Appuntamento con l’operetta in tre atti al Teatro Filarmonico
Domenica 17 dicembre 2017 (ore 15.30; repliche martedì 19 dicembre, ore 19.00 – giovedì 21 dicembre, ore 20.00 – sabato 23 dicembre, ore 15.30 – mercoledì 27 dicembre, venerdì 29 dicembre, domenica 31 dicembre ore 20.30, fuori abbonamento) torna al Teatro Filarmonico un titolo molto amato dal grande pubblico: “La vedova allegra” di Franz Lehár.
L’operetta in tre atti darà il via alla Stagione 2017-2018 della Fondazione Arena di Verona e accompagnerà il pubblico fino alla notte di San Silvestro, per festeggiare con una musica appassionante e balli coinvolgenti l’arrivo dell’anno nuovo.
L’allestimento della Fondazione Arena di Verona, che ha debuttato al Filarmonico nel febbraio 2005 e da allora ha sempre riscosso grande successo, porta la firma di Gino Landi per regia e coreografia, Ivan Stefanutti per le scene e William Orlandi per i costumi. In questa edizione, la regia è ripresa da Federico Bertolani e le coreografie da Cristina Arrò.
Per la prima volta dal podio scaligero, il giovane e affermato direttore spagnolo Sergio Alapont è chiamato a dirigere l’Orchestra areniana, il Coro preparato da Vito Lombardi, il Ballo coordinato da Gaetano Petrosino e le grandi voci soliste in programma.
Sfarzi, Can-Can, gag divertenti e intrighi amorosi saranno gli ingredienti per gustose serate all’insegna della grande musica e del divertimento al Teatro Filarmonico in occasione delle festività natalizie. Per 7 recite dal 17 al 31 dicembre l’ambientazione scintillante e la trama coinvolgente de La vedova allegra di Franz Lehár accompagneranno il pubblico in un’atmosfera dorata e fiabesca, “molto femminile e tradizionale… perché la gente vuole sognare” come ha suggerito lo stesso regista Gino Landi in un’intervista del 2005.
“La vedova allegra” (Die lustige Witwe) oltre ad essere ancora oggi la più celebre delle operette, è stata uno dei più grandi successi viennesi del XX secolo e può essere considerata un’importante chiave di lettura del genere nel suo complesso. La vicenda è tratta da L’attaché d’ambassade, commedia del 1861 di Henri Meilhac, uno dei più grandi librettisti di Jacques Offenbach, e messa in libretto da Victor Léon e Leo Stein che affidano la stesura della partitura a Franz Lehár.
La prima rappresentazione dell’operetta avviene al Theater an der Wien il 30 dicembre 1905 sotto la direzione dello stesso compositore suscitando nel pubblico un enorme entusiasmo tanto che il titolo resterà in cartellone per mesi registrando sempre il tutto esaurito, per poi approdare anche all’estero. Tradotta in ben 25 lingue, La vedova allegra sarà oggetto di diverse trasposizioni cinematografiche già dal 1907.
L’azione si svolge in una Parigi ancora capitale della Belle époque ed i personaggi sono nobili e alti funzionari dell’ambasciata dello Stato immaginario di Pontevedro, nell’Europa centrale, sull’orlo della bancarotta. L’operetta si svolge giocando sui temi tipici del genere: il soggetto sentimentale, l’ambientazione falso-storica, le danze (soprattutto il valzer con il suo sottile erotismo), il matrimonio, l’infedeltà, il denaro, la politica e l’eccentrica mondanità aristocratica, fatua e donnaiola. Su tutto questo, tuttavia, aleggia una sensazione di decadenza, di un mondo che sta per morire, seppur dipinto in modo gioioso e festante, come si volesse rispecchiare la situazione dell’Austria tra Ottocento e Novecento. Il clima in cui questo lavoro nasce è difatti caratterizzato da una società che preferisce abbandonarsi agli slanci sentimentali e alle frenesie di canzoni e operette, piuttosto che ammettere con consapevolezza di vivere in un periodo di crisi. Da questo parte la lettura registica di Gino Landi, che mette ben in evidenza queste tematiche, ricreando fasti e ricchezze per una Vedova «allegra, come dice il titolo… uno spettacolo molto leggero ma di grandi prestazioni», che nel terzo atto si arricchisce di un estratto del balletto Gaité Parisienne di Jacques Offenbach e Manuel Rosenthal culminante con il popolarissimo quanto sfrenato Can-Can.
Altra peculiarità da sottolineare nella visione registica di Landi, è la scelta ormai da anni vincente di affidare il ruolo di Njegus ad un’attrice, anziché ad un comico, per esaltare ancora di più la femminilità dell’allestimento: ritroveremo quindi la geniale Marisa Laurito alle prese con le furberie del ruolo e le trovate più esilaranti.