De Luca: «siamo riusciti a modificare geneticamente la pelle di un bambino e rigenerarla per il successivo trapianto avvenuto in Germania. La sperimentazione prosegue»
Un successo della ricerca applicata sviluppata dal dipartimento di Medicina rigenerativa “Stefano Ferrari” dell’università di Modena e Reggio Emilia che potrebbe finalmente dare una cura ai bambini affetti dalla malattia genetica denominata epidermolisi bollosa, comunemente identificata con la definizione di “bambini farfalla”.
A quattro anni dal trapianto di pelle, un bambino siriano che vive in Germania nel 2015 ha subito un intervento con il trapianto dell’80% della pelle che era stata modificata geneticamente e rigenerata in Italia. Fino ad allora era stato un “bambino farfalla”. Ora, a 9 anni, il bambino sta bene, va a scuola e gioca a pallone come un qualsiasi bambino della sua età.
L’intervento, pubblicato sulla rivista Nature, è avvenuto in Germania, nell’Università della Ruhr a Bochum, con la pelle rigenerata in Italia dal gruppo di Michele De Luca, del dipartimento di Medicina rigenerativa “Stefano Ferrari” dell’università di Modena e Reggio Emilia. La richiesta del trapianto era arrivata dalla Germania perché, ha detto De Luca, «il bambino, di origine siriana, aveva una grave forma di epidermolisi bollosa, quella giunzionale, aveva perso l’80% della pelle, era in fin di vita e in coma farmacologico».
Nel settembre 2015 è arrivata dalle autorità tedesche la luce verde all’intervento per uso compassionevole. Adesso il bambino «vive con i suoi genitori, le sorelle e i fratelli. La sua pelle – ha aggiunto De Luca – è stabile e ha già avuto più cicli di rinnovamento». Le cellule modificate geneticamente sono state prelevate da un’area del corpo del bambino nella quale non comparivano le vesciche tipiche della malattia. All’interno delle cellule, racchiuso in un virus reso inoffensivo e utilizzato come navetta, è stata trasferita la forma sana del gene “Lamb3”, la cui alterazione scatena l’epidermolisi bollosa giunzionale. Le cellule così modificate sono state coltivate in modo da ottenere lembi di pelle delle dimensioni comprese fra 50 e 150 centimetri quadrati, trapiantati nel bambino in due interventi successivi, in ottobre e novembre 2015. Pioniere delle ricerche in questo campo, da più di 30 anni De Luca coltiva in laboratorio cellule staminali della pelle e adesso sa che le sue ricerche potranno avere un futuro anche nella sperimentazione clinica.
L’intervento eseguito in Germania ha segnato un traguardo cruciale, permettendo di individuare la “fonte” delle cellule staminali che permettono alla pelle di rinnovarsi continuamente. La scoperta, alla quale si deve la pubblicazione su Nature, ha fornito la prima prova diretta che la pelle umana è sostenuta da una base di cellule molto longeve, da cui derivano cellule progenitrici dalla vita relativamente breve e che vengono continuamente rinnovate. Prima di questa conferma si riteneva che la pelle avesse un solo tipo di staminali. Per questo adesso i tempi sono maturi per passare dai test in laboratorio alla sperimentazione clinica. I primi test sono cominciati in Austria, a Salisburgo, su gruppi di persone di diverse età, colpite da forme di epidermolisi bollosa diverse da quella per cui ha avuto il trapianto il bambino “farfalla”.
«Il primo successo contro una malattia genetica della pelle risale al 2006, con la ricerca pubblicata sulla rivista Nature Medicine – ha detto De Luca -. Ma poi le nuove regole europee sulle terapie avanzate avevano imposto restrizioni e vincoli più severi, ai quali è stato necessario prepararsi». Ora i risultati ottenuti dal trapianto di pelle rigenerata nel suo laboratorio avvenuto in Germania, «ci stanno indicando come andare avanti nella terapia genica delle malattie della pelle». Sono risultati cruciali: «abbiamo imparato moltissimo dal punto di vista biologico e adesso sappiamo che la pelle umana è sostenuta da cellule staminali molto longeve, che a loro volta generano cellule progenitrici che vivono poco e si rinnovano continuamente». Dimostrarlo era necessario perché una parte della comunità scientifica pensava che ci fosse un unico tipo di staminali della pelle. Dopo 30 anni di ricerche, era la conferma che mancava prima di passare alla sperimentazione clinica. Grazie a questa esperienza, ha aggiunto, diventa possibile «stabilire dei criteri generali che devono essere considerati nella terapia genica».
L’idea di poter rigenerare la pelle risale alle ricerche condotte dallo stesso De Luca nel 2001 e anche allora nel mirino del suo gruppo di ricerca c’era epidermolisi bollosa giunzionale, la stessa malattia combattuta con successo in un bambino grazie alla pelle modificata geneticamente e rigenerata in laboratorio dal gruppo di De Luca. Nel 2006, sempre dal suo gruppo, è arrivato il primo successo al mondo nella cura di una malattia genetica della pelle, in un uomo di 36 anni. Almeno un centinaio i pazienti che erano già in lista d’attesa per l’intervento, ma tutto si è bloccato dopo lo stop imposto dalle nuove regole europee: «sono state comunque le benvenute – osservato De Luca – perché sono le stesse che hanno permesso di arginare una vicenda come quella di Stamina». A 11 anni di distanza, dopo una lunga parentesi, il trapianto per uso compassionevole ha aperto la strada ai test clinici.