Secondo un’indagine di Ixé 2 italiani su 3 hanno paure su quello che portano in tavola per via delle sofisticazioni alimentari. I falsi costano al sistema Paese 60 miliardi di euro di mancato fatturato e 300.000 posti di lavoro
L’agroalimentare potrebbe essere una sorta di gallina dalle uova d’oro per l’economia italiana, specie se il sistema Paese e la sua classe di governo fosse in grado di tutelare realmente i prodotti italiani dai continui plagi esteri e dalle sofisticazioni alimentari da parte di criminali.
Coldiretti continua nella sua meritoria campagna contro il plagio dei prodotti tipici italiani. In occasione della presentazione del dossier “La tavola degli inganni” a Napoli, il presidente di Coldiretti Roberto Moncalvo ha fatto l’elenco dei casi di plagio più clamorosi: dagli Spagheroni prodotti in Olanda alla Salsa Pomarola venduta in Argentina, dal Pompeian Oil realizzato negli Stati Uniti alla Zottarella prodotta in Germania fino al Caccio cavalo scovato in Brasile sono alcune delle imitazioni particolarmente fantasiose dei prodotti italiani che tolgono spazio a quelli “genuni” facendo perdere al Paese trecentomila posti di lavoro.
«L’Italia si accinge a raggiungere nel 2017 il record storico delle esportazioni agroalimentari con un valore superiore ai 40 miliardi di euro che potrebbe migliorare considerevolmente poiché sei prodotti alimentari di tipo italiano su dieci in vendita sul mercato internazionale sono il risultato dell’agropirateria internazionale che sul falso “Made in Italy” fattura 60 miliardi di euro nel mondo» ha denunciato Moncalvo.
In testa alla classifica dei prodotti più taroccati ci sono i formaggi, a partire dal Parmigiano Reggiano e dal Grana Padano, ma anche la Mozzarella, il Provolone, il Gorgonzola, il Pecorino Romano, l’Asiago o la Fontina. Poi ci sono i salumi più prestigiosi, dal San Daniele alla Mortadella, ma anche gli olii extravergine di oliva, le conserve e gli ortofrutticoli come il pomodoro San Marzano. Se gli Stati Uniti sono i “leader” della falsificazione, le imitazioni dei formaggi italiani sono molto diffuse dall’Australia al Sud America, ma anche sul mercato europeo. Una tendenza che è degenerata in alcuni Paesi dove sono stati messi addirittura sul mercato “magic box” per la produzione casalinga dei formaggi, vini e salumi italiani più tipici in pochi giorni.
Il fenomeno del plagio inizia dall’assonanza italiana dei nomi con cui sono battezzati i cloni dei prodotti tipici italiani, un “vizio” assolutamente trasversale e talmente radicato che non ci si preoccupa ormai neppure di mantenere la fedeltà al nome originale della specialità “Made in Italy” copiata. Così gli spaghetti: se in Belgio aggiungono il termine “napoletana” per qualificare maggiormente il prodotto, nei Paesi Bassi diventano Spagheroni e in Corea addirittura Chapagetti.
Secondo Coldiretti la mozzarella è sicuramente uno dei prodotti più imitati, i cui falsi sono reperibili in ogni angolo del pianeta. Si va dalla “Mozzarella Italia” prodotta in Ungheria e alla “Zottarella” diffusa in Germania alla “Unagrande Mozzarella” scovata nei supermercati russi, sino alla “Mozzarella” prodotta in Sudafrica e alla impensabile “Mozzarella di Murrah bufala” realizzata in Thailandia. E per chi la mozzarella volesse realizzarla in proprio c’è anche il kit statunitense che consente di ottenere il celebre formaggio tra le mura domestiche partendo da non si sa quale latte.
Anche sui salumi la scelta è ampia. Si va – rileva la Coldiretti – dal “San Daniele Prosciutto” prodotto in Canada alla “Mortadela siciliana” realizzata in Spagna, dalla “Finocchiona” in vendita negli Stati Uniti ai “Napoli Mastro tradizionali” del Canada, sino al “Dobro Salama Napoli” ottenuto in Croazia. Un apposito kit venduto in Australia, poi, consente di realizzare i pregiati “Salami calabresi”.
Altrettanto diffuso – rileva la Coldiretti – è il fenomeno delle contraffazioni del vino. Negli Stati Uniti si trovano falsi “Chianti” e “Tuscan moon”, mentre il “Barbera” (bianco) è imitato anche in Romania e il “Prosecco”, scovato anche in Russia, è divenuto a tal punto star dei mercati internazionali da trovare una folta schiera di imitatori che ne mettono a rischio l’ascesa. Come per i formaggi anche per il vino sono facilmente reperibili su internet i kit, rispettivamente canadesi e svedesi, che garantiscono di realizzare in casa falsi “Chianti” o falsi “Montecino”, ma anche altri prodotti celebri dell’enologia italiana.
