«Giusto il Regno dei cieli, ma la gente in Italia vive in una Repubblica»
«Il Papa, giustamente, parla della cittadinanza di un Regno, quello dei cieli. Io vivo in una Repubblica. Chi amministra la cosa pubblica, infatti, deve, pragmaticamente, riuscire a far quadrare i bilanci. Da cristiano non posso non ascoltare il Papa e fare i conti con la coscienza. Da amministratore devo fare i conti con il cittadino contribuente e, in quanto tale, azionista di quella realtà che chiamiamo Paese». Roberto Ciambetti, presidente del Consiglio regionale del Veneto, commenta il riaccendersi del dibattito sullo “ius soli”.
«Diciamo innanzitutto che aiutare i profughi, chi scappa dalle guerre, è un dovere etico ben preciso – spiega Ciambetti -. Non è un dovere assistere chi sceglie l’immigrazione economica e sappiamo tutti che in buona parte del mondo l’immigrazione è rigidamente regolamentata per evitare squilibri. Garantire la cittadinanza a chi nasce nel nostro Paese, sia esso figlio di profugo, immigrato ma anche turista, ha delle conseguenze che non possono essere ignorate. Non basteranno di certo la carità cristiana e la compassione a garantire a questi nuovi cittadini assistenza, cura, formazione, cioè servizi e cure che non si pagano con le preghiere e i buoni sentimenti ma con buoni soldi. E quando i soldi scarseggiano, ogni famiglia decide le sue priorità».
Ciambetti si chiede «se abbiamo veramente i soldi per assistere degnamente i nuovi cittadini che con lo “ius soli” otterranno in maniera semiautomatica la cittadinanza, circa 800.000 persone, con una proiezione di circa 50.000 nuovi cittadini anno. Nessun pasto è gratis e ogni servizio sociale, sanitario, scolastico, deve avere copertura finanziaria: secondo Eurostat l’Italia è il Paese che conta, in valori assoluti, più poveri in Europa e stando all’Istat nel 2016 si è registrato il record storico sia per le persone a rischio di povertà (20,6%) sia per quelle a rischio di povertà o esclusione sociale (30%). La stima delle famiglie a rischio povertà o esclusione sociale per il 2016 è infatti del 30%. Con questi numeri, e a bilanci pubblici ristretti e condizionati dal “Fiscal compact”, allargare la platea degli aventi diritto a servizi, cure e assistenza è, a dir poco, un azzardo».
Il presidente del Consiglio regionale del Veneto cita ancora Papa Francesco: «nel Regno dei Cieli non servono né passaporti né portafogli. Da noi oltre al portafoglio serve anche una buona carta di credito: chi pensa di risolvere i problemi dell’Italia accogliendo migliaia di persone senza professionalità, senza formazione, mentre i giovani, e non più tali, diplomati e laureati sono costretti ad emigrare, non affronta il nodo nel mondo globale di una economia che, per un paese piccolo come il nostro, deve basarsi sulla qualità, sull’elevata specializzazione e la capacità di operare in segmenti di nicchia ad alto valore aggiunto».
Ciambetti allarga la sua riflessione alla politica dei vari schieramenti in Parlamento: «lo “ius soli”, piuttosto, credo sia l’arma con cui si vuole modificare il tessuto sociale e spostare gli equilibri politici: sarà, ma nell’Italia segnata dal calo demografico, solo limitandoci alle nuove cittadinanze concesse tra il 2012 e il 2016, il corpo elettorale è cresciuto di 578.000 unità, concentrate in massima parte nel Nord Italia. Figuriamoci cosa può accadere con lo “ius soli”. Papa Bergoglio ha parlato alle coscienze e ha fatto bene. Ma c’è chi nel centro sinistra, tra quanti lo lodano e lo sostengono, delle coscienze poco si interessa: per costoro, a differenza della Chiesa, conta ben altro, contano i voti di lavoratori, operai, poveri perduti nel corso degli anni e che i nuovi cittadini, di ogni razza e fede, essi sperano, potranno sostituire».