Secondo Unimpresa l’Italia è indietro 13 punti rispetto area euro. Per la Cgia la crescita nazionale è la più bassa in Europa. Intanto, si prefigura all’orizzonte una nuova manovra fiscale subito dopo le elezioni
L’Italia, pur segnano a gennaio 2018 la crescita più elevata negli ultimi sette anni, rimane sempre il fanalino d’Europa in fatto di crescita, rimanendo sotto di almeno 13 punti rispetto alla media Euro, mentre all’orizzonte si prefigura l’ennesima manovra finanziaria ad urne elettorali appena chiuse per chiudere l’ennesimo buco nei conti pubblici.
Secondo la rilevazione grezza basata sui dati trimestrali Istat, nella media del 2017 il Pil è aumentato dell’1,4% rispetto all’anno prima, ma bisognerà aspettare il primo marzo per conoscere il dato di riferimento per la politica economica. Il livello del Prodotto interno lordo (Pil) è ancora sotto i valori pre-crisi. Nonostante la ripresa in atto, il Paese è ancora indietro del 5,7% raffrontando il quarto trimestre del 2017 al primo trimestre del 2008, quando si raggiunse il picco.
Il 2018 si apre all’insegna delle ombre, con una crescita seppur iniziata con il piede giusto trainata dall’export del settore manifatturiero, potrebbe, secondo Paolo Mameli, senior economist direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo, qualche «effetto negativo derivante dal cambio forte o dall’eventuale incertezza politica».
Critiche le organizzazioni imprenditoriali. Per Giovanna Ferrara, presidnet edi Unimpresa, «cresciamo, ma troppo lentamente: l’Italia deve recuperare circa 13 punti di competitività rispetto agli altri paesi dell’area euro. Il prodotto interno lordo del nostro Paese è ancora inferiore del 6% rispetto a quello del 2008, mentre quello dell’Eurozona, in media, è superiore del 7%. Ormai da diversi anni, ma il pil dell’Italia viaggia ancora a un ritmo insoddisfacente. Dai programmi elettorali presentati dai partiti in vista del prossimo 4 marzo ci aspettavamo di più, ma siamo rimasti delusi».
Secondo la Cgia di Mestre, «sebbene abbiamo toccato il record di crescita degli ultimi 7 anni, anche nel 2017 nessun altro Paese dell’Ue a 27, purtroppo, ha registrato un aumento del Pil inferiore al nostro – afferma il coordinatore dell’Ufficio studi, Paolo Zabeo -. Quelli pubblicati nei giorni scorsi dalla Commissione europea ci delineano una situazione ancora molto pesante per il nostro Paese. Se nel 2016 solo la Grecia ha segnato un incremento del Pil inferiore a dato Italia, -0,2% contro il nostro +0,9%, nel 2017, invece, nessuno ha fatto peggio di noi. E anche nel biennio 2018-2019 le previsioni di Bruxelles ci dicono che continueremo ad indossare la maglia nera della crescita in Ue. Se per l’anno in corso la ricchezza prodotta nel nostro paese dovrebbe attestarsi all’1,5%, nel 2019 dovrebbe scendere all’1,2%».
Vede invece rosa Andrea Goldstein, capo economista di Nomisma: «l’anno in cui la crescita dell’economia accelera e finalmente si avvicina alla performance dell’Eurozona, a testimonianza che gli sforzi fatti dagli italiani e la determinazione delle autorità pagano. Nel 2017 le condizioni dell’economia mondiale e dei mercati finanziari sono state particolarmente propizie e si sono cominciati a vedere gli effetti del consolidamento fiscale e delle riforme strutturali, dal Jobs Act a Industria 4.0. Chi sostiene che l’Italia cresca solo grazie all’export e alla compressione della domanda interna dovrà ricredersi».
Comunque sia, i conti dello Stato continuano a rimanere scassati. Secondo il presidente dell’Ufficio parlamentare di Bilancio, Giuseppe Pisauro, subito dopo le elezioni c’è «il rischio di dover effettuare una manovra correttiva dei conti pubblici. L’Italia ha ottenuto dalla Commissione europea la possibilità di limitarsi ad un aggiustamento dei conti dello 0,3%. Secondo la commissione Europea quella manovra corregge i conti solo dello 0,1%. Allo stato attuale la differenza dello 0,2% equivale ad una manovra di circa tre miliardi e mezzo di euro».