub judice per ragioni regolamentari e su di essa dovrà pronunciarsi lo stesso Senato. A questi sette si aggiunge Pierferdinando Casini, eletto nelle liste di centrosinistra.
Una sola conferma fra i senatori del M5s, quella di Michela Montevecchi, anche in ragione del fatto che due senatrici erano uscite dal movimento nel corso della legislatura. Entrano il modenese Gabriele Lanzi, la reggiana Lalla Mantovani e il riminese Marco Croatti.
Ai due vincitori dei collegi (Pietro Pisani e Maria Saponara), si aggiungono Armando Siri, la bolognese Lucia Borgonzoni e Maurizio Campari, consigliere comunale a Parma.
Tra le fila degli Azzurri, oltre al riminese Pietro Barboni, vincitore del collegio, è confermata Anna Maria Bernini. Eletto anche Paolo Romani che però entra in senato in ragione della sua vittoria nel collegio in Lombardia, lasciando così spazio al modenese, consigliere regionale, Enrico Aimi. Nel collegio di Piacenza, eletta anche Michaela Biancofiore, risultata invece sconfitta nel confronto con Maria Elena Boschi nel collegio uninominale di Bolzano.
Il partito della Meloni non entra nel riparto proporzionale, ma esprime comunque un eletto, il ferrarese Alberto Balboni. Infine, arriva dall’Emilia-Romagna (circoscrizione Bologna/Romagna) uno dei senatori di Liberi e Uguali, l’ex presidente della Regione Vasco Errani.
Friuli Venezia Giulia
Dei 20 seggi che spettano ai parlamentari del Friuli Venezia Giulia, sei sono stati assegnati alla Lega, che in regione è risultato il primo partito. Siederanno alla Camera, il capogruppo uscente del Carroccio Massimiliano Fedriga, Vannia Gava, Massimiliano Panizzut e Daniele Moschioni; al Senato invece Mario Pittoni e Raffaella Fiormaria Marin.
Al Pd vanno tre seggi: due alla Camera, che spettano a Ettore Rosato, “padre” della legge elettorale, il fallimentare “Rosatellum”, e alla presidente del Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, che ha perso la sfida diretta all’uninominale ma rientra con il proporzionale e fino all’ultimo è risultata in bilico. Al Senato invece passa Tatjana Rojc. Un seggio al Senato per il Movimento 5 stelle, che spetta a Stefano Patuanelli, e due alla Camera per Sabrina De Carlo e Luca Sut.
Forza Italia sarà rappresentata alla Camera da Sandra Savino, Roberto Novelli e Guido Germano Pettarin; al Senato da Laura Stabile e Franco Dal Mas. Due seggi infine per Fratelli d’Italia, che elegge Walter Rizzetto alla Camera e Luca Ciriani al Senato, uno per Noi con l’Italia – Udc che elegge Renzo Tondo alla Camera.
Veneto
Partito democratico e Movimento 5 Stelle, clamorosamente battiti nei collegi uninominali dal centro destra, “rientrano” con propri eletti a Senato e Camera nel proporzionale. Al Senato, la coalizione di centrodestra a trazione leghista aggiunge 8 eletti ai 10 già incassati con il maggioritario: tra di essi spiccano i nomi di Daniela Santanché (Fdi), mentre altri come Maria Elisabetta Casellati e Nicolò Ghedini (Fi) risultano già eletti nell’uninominale e lasceranno il posto ad altri nomi.
Il Pd porta a casa tre senatori, Andrea Ferrazzi, Daniela Sbrollini e Vincenzo D’Arienzo, e il M5S quattro, con Orietta Vanini, Gianni Pietro Girotto, Giovanni Endrizzi e Barbara Guidolin.
Alla Camera nel proporzionale il centrodestra guadagna 15-16 seggi (a seconda delle eccedenze a livello nazionale), con 11 leghisti tra cui l’ex sindaco di Padova, Massimo Bitonci, Forza Italia tre e Fdi due. Il Pd ne elegge sei-sette, tra cui l’ex segretario regionale Roger Demenech, il giornalista e consigliere comunale veneziano Nicola Pellicani e Lucia Annibali, che era stata sconfitta nell’uninominale a Parma. I Cinquestelle infine guadagnano 8 seggi, con l’elezione di Alvise Maniero, tra i primi sindaci grillini in Italia a Mira (Venezia).
Trentino Alto Adige
Sono sei i parlamentari del Trentino Alto Adige eletti con il proporzionale. Detto di Michaela Biancofiore, eletta per Forza Italia nel proporzionale nel collegio di Piacenza, si assiste alla riconferma per Riccardo Fraccaro (M5s), indicato da Di Maio, prima delle elezioni, come ministro per i rapporti con il Parlamento. Gli altri eletti nel proporzionale sono Manfred Schullian (Svp), Emanuela Rossini, unica eletta per il Patt dopo la sconfitta del segretario Franco Panizza nel collegio uninominale di Trento, Diego Binelli e Stefania Segnana (entrambi della Lega, il primo assessore comunale a Pinzolo, la seconda consigliera comunale a Borgo Valsugana).