L’ospitalità verso i turisti? Un’attitudine non solo degli operatori ma di tutto il territorio

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Convegno “Ospitalia. Le nuove forme dell’ospitalità” sull’accoglienza in Trentino Alto Adige

ospitaliaQuali caratteristiche deve avere un territorio per essere vocato all’ospitalità turistica? Quali regole definiscono lo spazio dell’ospitalità? Quando un territorio diventa “inospitale”? E’ a queste domande che hanno risposto al convegno “Ospitalia. Le nuove forme dell’ospitalità” l’assessore trentino all’urbanistica e alla coesione territoriale Carlo Daldoss, il collega altoatesino Richard Theiner e Umberto Martini, docente di marketing territoriale all’Università degli Studi di Trento. Un dibattito a tre voci, fra Trentino e Alto Adige, per capire dove va il turista oggi, cosa lo attira di un territorio e cosa lo fa sentire bene accolto.

«L’ospitalità – ha affermato l’assessore altoatesino all’ambiente, Richard Theiner – è ciò che fa la differenza, ma turismo non significa solo arrivi e pernottamenti, è la popolazione intera che deve avere questa vocazione. Ai decisori politici spetta il compito di fissare le regole, devono avere il coraggio di farlo come è accaduto ad esempio con la chiusura alle auto del Passo Sella, perché se non fissiamo regole finiamo come Cortina dove abbiamo un panorama eccezionale e belle strutture alberghiere ma dove i residenti non contano quasi nulla perché le regole le detta ormai chi arriva da fuori. Dobbiamo stare molto attenti, ogni vallata ha i suoi interessi ma dobbiamo essere consci del fatto che i turisti che arrivano da fuori saranno loro a dettare le scelte, mentre noi sappiamo invece di volere un turismo sostenibile che ha bisogno, appunto, di regole ben precise. Il turismo è cresciuto in modo esponenziale sia in Trentino che in Alto Adige, ma questa crescita non è avvenuta in modo equo: in alcune zone come la Val Gardena, l’alta Pusteria e il meranese il turismo di massa sta creando problemi sociali ma anche paesaggistici, in queste zone abbiamo già superato il limite, il Trentino non è ancora così è può ancora evitare di andare incontro a queste criticità. E’ però importante capire innanzitutto cosa vuole la popolazione locale, la responsabilità politica arriva in un secondo momento, ma spetta alla politica dire che ci sono zone ormai sature e spazi dove invece è opportuno investire».

«Ogni casa ha regole diverse – è il pensiero espresso dall’assessore trentino Carlo Daldoss – ed ogni regola è figlia di una cultura specifica di quella casa, quindi le regole sicuramente servono per stare assieme, per evitare il caos, ma regole senza una cultura di ciò che quelle stesse regole si prefiggono di raggiungere, servono a poco, la regola non può diventare il fine, ma un mezzo. Quando riusciamo a costruire una percezione comune di ciò che le regole vogliono raggiungere, allora c’è spazio per la creatività e l’innovazione. Ogni ragionamento fatto sul territorio deve avere in ogni caso al centro la persona, il soddisfacimento dei suoi bisogni, la socialità. Il primo obiettivo – secondo Daldoss – da perseguire è la salvaguardia del paesaggio e delle possibilità di vita sul territorio, si tratta di un processo paziente di messa in equilibrio di visioni diverse, da questo punto di vista non appezzo molto la distinzione tra città e valli. Il Trentino in passato ha corso questo rischio ed ha cercato di costruire un riequilibrio, garantendo innanzitutto la permanenza dei servizi nelle zone di montagna, per far sì che ognuno si sentisse in grado di vivere in queste località. Chi deve decidere le regole? Una pluralità di interessi, nella quale ognuno deve mettere sul piatto la propria capacità di creare un valore aggiunto. Forse da questo punto di vista il Trentino è magari troppo piccolo ed ha bisogno di elaborare strategie per il futuro assieme ai territori confinanti».

Quando un territorio diventa inospitale? Umberto Martini ha definito «molto sfidante» il tema della “inospitalità”, argomento, – ha affermato, «che riguarda anche i territori di maggiore successo». Per il docente universitario «l’inospitalità produce sicuramente un sentimento di disagio e può essere originata da errori, difetti di tipo organizzativo, da visioni a corto raggio o incapacità, tutte cose che ci portano a confermare come il turismo sia una cosa seria e non residuale, che richiede professionalità specifiche. Dobbiamo esse molto competenti se vogliamo evitare errori. C’è però anche l’inospitalità dettata da una forma di “antiturismo”, errore ancora più grave. Se eccediamo nell’accoglienza creiamo un effetto perverso, portando i residenti locali ad opporsi a questo eccesso. E’ ciò che scontiamo se banalizziamo la montagna». Un terzo motivo alla base dell’inospitalità di un territorio è infine dato dal fatto che il turista non trova in un territorio ciò che si aspetta. «Il turismo viene verso di noi perché è guidato da un sogno, da un desiderio – ha sottolineato Martini -. Ecco, il sentimento di inospitalità nasce quando il turista arriva e non trova ciò che si aspettava. Ogni attore territoriale deve essere corresponsabile del grado complessivo di ospitalità che il proprio territorio è in grado di esprimere, perché l’ospitalità non è data solo dagli operatori turistici e dal numero dei posti letto. Il turista si sposta nel territorio, ha interessi diversi, entra in contatto con le diverse dimensioni del territorio e tutti devono essere capaci di capire chi ha di fronte. In alcuni casi la responsabilità legata alla inospitalità è legata al fatto che qualcuno vede nel turista solo un portafoglio con due gambe che cammina: se noi pensiamo questo abbiamo preso una direzione netta verso l’inospitalità».

«Dovremo orientarci sempre più sulla qualità dei nostri territori» è la conclusione di Daldoss. Il Trentino appare troppo piccolo? «Ci sono due tremi strategici ai quali dobbiamo guardare: la programmazione territoriale e i trasporti, che saranno una scommessa sulla quale le Alpi giocheranno la loro capacità attrattiva; tra pochi anni avremo il tunnel di base del Brennero completato, e un giorno i turisti potranno forse arrivare in treno fino al lago di Garda. In uno scenario futuro dove i turisti non avranno più, fortunatamente, l’automobile, i trasporti locali dovranno sempre più avere una grande organizzazione e coprire il cosiddetto ultimo miglio, una grande sfida che dovremo gestire a livello più ampio del Trentino, pensiamo ad esempio – ha sottolineato Daldoss – a quel grande progetto di Bolzano che riguarda la messa in campo di un circuito ferroviario sulle Dolomiti, una cosa straordinaria e irripetibile. Si tratta di una scommessa sulla quale, sia in termini di investimento che di condivisione di obiettivi, le due province di Trento e Bolzano ma anche la regione Veneto potranno sviluppare azioni comuni. Si tratta di grandi temi che, anche dal punto di vista programmatorio, sociale e di sviluppo sostenibile, dovranno essere giocati sui uno scacchiere più ampio e non convenzionale».