Fabbrica Padova, centro studi di Confapi, stima in 14,2 miliardi il totale delle entrate tributarie annue, di cui quasi 12 miliardi sono assorbiti dalle casse dello Stato. D’Onofrio: «necessario votare a ragion veduta»
A quanto ammontano le tasse versate dai cittadini di Padova e del Veneto ogni anno? Considerando il 2015, ultimo anno di cui sono disponibili i dati dell’Agenzia per la Coesione Territoriale, i cittadini del Veneto hanno versato alla pubblica amministrazione 71,843 miliardi di euro.
Fabbrica Padova, centro studi di Confapi, stima che l’esborso degli abitanti della provincia si attesti, invece, sui 14,225 miliardi. Una somma che impressiona ancora di più se si considera che intere regioni italiane contribuiscono in misura molto minore alle entrate tributarie dello Stato. Padova, ad esempio, versa più dell’Umbria (11,214 miliardi), poco meno di Abruzzo (15,040) e Sardegna (15,781), circa sei volte l’esborso della Val d’Aosta (2,315) e quasi cinque quello del Molise (3,018). Padova, in altri termini, potrebbe “mantenere” diverse regioni del Paese.
Dei 14,225 miliardi di gettito raccolto nel Padovano, circa l’84% finisce nelle casse dello Stato (11,949 miliardi) e solo 2,276 alle amministrazioni regionali e locali. Altro dato: le principali tasse che gravano sulle imprese (considerando esclusivamente Irap, Ires, la quota dell’Irpef in capo ai lavoratori autonomi, le ritenute sui dividendi e sugli interessi) incidono per il 14% circa, vale a dire per 1,991 miliardi di euro sul territorio.
«Ci avviciniamo alle elezioni e, se attraverso Fabbrica Padova abbiamo voluto prendere in esame questi dati proprio ora, lo abbiamo fatto per un motivo preciso: ricordare ai candidati che stanno facendo promesse elettorali basate anche sui nostri soldi. Come dimostra il nostro studio, non sono cifre irrisorie, visto e considerato che l’economia padovana contribuisce a riempire le casse dello Stato molto più di quanto facciano intere regioni – afferma il direttore di Confapi Padova, Davide D’Onofrio -. Sino a qualche anno fa solo nell’ultima fase della campagna elettorale si succedevano le “spacconate” elettorali più clamorose. In queste prime settimane del 2018, invece, è già iniziata in largo anticipo la corsa a chi la spara più grossa. Ne abbiamo già sentite di ogni: dall’abolizione del canone Rai alla cancellazione del Jobs Act e delle tasse universitarie, abbiamo sotto agli occhi una lista di promesse elettorali a dir poco corposa, che richiederebbe un conto più che salato da pagare dai cittadini. Almeno in linea teorica, però, siamo ancora in tempo per un’inversione di rotta. Ecco perché abbiamo voluto riportare all’attenzione queste cifre: per non correre il rischio di dimenticare le vere priorità per i cittadini e, in particolare, per gli imprenditori, che sono l’anima del nostro tessuto economico».
«Solo con la diminuzione del carico fiscale su una parte considerevole delle famiglie e delle imprese i consumi potranno ripartire, tornando dare a respiro anche alle attività commerciali e artigianali che vivono basandosi in gran parte sulla domanda interna. I candidati ne tengano conto – prosegue D’Onofrio -. Ma se vogliamo accendere i riflettori su queste cifre è anche per un altro motivo. Appena tre mesi fa i cittadini del Veneto sono accorsi alle urne per partecipare a un Referendum, quello sull’Autonomia, nel quale hanno espresso indicazioni precise. La Giunta regionale del Veneto ha chiesto di mantenere più risorse economiche sul proprio territorio: e cioè i nove decimi del gettito di Iva, Irpef e Ires generato dai redditi dei cittadini e delle imprese della regione, per un valore complessivo stimato in 18,5 miliardi di euro. Risorse che potrebbero essere spese direttamente sul territorio. Sappiamo benissimo che la richiesta del governatore Zaia si scontra con il fatto che per ottenere l’autonomia nella gestione fiscale è necessaria una modifica costituzionale che aggiunga il Veneto alla lista delle regioni a statuto speciale, ma, come ha rimarcato lo stesso Zaia, il vero scandalo non è questa richiesta, lo sono piuttosto i 33 miliardi di sprechi acclarati presenti nel bilancio dello Stato. Non vorremmo che, oggi, la questione passasse in cavalleria. Prima di affrontare alti temi, secondari rispetto a questi, occorre che la classe politica dia una risposta ai cittadini che si sono espressi in modo inequivocabile con il Referendum dello scorso 22 ottobre».