Berni: «15 anni di richieste inascoltate, noi in guerra da soli». Federalimentare chiede al Parlamento europeo di non ratificare l’accordo UE-Giappone
Sta facendo male al sistema economico la commercializzazione incontrollata dei finti Grana Padano e Parmigiano Reggiano, le due più importanti Dop casearie italiane e del mondo. Peccato che le istituzioni se ne stiano accorgendo solo ora, nonostante gli allarmi lanciati da 15 anni dal Consorzio di tutela del Grana Padano.
E’ la denuncia fatta da Stefano Berni, direttore generale del Consorzio Grana Padano, in una lettera aperta alle istituzioni. Non a caso il giro d’affari dei prodotti agroalimentari “tarocchi”, come ha denunciato la Coldiretti, è arrivato a 60 miliardi di euro, con in testa i formaggi Dop, a partire dal Parmigiano Reggiano e dal Grana Padano.
«Tanti anni fa, noi del Consorzio – scrive Berni – venivamo presi per cassandre pessimistiche ma ora che le “scimmiottature” ci stanno davvero facendo male, il mondo economico, istituzionale e politico si accorge dei danni che sta arrecando al Grana Padano e seppure in modo più sfumato al Parmigiano Reggiano; si sa che i “copioni” si sviluppano e si radicano dove ci sono marchi importanti e diffusi, per rubare spazi che diventano via via più rilevanti».
Tante le richieste avanzate negli ultimi 15 anni dal Consorzio per avere norme che tutelassero il prodotto originale dai cosiddetti similari, ma è rimasto tutto inascoltato. Dal vietare ai caseifici produttori di Grana Padano di produrre anche prodotti similari, al bloccare i numerosi “Gran”, al distanziare negli scaffali le copie dai prodotti originali Dop, dall’imporre una distinzione sulle confezioni in vendita, come anche di indicare i prodotti usati nelle cucine dei 290.000 punti di ristorazione italiani.
«In assenza delle istituzioni, ora il Consorzio è obbligato – conclude Berbu – ad agire da solo, per quanto la legge consente nelle sue macroscopiche carenze e sarà molto meno efficace; si assumerà l’arbitrio rischioso di colmare i vuoti della politica, un atto doveroso di moralità verso produttori e consumatori, con tutti i provvedimenti legalmente percorribili. Avere le norme giuste avrebbe evitato la guerra che stiamo combattendo».
Intanto, sullo scenario dell’accordo commerciale tra UE e Giappone scende in campo anche Federalimentare: «non ratificare l’accordo Ue-Giappone nell’attuale formulazione a partire dal Parlamento Europeo, vista l’assenza di tutela dei principi fondamentali, a meno che non si riescano ad apportare delle correzioni capaci di difendere i nostri formaggi Dop» è l’appello del presidente Luigi Scordamaglia, specie in quella parte dell’accordo che apre alle imitazioni ingannevoli dei formaggi italiani Dop.
Saranno tutelati i nomi composti Grana Padano e Pecorino Romano ma chiunque potrà produrre un “grana” o un “pecorino”; peggio ancora il caso del Parmigiano Reggiano per il quale viene liberamente legittimata la registrazione del “Parmesan”. «L’industria italiana – precisa Scordamaglia – è sempre favorevole allo strumento degli accordi di libero scambio internazionali quando però favoriscono una globalizzazione basata su regole serie e trasparenti». Secondo il presidente di Federalimentare «piuttosto che rincorrere nuovi accordi senza un’adeguata attenzione ai dettagli applicativi, la Commissione si concentrasse sulla verifica delle regole di implementazione degli accordi già sottoscritti».