Per l’Agenzia provinciale per l’ambiente danneggiano i macchinari di lavorazione, oltre ad avere tempi di degradamento più alti della materia organica
Sono passati appena 10 giorni dall’entrata in vigore dell’obbligo d’impiego dei sacchetti biodegradabili per il confezionamento della frutta e verdura sfusa nei supermercati italiani che ora ci si accorge che non sono il toccasana per la produzione del compost organico ricavato dalla lavorazione della parte umida dei rifiuti urbani.
In Alto Adige l’Agenzia provinciale per l’ambiente, a fronte dei dubbi insorti fra i cittadini in questi giorni nell’impiego nella raccolta differenziata dei sacchetti biodegradabili in uso per gli alimenti negli esercizi commerciali, fa presente che essi non sono adatti per il conferimento dell’organico in territorio altoatesino.
Una bella e buona stroncatura per i nuovi sacchettini ultraleggeri, distribuiti a pagamento, con i quali si pesano e si prezzano nei supermercati (nei mercati vige ancora il vecchio, caro, gratuito sacchetto in carta) i prodotti sfusi come pane, ortaggi, frutta. Questi cosiddetti sacchetti biologici hanno, secondo i tecnici della provincia di Bolzano, tempi di abbattimento inadeguati agli impianti di compostaggio e fermentazione in uso in provincia di Bolzano (e probabilmente anche in altre parti d’Italia) per il trattamento dei rifiuti organici. In questi impianti i rifiuti bio grazie ad apposita tecnologia vengono trasformati in biogas e compost, ma i tempi di degradazione dei sacchettini influirebbero in modo negativo sul processo di trattamento dell’organico. Altro aspetto negativo: spesso i sacchetti bio si incastrano tra gli ingranaggi degli impianti con guasti al sistema ed interruzioni al servizio.
Pertanto l’Agenzia provinciale per l’ambiente di Bolzano invita i cittadini a continuare a conferire l’organico sfuso in contenitori riutilizzabili oppure nei sacchetti di carta messi a disposizione dai comuni di riferimento. L’obbligo dell’uso esclusivo di plastica biodegradabile per i sacchettini ultraleggeri con i quali si pesano e si prezzano i prodotti sfusi è in vigore dal 1 gennaio 2018: lo prevede una legge nazionale (3 agosto 2017 n. 123) con la quale è stata recepita in modo eccessivamente zelante la direttiva europea del 2015 sulla riduzione dell’uso dei sacchetti di plastica nei paesi membri.
Poi, sarebbero ancora discutibili i presunti vantaggi ambientali dall’uso diffuso dei sacchetti biodegradabili, tanto che anche l’Agenzia federale per l’ambiente della Germania, organo di consulenza del Ministero tedesco, ha stilato un bilancio ecologico a tal proposito, giungendo alla conclusione che tali sacchetti non costituirebbero una valida alternativa ecosostenibile, soprattutto rispetto alla carta. Il problema è ora capire dove smaltire, nella raccolta differenziata, il sacchettino biodegradabile: nel sacco della plastica o in quello del rifiuto indifferenziato, con ulteriore scorno per il consumatore che lo ha pagato a peso d’oro?