Riassetto Cciaa Friuli Venezia Giulia: Pordenone rompe con Unioncamere e sospende pagamenti

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E la Cciaa della Venezia Giulia si oppone al ricorso al Tar del Lazio da parte dell’ente di Pordenone

iscrizione camera di commercioIn Friuli Venezia Giulia attorno alla riorganizzazione delle Camere di commercio con la prevista fusione degli enti provinciali in un’unica Camera regionale è scoppiata la guerra da parte di Pordenone che lotta per mantenere la propria autonomia e per non vedersi imposta dall’alto la fusione.

Il presidente della Camera di Pordenone, Giovanni Pavan, in seno all’assemblea nazionale di Unioncamere svoltasi a Siracusa ha definito il piano di razionalizzazione e riorganizzazione delle Cciaa «lontano da principi di correttezza e collaborazione, rispetto delle procedure e terzietà che Unioncamere dovrebbe avere nei confronti di chi contribuisce a finanziare l’ente con le quote associative». Pavan, ripercorrendo l’iter degli eventi, ha giudicato come inammissibile «la giustificazione di mero errore materiale con cui Unioncamere ha ritenuto di non allegare alla documentazione sottoposta in assemblea il 30 maggio la lettera della Regione che ribadiva la volontà di giungere ad un ente unico camerale in Friuli Venezia Giulia, in linea con la posizione da sempre da noi sostenuta». 

Pavan si è quindi rivolto ai colleghi domandando loro, provocatoriamente, se tale atto sia stato frutto di «dimenticanza o volontarietà», aggiungendo anche che il piano di riforma «contiene informazioni non veritiere connesse alla riorganizzazione delle Aziende speciali prontamente sollevate da Pordenone». Secondo Pavan, sia il piano di Unioncamere, sia la relazione allegata al decreto ministeriale, motivano la mancata previsione di un’Azienda speciale nell’accorpamento Pordenone-Udine, «scrivendo che esiste un percorso volontario di costituzione di una società in cui far confluire le aziende speciali, affermazione che ci trova allibiti tenuto conto che non esiste alcuna concertazione da parte della Camera di Pordenone». La stessa modalità, sostiene Pavan, «con cui Unioncamere ha imposto un accorpamento coattivo fra Pordenone-Udine senza concertare con entrambi i territori una soluzione alternativa». 

In ragione di ciò, come deliberato in giunta lo scorso 26 settembre, Pavan ha annunciato «la sospensione dei pagamenti delle quote a favore di Unioncamere, che resteranno tali in vista anche di chiarimenti in merito all’utilizzo dei fondi e all’esito del ricorso che Pordenone ha presentato contro il decreto ministeriale, al fine di tutelare quella volontà camerale che è risultata in linea con la regione Friuli Venezia Giulia, ma che Unioncamere ha disatteso e non tutelato in modo adeguato». 

Intanto, la Camera di commercio della Venezia Giulia ricorrerà in tutte le sedi opportune contro il ricorso presentato dalla Camera di commercio di Pordenone al Tribunale amministrativo regionale del Lazio per far rispettare la legalità e la verità. A tal fine è già stato dato mandato dall’Ente camerale ai legali Enzo Bevilacqua, Gianna Di Danieli e Marcello Fracanzani. «Il contenuto del ricorso presentato dalla Camera di commercio di Pordenone – dichiara il vicepresidente della Camera di commercio Venezia Giulia, Gianluca Madriz – sembra improntato a una lettura soggettiva del diritto che per certi versi lascia sconcertati e allibiti: il testo è teso solo a giustificare il fatto che la Camera di commercio di Pordenone non debba accorparsi con la Camera di commercio di Udine, volendo tirare dentro in questo marasma la Camera di commercio della Venezia Giulia e le sue imprese. In effetti i contenuti del ricorso – in cui in molte parti si parla di Regione Friuli invece che di Regione Friuli Venezia Giulia – sono a tese mettere puntualmente in discussione l’esistenza della Camera di commercio Venezia Giulia. Il tutto, poi, annullando la correttezza con cui i suoi amministratori e le proprie imprese si sono mossi seguendo la legge: dal ricorso sembra che la costituzione per legge e decreto ministeriale della Camera di commercio Venezia Giulia sia tutto un “vizio” e non invece un esempio di percorso “virtuoso” e rispettoso delle norme».