Lo stesso può dirsi anche per Lombardia e Emilia Romagna, ma con trattenuta imposte cambiano flussi interregionali
Le richieste recentemente avanzate dalle Regioni Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna di avviare consultazioni con il governo per ottenere forme e condizioni di autonomia rafforzata (“federalismo differenziato”) «sono di per sé neutrali sul piano fiscale e finanziario». Lo ha evidenziato il presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio, Giuseppe Pisauro, nel corso di un’audizione alla Commissione Bilancio della Camera sulla distribuzione territoriale delle risorse pubbliche per aree regionali.
Per Piasuro «qualora alla richiesta di nuove funzioni venisse collegata quella di trattenere una quota rilevante delle imposte raccolte nel proprio territorio non commisurata alla spesa storica statale di cui si chiede la devoluzione, avvicinando il federalismo differenziato al modello delle Regioni a statuto speciale, ciò comporterebbe evidentemente una riduzione dei flussi interregionali». La redistribuzione interregionale operata dal bilancio pubblico è stimata mediante il cosiddetto “residuo fiscale”, la differenza tra entrate prodotte in una determinata regione e spese per servizi erogati da qualsiasi amministrazione pubblica nella stessa regione. Un residuo fiscale negativo, ha spiegato Pisauro, indica che il bilancio pubblico produce un flusso redistributivo in uscita da quell’area a favore del resto del Paese; se positivo il flusso redistributivo da parte del resto del Paese è diretto verso quell’area.
Dai dati risulta che le entrate pro capite regionali sono all’incirca proporzionali al Pil pro capite regionale (sono maggiori nelle aree più ricche), mentre la distribuzione delle spese regionali è assai più uniforme rispetto al variare del reddito pro capite regionale. Ne consegue che le regioni con Pil più elevato mostrano residui negativi (entrate maggiori delle spese) mentre le regioni con Pil più bassi evidenziano residui positivi (spese maggiori delle entrate). Esaminando i valori per macro-regioni della spesa pro capite al netto degli interessi emerge che, fatto 100 il valore nazionale della spesa, nel Nord il valore è pari a 126 per le regioni a statuto speciale e a 99 per le regioni a statuto ordinario. Un valore, quest’ultimo, analogo a quello del Centro se si esclude il Lazio (134). Nel Sud infine i valori sono pari a 88 nel caso delle regioni a statuto ordinario e a 91 per quelle a statuto speciale.