Visibili 130 opere tra dipinti e sculture, dall’inizio del Quattrocento alla metà del Novecento
Centotrenta opere tra dipinti e sculture, dall’inizio del Quattrocento alla metà del Novecento: è “La Collezione Cavallini Sgarbi. Da Niccolò dell’Arca a Gaetano Previati. Tesori d’arte per Ferrara” appena inaugurata negli spazi del Castello Estense, frutto di circa quarant’anni di collezionismo appassionato realizzato da Vittorio Sgarbi con la madre Caterina “Rina” Cavallini e con la presenza silenziosa di Giuseppe Sgarbi, scomparso pochi giorni fa a 97 anni.
Elisabetta Sgarbi, attraverso la propria Fondazione impegnata da tempo nella valorizzazione e nella promozione della cultura e dell’arte, ha voluto che questa mostra – aperta fino al 3 giugno – raccontasse, nel luogo più rappresentativo di Ferrara, non solo la storia di una straordinaria impresa culturale, ma anche quella di una famiglia ferrarese che all’arte ha dedicato tutte le proprie energie. Dopo aver acquisito, a partire dal ’76, 2.800 titoli delle 3.500 fonti, trattati, guide e storie locali, databili dal 1503 al 1898, elencati da Julius von Schlosser nella sua “Letteratura artistica”, cuore di una biblioteca con oltre 200.000 volumi, Vittorio Sgarbi capisce «che collezionare quadri e sculture poteva essere più divertente che possedere il libro più raro». Così dal 1984, incrociando il San Domenico di Niccolò dell’Arca, decide che non avrebbe «più acquistato ciò che era possibile trovare, di cui si poteva presumere l’esistenza, ma soltanto ciò di cui non si conosceva l’esistenza, per sua natura introvabile, anzi incercabile. Non si trova quello che si cerca, si cerca quello che si trova».
La mostra, promossa con il comune di Ferrara ed il patrocinio del ministero dei Beni culturali e della Regione Emilia-Romagna, si apre proprio con un capolavoro del Rinascimento italiano, il San Domenico in terracotta modellato nel 1474 da Niccolò dell’Arca e collocato in origine sopra la porta “della vestiaria” nel convento di San Domenico a Bologna. Il destino porta poi Vittorio Sgarbi a incrociare un’altra opera di Niccolò dell’Arca, un’Aquila in terracotta. Due sculture apparse in coincidenza con la scomparsa delle persone a lui più care: lo zio Bruno, nel 1984, e la madre Rina, nel 2015. Ecco poi una raccolta di preziosi dipinti, perlopiù su tavola, eseguiti tra fine Quattrocento e inizi del ‘500: ai pittori nati o attivi a Ferrara (Antonio Cicognara, Giovanni Battista Benvenuti detto l’Ortolano, Nicolò Pisano, Benvenuto Tisi detto il Garofalo) si affiancano autori rari, come Liberale da Verona e Jacopo da Valenza.
Il focus sulla “scuola ferrarese” prosegue agli inizi del XVII secolo con i dipinti di documentata provenienza, tra gli altri, di Sebastiano Filippi detto il Bastianino, Gaspare Venturini, Ippolito Scarsella detto lo Scarsellino. Ci sono anche capolavori della pittura italiana del Seicento, come la “Cleopatra” di Artemisia Gentileschi, la “Vita umana” di Guido Cagnacci e il “Ritratto di Francesco Righetti” di Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino. Quest’ultimo dipinto – rientrato a casa nel 2004 dopo essere stato esposto per anni al Kimbell Art Museum di Fort Worth, in Texas – si pone al vertice di una galleria di ritratti che compendia lo sviluppo del genere da inizio Cinquecento a fine Ottocento, tra pittura e scultura, da Lorenzo Lotto a Francesco Hayez.
In mostra anche dipinti “da stanza” di tema sacro, allegorico e mitologico del Sei e del Settecento, con maestri della scuola veneta, emiliana, lombarda, romana e toscana. Tra le sculture, le creazioni modellate da Mazza, Tiazzi, Tadolini e Putti documentano la fortuna della plastica in terracotta a Bologna e in Emilia. Tra Ottocento e Novecento la mostra torna su Ferrara e sui suoi artisti, fra cui Previati, Boldini, De Pisis, Crema e Parmeggiani. Un omaggio alla città attraverso i tesori d’arte custoditi nell’ultima grande collezione ferrarese.