Boccia: «non sono sogni, diciamo cosa fare e con quali risorse»
Si sono concluse a Verona le Assise generali di Confindustria che hanno visto convergere sulla città scaligera da tutt’Italia oltre 7.000 imprenditori chiamati a discutere il futuro e il rilancio del sistema Italia, con un forte appello alla politica.
«Confrontiamoci su proposte concrete» dice Confindustria alle forze politiche in competizione verso il voto del 4 marzo. Dalle Assise Generali la scossa è contenuta in un documento di 28 pagine, un piano che «dice cosa va fatto, ma anche con quali risorse e quali effetti». Un programma da 250 miliardi in cinque anni. Alla seduta finale plenaria al padiglione della Fiera di Verona hanno partecipato 7.000 imprenditori. L’obiettivo è penetrare nella campagna elettorale, presentare il documento a tutti i partiti, coinvolgendo da subito a tutti i leader politici, senza perdere d’occhio quello che accadrà ad urne chiuse: «apriremo un confronto con il Governo che ci sarà, perché tifiamo Italia e non siamo contro nessuno», sottolinea il leader di Confindustria, Vincenzo Boccia, lanciando l’invito ad un confronto «senza urlare, ma aprendo un dibattito nel Paese», con «obiettivi alti, equidistanti dai partiti ma non dalla politica, con autonomia e indipendenza, con responsabilità verso il Paese».
Il giudizio arriverà dopo, e peserà i risultati: «valuteremo le politiche e non la politica, in modo rigoroso, basandoci sui fatti e sugli effetti economici delle scelte che verranno di volta in volta effettuate». Intanto Confindustria avverte: «è indubbio che dal voto può scaturire un quadro a dir poco confuso e con pochi, erronei passi, il nostro Paese diventerebbe presto l’anello debole mondiale, con conseguenze sistemiche. L’Italia è ad un bivio, tornare indietro è un rischio».
«Le nostre proposte non sono un libro dei sogni», sottolinea il documento finale delle Assise, che ha obiettivi ambiziosi: il piano quinquennale proposto, incardinato su «tre missioni Paese» (più lavoro, più crescita, meno debito), punta a «oltre 1,8 milioni di occupati in più; una riduzione di più di 20 punti del rapporto tra debito pubblico e Pil; una crescita cumulata del Pil reale vicino a 12 punti percentuali; una crescita dell’export consistentemente superiore alla domanda mondiale».
Confindustria è attenta a galleggiare sopra i partiti, evitando di sposare proposte e programmi elettorali. «Quello che sappiamo è quello che non vogliamo» avverte Boccia. Non si possono «smontare le buone riforme fatte», dal Jobs Act alle pensioni a Industria 4.0; e non si può frenare su un grande «piano infrastrutturale». L’Europa, sostiene Confindustria, può liberare risorse per investire in infrastrutture, formazione, ricerca e innovazione fino a 93 miliardi. «Non abbiamo usato il termine flessibilità, non andiamo a chiedere cortesie – dice Boccia -. E’ anche per questo che servono gli eurobond. Un settore privato che investe nell’economia reale e si orienta su obiettivi di politica economica potrebbe contribuire fino a 38 miliardi». E agire sul bilancio pubblico può liberare «fino a 120 miliardi». Sul fronte delle tasse, trincea storica per le imprese, serve «un fisco a supporto di investimenti e che premia le imprese che investono, assumono e innovano». Ma anche, per «una riduzione della pressione fiscale ed il potenziamento dei servizi pubblici», una sorta di redistribuzione del peso fiscale con un «graduale aumento della compartecipazione alla spesa, in modo progressivo».