Esce la minoranza che fa riferimento al presidente del Consiglio provinciale Bizzo: «non è un passaggio leggero». Biancofiore (FI): «questo è uno degli effetti della politica SVP-PD del “do ut des”»
Come una bomba ad orologeria il cui innesco è stato il pacadutamento di un politico bellunese e di una discussa ex ministra e sottosegretaria uscente toscana nel collegio elettorale di Bolzano, il PD altoatesino, a dieci giorni dalle elezioni politiche, si è spaccato con una rumorosissima deflagrazione politica che ora trasforma i due collegi alla Camera e Senato di Bolzano da blindatissimi a contendibili.
14 esponenti, alcuni di primo piano della politica altoatesina, espressione della minoranza che fa riferimento al presidente del Consiglio provinciale Roberto Bizzo, hanno comunicato la loro uscita dal Pd. Tra i dissidenti, gli assessori di Bolzano, Monica Franch, quello del comune di Ora, Luigi Tava, l’attuale consigliere comunale di Bolzano, Mauro Randi, e Miriam Canestrini, membro della segreteria provinciale.
Nella conferenza stampa in cui è stato reso pubblico l’addio al partito di Renzi, è stata criticata la «candidatura imposta dall’alto» di Gianclaudio Bressa e Maria Elena Boschi nel collegio Bolzano-Bassa Atesina. «Lascio il partito – ha detto Randi – per coerenza. Nonostante l’impegno del segretario provinciale Alessandro Huber, ci siamo trovati due candidature paracadutate. E’ una questione di metodo. Sono venuti meno i principi del confronto e del cambiamento per i quali all’epoca ho aderito al Pd».
La minoranza, ormai ex Pd, ha contestato inoltre l’esclusione della deputata uscente Luisa Gnecchi dalle recenti decisioni in merito alle candidature, che sono state appannaggio dell’asse politico-economico del PD-SVP che si basa sulle figure di Gianclaudio Bressa, Karl Zeller e del direttore tecnico generale (e fortissimo uomo PD) Carlo Costa.
Da parte sua, il capo corrente dei fuoriusciti, Roberto Bizzo, si dichiara «straziato»: nonostante il fatto che condivida in pieno le critiche al PD esposte dalla minoranza che ha deciso di lasciare il partito, Bizzo ci vuole «ancora riflettere per qualche giorno. Non è un passaggio leggero. Il problema non è la candidatura della Boschi, è piuttosto una conseguenza della candidatura del bellunese Bressa nel collegio Bolzano-Bassa atesina, imposta dalla Svp. In tal modo non vi sono più spazi per una rappresentanza di lingua italiana espressione del territorio – dice Bizzo -. Se ci fosse stata la possibilità di un candidato del territorio, accanto a questo la Boschi, imposta da Roma, ci poteva stare, ma così si rade al suolo la rappresentatività italiana in questo territorio».
Per una parte del PD che se ne va e abbandona le candidature Boschi Bressa annunciando «che continueranno a votare a sinistra, ma non nel PD» e, probabilmente, fuori della coalizione guidata da Matteo Renzi, la vestale del Giglio Magico Renziano, Maria Elena Boschi raccoglie il supporto di Reinhold Messner, u supporto che sa tanto di conversione da visione trascendentale dello scalatore, che da esponente ambientalista aveva sempre criticato l’opera disinvolta del governo Renzi e della stessa Boschi. Una “folgorazione che non è passata inosservata agli occhi della leader azzurra altoatesina, Michaela Biancofiore: «evidentemente, da quando la politica altoatesina e la Svp gli ha finanziato a mani basse i suoi Musei della montagna, ha cambiato idea».
Biancofiore attacca ad alzo zero la politica altoatesina a seguito della profonda spaccatura nel PD altoatesino: «mi pare evidente che è venuta a galla la dualità del partito, con una parte completamente denuflessa alla SVP che fa capo a Bressa, Boschi e a Costa, che accetta ad occhi chiusi la cancellazione della toponomastica italiana e l’abolizione del Commissario di Governo, e un’altra parte composta da persone che con dignità e spirito di gruppo si è sottratta a tutto ciò, basti pensare al senatore uscente Palermo che non ha nemmeno voluto ricandidarsi, o allo stesso presidente del Consiglio provinciale Bizzo, cui si deve il blocco, contro la volontà del suo stesso partito e della SVP, della norma di attuazione che avrebbe cancellato gran parte della toponomastica italiana, voluta e supportata dall’asse costituito dal senatore SVP Zeller con il sottosegreatario PD Bressa».
Per Biancofiore «è poi ovvio che l’aver catapultato in terra altoatesina un bellunese e una toscana non può che avere infastidito che da molti anni presta la propria opera politica sul territorio che si è sentito stomacato nel vedere i seggi degli italiani sacrificati in contropartita alla logica del “do ut des” tra il rinnovo della concessione di Autobrennero e le competenze varie, a mo’ di un montepremi che non appartiene a tutta la comunità locale, ma solo alla solita lobby di potere che amministra i partiti, la Cassa di Risparmio e l’A22».