Il Tribunale di Venezia vieta l’uso della denominazione “Amarone d’Arte” sulle bottiglie di vino

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Bertani amarone
Primo round della vicenda che vede contrapporti il Consorzio di tutela dell’Amarone della Valpolicella contro le Famiglie Amarone d’Arte

Bertani amaroneUna denominazione del vino ed il suo territorio, compreso il suo nome, sono patrimonio comune di tutti i produttori, aderenti o meno al consorzio che tutela quella denominazione. Nessun produttore, o nessuna associazione di produttori, anche in buona fede, può utilizzare quei valori condivisi in maniera diversa.

Questo quanto emerge dalla sentenza del Tribunale di Venezia, che ha dato ragione al Consorzio Vini Valpolicella nei confronti delle Famiglie dell’Amarone d’Arte (società consortile formata da 13 cantine storiche e tra le più importanti della denominazione, Allegrini, Begali, Brigaldara, Guerrieri Rizzardi, Masi, Musella, Speri, Tedeschi, Tenuta Sant’Antonio, Tommasi, Torre D’Orti, Venturini e Zenato). 

Con la sentenza 2283/2017 del 24 ottobre 2017, spiega una nota del Consorzio, il Tribunale ha ordinato alle Famiglie dell’Amarone d’Arte di «rimuovere dalla denominazione sociale qualsiasi riferimento totale o parziale al Docg Amarone della Valpolicella, ivi inclusa la parola Amarone. Ha accertato la nullità del relativo marchio italiano e ne ha pertanto vietato l’uso, ordinandone anche la rimozione dalle bottiglie di vino, nonché accertata l’effettuazione da parte dei convenuti di atti di concorrenza sleale. Ha inibito alla società consortile di svolgere attività promozionale avente ad oggetto Amarone della Valpolicella, riferendosi ad un “Amarone d’Arte” e/o ad un disciplinare diverso dal disciplinare di produzione. Ha ordinato di rimuovere dal sito web il cosiddetto “Manifesto dell’Amarone d’Arte”». 

Il giudice ha bocciato le tesi dei difensori delle Famiglie dell’Amarone d’Arte circa la mancanza di legittimazione del Consorzio in quanto carente dei requisiti richiesti dal decreto legislativo 61/2010 (Tutela delle denominazioni d’origine) e ha rigettato la richiesta che il procedimento venisse rinviato alla Corte di giustizia europea per un contrasto di regole e principi. 

«Dopo oltre due anni – afferma Olga Bussinello, direttore del Consorzio della Valpolicella – siamo soddisfatti dell’esito positivo di questa sentenza. Si tratta di una grande affermazione del territorio e della denominazione, che deve essere al centro del sistema di tutela promozione e valorizzazione dei vini di qualità. E’ un risultato importante anche perché la sentenza è destinata a fare giurisprudenza all’interno del settore vitivinicolo».

Il motivo del contendere tra l’Associazione Famiglie dell’Amarone d’Arte (che annoverano circa 2.000 degli 8.000 ettari di territorio della Docg e circa 2,2 milioni di bottiglie dei 13 milioni complessivi prodotti ogni anno) e il Consorzio di Tutela sta nella decisione – contestata dalle Famiglie – di allargare l’estensione territoriale della Docg e per i limiti imposti (anche alla vendemmia 2017) ai quantitativi di uve da destinare all’appassimento. 

La palla è ora in mano alle Famiglie, cui spetta decidere se impugnare o no in appello la sentenza.