Istat, l’economia italiana accelera: Pil 2017 a +1,5% e +1,4% in 2018

0
704
grafico indice crescita 2017
Gentiloni: «una buona notizia che testimonia il lavoro fatto dal governo». Brunetta: «c’è poco da gioire. I dati sull’occupazione smascherano le bufale del Governo». Pucci: «nel 2018 più tasse per 5 miliardi di euro»

grafico indice crescita 2017Economia italiana in accelerazione, con prospettive di “tenuta” del ritmo anche il prossimo anno. Per il 2017 l’Istat – che ha pubblicato le sue prospettive per l’Economia Italiana – prevede un aumento del prodotto interno lordo (Pil) pari all’1,5% in termini reali.

Il tasso di crescita è in accelerazione rispetto a quello registrato nel 2016 (+0,9%). Il miglioramento del Pil è atteso proseguire su ritmi analoghi anche nel 2018 (+1,4%). In entrambi gli anni – secondo l’Istat – la domanda interna al netto delle scorte contribuirebbe positivamente alla crescita del Pil per 1,5 punti percentuali; l’apporto della domanda estera netta sarebbe marginalmente negativo (-0,1 punti percentuali in entrambi gli anni) e la variazione delle scorte lievemente positiva nel 2017 (+0,1 punti percentuali) e nulla nell’anno successivo. 

L’aumento della spesa delle famiglie e delle ISP in termini reali è stimato in leggero rallentamento rispetto agli anni precedenti, con un incremento dell’1,4% nel 2017 e dell’1,3% nel 2018. La crescita dei consumi continuerebbe ad essere supportata dai miglioramenti del mercato del lavoro e del reddito disponibile, solo parzialmente limitati dal contenuto rialzo dei prezzi al consumo. Anche l’attività di investimento è attesa in ripresa, beneficiando sia del miglioramento delle aspettative sull’andamento dell’economia sia degli effetti positivi sul mercato del credito derivanti dal proseguimento della politica monetaria espansiva della Banca centrale europea. Gli investimenti fissi lordi sono previsti crescere del 3,0% nel 2017 e del 3,3% nel 2018.

Secondo l’Istat il proseguimento della dinamica positiva del mercato del lavoro determinerebbe un aumento dell’occupazione sia nell’anno corrente (+1,2% in termini di unità di lavoro) sia nel 2018 (+1,1%) contribuendo ad una progressiva diminuzione del tasso di disoccupazione (rispettivamente 11,2% e 10,9% nei due anni). Le prospettive di crescita riportate nell’attuale quadro previsionale potrebbero ulteriormente rafforzarsi qualora il processo di accumulazione del capitale prosegua ad un ritmo più elevato, sostenuto da un ulteriore e più diffuso miglioramento delle aspettative delle imprese sull’evoluzione della produzione. I rischi al ribasso sono costituiti da una più moderata evoluzione del commercio internazionale e dall’eventuale ripresa dei tassi di interesse. Le previsioni incorporano le misure descritte nella Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza diffusa a settembre 2017.

«Siamo finalmente in un contesto che è tornato a crescere e la crescita non è senza lavoro – commenta il premier Paolo Gentiloni -. Per chi ha responsabilità politiche e di governo questo è un indicatore fondamentale. C’è il Pil e il miglioramento dei conti, l’abbassamento del deficit, ma il grande punto interrogativo è se il ritorno della crescita porta un aumento dei posti di lavoro e riduce la disoccupazione. Questa è la sfida dei prossimi anni e trovo molto importante che l’Istat certifichi che la crescita corrisponde a un calo della disoccupazione, questo può consentire di fare passi avanti e anche la Legge di Bilancio ha alcuni obiettivi, nonostante le risorse limitate, che vanno in questa direzione».

