“Otello” di Verdi inaugura la Stagione lirica della Fondazione Arena di Verona

0
624
FOndazione arenaverona presentazione 2018 OTELLO Micheli Fogliani Gasdia Zanettin Benedikt Stoyanov FotoEnnevi
Appuntamento al Teatro Filarmonico dal 4 all’11 febbraio

FOndazione arenaverona presentazione 2018 OTELLO Micheli Fogliani Gasdia Zanettin Benedikt Stoyanov FotoEnneviDomenica 4 febbraio 2018 (ore 15.30; repliche martedì 6 febbraio, ore 19.00 – giovedì 8 febbraio, ore 20.00 – domenica 11 febbraio ore 15.30) torna sulla scena del Teatro Filarmonico di Verona, dopo quasi 30 anni, “Otello” di Giuseppe Verdi con cui la Fondazione Arena inaugura ufficialmente la Stagione lirica 2018.

Al Teatro Filarmonico di Verona, “Otello” è stato messo in scena in tempi moderni solamente nel 1990, mentre in Arena conta un totale di 30 rappresentazioni in 5 Festival: 1936, 1948, 1955, 1982 e 1994. Proprio per questo atteso ritorno l’opera verdiana viene proposta in 4 date fino all’11 febbraio nella coproduzione tra l’Arena di Verona e il Teatro La Fenice di Venezia – che ha debuttato con grande successo di pubblico e critica nel novembre 2012 sulle scene veneziane per celebrare il bicentenario della nascita del compositore di Busseto – con la regia di Francesco Micheli ripresa da Giorgia Guerra, le scene di Edoardo Sanchi, i costumi di Silvia Aymonino e il lighting design di Fabio Barettin.

Sul podio del Filarmonico alla guida dell’Orchestra dell’Arena, del Coro preparato da Vito Lombardi, del Coro di voci bianche A.Li.Ve diretto da Paolo Facincani e di grandi interpreti verdiani ritroviamo Antonino Fogliani, impegnato per la prima volta con questa partitura.

“Otello”, tratta dall’omonima tragedia shakespeariana, è la penultima opera di Giuseppe Verdi rappresentata per la prima volta al Teatro alla Scala di Milano 131 anni fa, il 5 febbraio 1887, con la direzione d’orchestra del veronese Franco Faccio.

Verdi si accosta al soggetto shakespeariano grazie all’editore Giulio Ricordi che lo riavvicina al librettista Arrigo Boito, anche se lo stesso genio di Busseto ha sempre nutrito un interesse costante per il drammaturgo inglese. Verdi compone quindi “Otello” a 15 anni di distanza da “Aida”, con una maturità musicale che qui emerge in tutta la sua vividezza e innovazione, distaccandosi dalle forme tradizionali del melodramma italiano, e dopo un percorso personale che lo ha portato ad addentrarsi sempre più in profondità nell’animo umano svelandone gli aspetti più nascosti. E di questo il dramma psicologico su cui ruota l’intera vicenda è esemplare: le passioni dei suoi protagonisti, assolute quanto violente, portano gli stessi personaggi alla distruzione finale. 

A questa lettura si ricollega la regia di Francesco Micheli, che vede proprio nell’odio il fulcro di tutta la vicenda: «all’origine di “Otello” c’è l’odio. Il motore che muove una delle più famose vicende raccontate a teatro è solo lui, il feroce accanimento distruttivo di Jago verso “Otello”, maleficio reso ancor più ributtante dal velo di ipocrisia che ammanta il piano diabolico». Qui emerge la “banalità del male”, tema cruciale per l’uomo del Novecento e sempre più attuale: «il nemico non è fuori di noi: è un male oscuro, tutto interiore. La nostra intimità è il vero elemento ignoto, ci insegna quest’opera magistrale e ultracontemporanea. Purtroppo ora come allora la reazione a questa amara verità consiste nell’accanirsi contro chi è diverso da noi, sconosciuto e quindi spaventoso». Le scelte registiche poggiano su questo messaggio: uno spazio incubo, in cui il cielo precipita sui destini umani rendendo plastica una riflessione oggi ancora più urgente sui valori del bene e del male e del dialogo tra culture diverse.Otello prove

Dal punto di vista dell’esecuzione musicale, ci sarà il debutto del direttore d’orchestra Antonino Fogliani con la partitura verdiana, anche se come egli stesso afferma, è una “vecchia conoscenza”: «è una di quelle opere che mi suonavo da quando avevo 13 anni, che ho sempre amato; non è quindi uno studio nuovo, ma l’ho sempre avuta in testa ed ho sempre desiderato dirigerla». Fogliani intende mantenere un approccio filologico e seguire rigorosamente la scrittura verdiana, partendo dal rispetto profondo che nutre nei confronti del compositore di Busseto come grande uomo, come italiano, oltre che immenso artista; e ravvisa questa grandezza anche nella sua scrittura musicale: «come puoi non rispettarla, ci vuole modestia nell’affrontarla. Il punto di partenza è il massimo rispetto del segno, che in quest’opera è studiato nei minimi dettagli, sia come strumentazione che come prosa della musica». E difatti, Fogliani afferma che il suo riferimento è la lettura asciutta e severa di Arturo Toscanini, arricchita poi dalla propria sensibilità personale. La sua predilezione va al ruolo di Desdemona: «mi attrae come simbolo di una certa purezza in mezzo a tanta malvagità, tra l’ignoranza di Otello e la troppa furbizia di Jago. Nonostante ciò che la circonda, lei segue comunque il suo destino e va incontro alla morte – ne è consapevole per tutto il IV atto – senza mai cambiare la sua natura; mentre Jago ha paura, ha paura alla fine e quando sussurra La Morte è il Nulla: non lo dice gridando, ma scende fino al si bemolle, in pianissimo e senza orchestra, e lì, su quella pausa, ha paura».

Tra le voci protagoniste, per il ruolo del titolo il debutto con Fondazione Arena di Kristian Benedikt (4, 8, 11/02), tenore lituano che oltre 100 volte ha interpretato “Otello” nei più grandi teatri internazionali; a lui si alterna l’inglese Ian Storey (6/02) con la sua prima esecuzione al Filarmonico di Verona. Torna invece per impersonare Desdemona il soprano veneto Monica Zanettin (4, 8, 11/02), cui si avvicenda Karina Flores (6/02) che si esibirà per la prima volta con i complessi artistici areniani. Il malvagio Jago è interpretato dalle voci di Vladimir Stoyanov (4, 8/02) e Ivan Inverardi (6, 11/02), mentre il ruolo della consorte Emilia è sostenuto da Alessia Nadin. Assisteremo ad un altro debutto con Mert Süngü in Cassio, affiancato da Francesco Pittari in Roderigo, Romano Dal Zovo come Lodovico e Nicolò Ceriani in Montano; infine Giovanni Bellavia dà voce a Un araldo.