Simbolo di eccellenza e scommessa sull’energia del futuro è stato realizzato da ASG Superconductors e sarà “corazzato” dalla Simic
Ha cominciato il suo viaggio il magnete più grande del mondo, progettato e costruito in Italia, che costituisce il primo tassello della macchina sperimentale Iter, che a partire dal 2025 è destinata a dimostrare che è possibile produrre energia imitando i processi che avvengono nel cuore delle stelle.
Lungo 16 metri e largo 9, pesante 120 tonnellate che arrivano a 200 con l’imballaggio, il supermagnete dalla forma di una “D” ha lasciato lo stabilimento di La Spezia della Asg Superconductors, una società della famiglia Malacalza, dove è stato assemblato. E’ un fiore all’occhiello nato dalla collaborazione fra l’industria e la ricerca, con l’Enea, e F4E (Fusion for Energy), l’agenzia dell’Unione Europea che gestisce il contributo europeo a Iter, definendo le strategie e lavorando in collaborazione con l’industria.
Nell’enorme capannone ligure, questo gigante della tecnologia italiana ha cominciato a spostarsi a bordo di un camion robotico radiocomandato, anche questo enorme e, per esigenze di sicurezza, lentissimo. Il percorso di 6 chilometri che lo separa dal porto di La Spezia è stato coperto in 12 ore, per poi imbarcarsi sulla nave tedesca “Bremer Elena”, che lo porterà a Porto Marghera, dove negli stabilimenti dell’azienda Simic, sarà inserito nella corazza protettiva in acciaio e il suo peso complessivo raggiungerà 320 tonnellate. Questa operazione richiederà almeno un anno e poi tutto sarà pronto per riprendere il mare fino a Marsiglia e poi proseguire via Terra fino al sito di Cadarache, dove è in costruzione Iter (International Thermonuclear Experimental Reactor).
Con i suoi 5 chilometri di cavi superconduttori realizzati dall’Enea, il magnete è uno dei 18 che comporranno il cuore di Iter. All’Italia ne sono stati commissionati 10, per un contratto dal valore di 130 milioni; gli altri otto, più uno di riserva, al Giappone. «Sono almeno 26 le ditte italiane coinvolte nella costruzione dei magneti, per un totale di circa 700 persone – ha osservato Alessandro Bonito-Oliva, responsabile per i magneti di F4E -. Forte della sua grande tradizione nei magneti superconduttori, l’Italia è l’attore principale e ha saputo aggiudicarsi almeno 50-60% del lavoro e dei fondi».
«Sono risultati di frontiera» ha rilevato il presidente dell’Enea, Federico Testa. «Il supermagnete italiano è anche un simbolo perché rappresenta un primato dell’industria italiana ed europea» ha osservato Sergio Frattini, amministratore delegato della Asg Superconductors. Mentre nello stabilimento di La Spezia si lavora alle prossime bobine, è già tempo di guardare al futuro. Il prossimo appuntamento per l’Italia è con la macchina Dtt (Divertor tokamak test), che potrebbe essere costruita in Italia e che avrà il compito di mettere a punto tecnologie di frontiera al servizio della fusione nucleare. Il governo ha accettato la risoluzione del Parlamento di finanziane la costruzione ed è arrivato anche il riconoscimento da parte di Eurofusion, il consorzio europeo per la gestione delle attività di ricerca nella fusione.
La fusione nucleare è il processo che produce energia imitando quanto avviene nel cuore delle stelle, come il Sole e la reazione che è alla base di questa possibile fonte di energia, inseguita da decenni da ricercatori di tutto il mondo, è profondamente diversa da quella alla base della fissione nucleare. Le centrali a fissione esistono da molto tempo e si basano sulla scissione degli atomi, che accanto alla produzione di energia dà origine a prodotti radioattivi estremamente nocivi per migliaia di anni. Si tratta di una reazione molto instabile e che per questo è fondamentale tenere sotto controllo. Nel reattore sperimentale a fusione Iter, attualmente in costruzione, il processo che avviene nelle stelle verrà riprodotto facendo avvicinare due atomi simili all’idrogeno fino a farli fondere tra loro. Questa fusione produrrà energia e nello stesso tempo darà origine a un atomo molto stabile. Nel caso di un incidente, e quindi della perdita di controllo del reattore, questo si spegnerebbe spontaneamente. Il processo di fusione richiede temperature altissime, fino a 150 milioni di gradi contro i 15 milioni di gradi di una stella. Questo perché all’interno di Iter gli atomi sono più rarefatti che nelle stelle e il calore aiuta ad accelerarli per favorire la fusione. La materia che si ottiene in questo modo si chiama plasma. Le alte temperature di questa forma della materia rendono necessario contenerla, altrimenti la struttura che la contiene si scioglierebbe. A tenere il plasma sollevato e confinato all’interno del grande anello in cui scorre sono i magneti superconduttori, capaci di generare campi magnetici centinaia di migliaia di volte più forti di quello terrestre.
Il progetto internazionale Iter (International Thermonuclear Experimental Reactor) punta a realizzare un reattore sperimentale a fusione che, imitando i processi che avvengono nelle stelle, potrà aprire la strada allo sviluppo di una fonte di energia sicura, illimitata e rispettosa dell’ambiente. In costruzione nella Francia meridionale, a Cadarache, Iter sarà il primo impianto a fusione di dimensioni paragonabili a quelle di una centrale elettrica convenzionale.
A partire dal 2025, quando si prevede potrà cominciare a funzionare, il suo compito sarà dimostrare la fattibilità scientifica e tecnologica della fusione come fonte di energia, sicura, pulita, inesauribile. Iter è una grande scommessa internazionale, che vede la collaborazione di centri di ricerca, università e industrie di Unione Europea, Giappone, Federazione Russa, Stati Uniti, Cina, Corea del Sud e India. Si calcola che vi collaborino complessivamente 3.500 ricercatori di 140 istituti di 34 Paesi L’Unione Europea contribuisce per oltre il 50% in termini di fondi e componenti e l’Italia è in prima linea poiché costruisce sia 10 dei 18 magneti superconduttori della macchina sia l’acceleratore di fasci neutri che permette di dare il via al processo di fusione, che si sta preparando con il laboratorio Prima (Padova Research Iter Megavolt Accelerator).
Dopo almeno cinque anni di test e dati, nel 2030 si potrebbe passare alla fase sperimentale vera e propria e quindi al dimostratore tecnologico Demo. Nel 2050 tutto potrebbe essere pronto per realizzare un vero e proprio reattore a fusione destinato a produrre energia su larga scala. Difficile quantificare il costo complessivo di Iter, che stime recenti indicano in 14 miliardi di dollari.