La soddisfazione di Gentiloni è stoppata dal capogruppo di Forza Italia alla Camera, Renato Brunetta: «c’è poco da gioire nel leggere gli ultimi dati pubblicati dall’Istat relativi al mercato del lavoro italiano. Infatti, il tasso di disoccupazione si è confermato all’11,2%, un valore che, sebbene in leggero miglioramento, grazie soprattutto all’effetto traino che l’economia europea sta producendo su quella italiana, rimane straordinariamente al di sopra di quello della media europea. Gli ultimi dati dell’agenzia statistica europea (Eurostat) dimostrano, infatti, come il tasso di disoccupazione nell’Unione Europea è sceso, lo scorso settembre, al 7,5%; un valore che l’Italia non vede dall’ultimo governo Berlusconi, ovvero da quasi un decennio. Inoltre – sottolinea Brunetta – i bassissimi tassi registrati in Repubblica Ceca (2,7%), Germania (3,6%), e addirittura Malta (4,1%) e Ungheria (4,2%) sembrano fantascienza, in questo momento, per il nostro Paese. Mentre molti paesi europei hanno ormai raggiunto il livello di piena occupazione, l’Italia si trova ancora con dei valori tra i massimi storici. Difficile pensare che il tasso di disoccupazione possa scendere al di sotto della soglia del 10% nei prossimi anni, dal momento che le principali agenzie di previsione internazionali hanno stimato che già a partire dall’anno prossimo il tasso di crescita del Pil italiano dovrebbe ricominciare a diminuire, scendendo addirittura al +0,9% nel 2019, con prevedibili effetti negativi anche sull’occupazione. Cattive notizie arrivano anche dal settore delle costruzioni, dopo che sempre l’Istat ha diffuso gli indici di produzione e dei costi nelle costruzioni per il mese di settembre 2017. Rispetto ad agosto, l’indice destagionalizzato della produzione nelle costruzioni ha registrato una diminuzione del -0,9%».

Brunetta attacca frontalmente il governo: «questi dati non hanno però scoraggiato il primo ministro Paolo Gentiloni e il suo ministro dell’economia Pier Carlo Padoan, impegnati ormai da giorni a snocciolare qualsiasi possibile bufala sull’economia nel tentativo di far credere agli italiani che la situazione sia positiva. Il ministro Padoan, in particolare, ha affermato che l’economia italiana si sta rafforzando. Tutto bene, quindi, se soltanto la situazione descritta dal ministro fosse vera. Purtroppo non lo è. Prendiamo atto, quindi, di questa nuova infornata di bufale detta dal governo, in attesa che si faccia finalmente da parte dopo le elezioni della prossima primavera». 

Nella manovra in via di preparazione c’è anche la cattiva sorpresa della crescita della pressione fiscale: secondo il Centro studi di Unimpresa, al netto della sterilizzazione delle clausole di salvaguardia sull’Iva, il prossimo anno i contribuenti italiani pagheranno oltre 5 miliardi di euro in più di tasse. E’ questo il bilancio finale della manovra sui conti pubblici inseriti nella legge di bilancio all’esame del Parlamento. Il provvedimento stabilisce il rinvio dell’aumento dell’imposta sul valore aggiunto al 2019 ed evita, così, un incremento del carico fiscale a carico di famiglie e imprese, per il 2018, pari a 15,7 miliardi. Si tratta di mancati aumenti tributari e non di tagli. 

In ogni caso, secondo Unimpresa, escludendo il capitolo relativo all’Iva, la manovra prevede 6,3 miliardi di maggiori entrate accompagnati da 5,2 miliardi di interventi di riduzione della spesa pubblica; vi sono poi misure per ulteriori minori entrate per poco più di 1 miliardo accompagnati da maggiori spese per 5,7 miliardi. Ne consegue che, al netto delle clausole di salvaguardia, risulta un aumento di tasse per 5,3 miliardi e un incremento della spesa per 565 milioni.

«Mentre il governo discetta sulla web tax, che pure è un intervento rigoroso, i cittadini e le imprese si preparano ad aprire il portafogli per sostenere i conti pubblici – commenta il vicepresidente di Unimpresa, Claudio Pucci -. La realtà è che ancora una volta abbiamo assistito a un profluvio di dichiarazioni di stampo molto elettorale, con i rappresentanti delle istituzioni che omettono la verità: ovvero che nei prossimi anni ci saranno sempre più tasse da pagare».