«In una fase di stagnazione dei consumi nazionali, il mercato estero in crescita è diventato fondamentale per l’agroalimentare nazionale, tanto da rappresentare circa 1/3 del fatturato complessivo, ma in alcuni settori, come ad esempio il vino, le vendite fuori dai confini sono addirittura arrivate a superare quelle interne – ha affermato Moncalvo -. E’ ormai improrogabile la necessità di estendere e potenziare le azioni di vigilanza, tutela e valorizzazione dei prodoti tipici italiani all’estero negli scaffali dei supermercati e sulle tavole dei ristoranti dove possiamo contare su una estesa rete di chef da primato a livello internazionale».
Non solo: oltre all’imitazione non sempre riuscita dei prodotti originali c’è anche la sostanziale sofisticazione posta in essere da criminali senza scrupoli sui prodotti messi in commercio nei negozi italiani. Seondo un’indagine Coldiretti-Ixè, due italiani su tre (68%) sono preoccupati dell’impatto di quello che mangiano sulla salute anche per effetto del ripetersi degli scandali alimentari. Quasi 1 italiano su 3 (29%) ritiene che i casi di frode e contraffazione alimentare dovrebbero essere puniti con l’arresto, con la maggioranza dei cittadini (51%) che chiede comunque la chiusura dell’attività.
Si tratta infatti di una realtà insidiosa come è emerso dalla dimostrazione realizzata dalla Coldiretti con la collaborazione delle Osservatorio Agromafie e delle forze dell’ordine, dall’Arma dei Carabinieri alla Guardia di Finanza, dalle Dogane all’ICQRF – Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari. Si va dalla semplice alterazione delle etichette alla adulterazione, come l’utilizzo di polvere di latte vietata per i formaggi o all’olio di semi trattato con clorofilla spacciato per extravergine, fino alla sofisticazione come l’uso di perossido di benzoile per sbiancare la mozzarella, di anidride solforosa per rendere più rossa la carne o del Cafodos utilizzato per far sembrare il pesce artificiosamente più fresco.
Il consiglio dell’organizzazione agricola è di diffidare sempre dei prezzi troppo bassi come ad esempio per l’extravergine che non deve costare meno di 7 euro al litro se si vuole essere sicuri di acquistare prodotto realmente italiano, ma è importante rivolgersi direttamente ai produttori nelle fattorie o nei mercati contadini di campagna amica dove è possibile parlare direttamente con agricoltori e allevatori ed anche verificare direttamente in azienda i processi produttivi.
Con un terzo dei consumi alimentari che si concentra ormai fuori casa, al di là della buona volontà dei ristoratori, oggi non esiste nessuna garanzia per i clienti sulla reale provenienza, ad esempio, del pesce o della carne, ma anche del formaggio per condire la pasta con un utilizzo molto diffuso, ma nascosto, di imitazioni straniere del Parmigiano reggiano e del Grano padano, senza dimenticare i piatti di salumi affettati. A preoccupare è anche il fatto che in quasi 1 ristorante su 4 (22%) secondo l’indagine Coldiretti/Ixè ci sono oliere fuorilegge che non rispettano l’obbligo del tappo antirabbocco entrato in vigore 3 anni fa che prevede anche sanzioni che vanno da 1.000 a 8.000 euro e la confisca del prodotto.
«Gli ottimi risultati dell’attività di contrasto confermano la necessità di tenere alta la guardia e di stringere le maglie ancora larghe della legislazione con la riforma dei reati in materia agroalimentare – ha affermato Moncalvo -. L’innovazione tecnologica e i nuovi sistemi di produzione e distribuzione globali rendono ancora più pericolose le frodi agroalimentari che per questo vanno perseguite con un sistema punitivo più adeguato come opportunamente previsto dalla proposta di riforma delle norme a tutela dei prodotti alimentari, presentata al Ministro della Giustizia Andrea Orlando dalla Commissione per l’elaborazione di proposte di intervento sulla riforma dei reati in materia agroalimentare presieduta da Giancarlo Caselli. L’Italia, che è leader europeo nella qualità e nella sicurezza alimentare ha il compito di svolgere un ruolo di apripista nelle politiche comunitarie alimentari comunitarie che troppo spesso spingono alla omologazione ed ad un livellamento verso il basso – continua Moncalvo -. Si deve procedere rapidamente nell’introduzione dell’obbligo di indicare in indicare in etichetta l’origine per tutti gli alimenti senza attendere che si verifichino le emergenze, ma va anche tolto il segreto sui flussi commerciali con l’indicazione delle aziende che importano materie prime dall’estero per consentire interventi mirati. Una domanda di trasparenza che va estesa dagli scaffali dei supermercato ai menu dei ristoranti con l’indicazione dell’origine dei prodotti utilizzati nella preparazione dei piatti serviti».