Aspettative positive sul 2018. Deandreis: «la crescita sarà dell’1,4%, comparabile con gli altri paesi UE»
Economia che conferma le previsioni ottimistiche di fine estate sull’economia italiana secondo l’Osservatorio Congiunturale del GEI – Associazione Italiana degli Economisti di Impresa – che si è riunito a Milano per il consueto incontro trimestrale dedicato all’analisi della congiuntura e alle previsioni per il quarto trimestre dell’anno.
L’incontro è stato ospitato da Assolombarda e presieduto da Massimo Deandreis (presidente GEI e Direttore SRM). Il convegno – che si tiene a porte chiuse – consente agli economisti degli uffici studi dei più importanti enti di ricerca economica, imprese e banche del nostro Paese di confrontarsi sugli scenari di riferimento, approfondendo anche la congiuntura degli andamenti settoriali. Nell’incontro si discutono anche i risultati di una ricerca lanciata dal GEI tra gli economisti iscritti al sito GEI.IT, che raccoglie e sintetizza l’opinione comune sulle previsioni di crescita e sullo scenario di breve periodo.
«La ripresa ha ormai elementi strutturali e le aspettative di PIL 2018 all’1,4% confermano una crescita del nostro Paese comparabile con quella degli altri Paesi europei – commenta Massimo Deandreis presidente GEI -. Lo scenario che abbiamo discusso nella riunione degli economisti d’impresa è finalmente incoraggiante anche se occorre osservare con attenzione le scelte di politica monetaria che effettuerà la BCE; una restrizione della base monetaria potrebbe influenzare negativamente la ripresa».
Quasi i due terzi dei 60 economisti interpellati nella ricerca hanno espresso aspettative positive per l’economia del 2018, con un mercato del lavoro che mostrerà una disoccupazione in ulteriore calo per circa la metà degli economisti.
Durante la riunione dei soci GEI si sono esaminati gli scenari che caratterizzano la congiuntura, a livello macroeconomico, territoriale e settoriale. Secondo stime presentate dal Centro Studi di Confindustria la buona performance dell’export, il cui livello nel 2018 sarà superiore del 15% rispetto ai massimi pre-crisi del 2007, sarà una delle componenti principali che trainerà la ripresa.
Il Centro Studi di Assolombarda rileva che la produzione manifatturiera lombarda cresce del 3,2% nel primo semestre 2017, un ritmo doppio rispetto a un anno prima e superiore alla media italiana (+2,0%) e a quella del Baden-Württemberg (+2,9%) e della Cataluña (+2,8%), rappresentando quindi una delle componenti più significative della ripresa dell’economia italiana.
Anche il Mezzogiorno da segni di ripresa che dovrebbero consolidarsi nel 2018 con un tasso di Pil atteso, secondo stime di SRM, al +1,1% con Campania e Puglia con un ruolo di traino. In crescita anche gli investimenti nel Sud al +2,3% nel 2018. Ancora debole invece il livello dei consumi delle famiglie (+0,8%) indice che la ripresa non si è ancora trasferita pienamente nella dimensione socio-economica.
L’analisi dello scenario dei settori ha evidenziato che sono quelli più vicini al programma “Industria 4.0” gli ambiti industriali che si dimostrano più vivaci. In particolare, i dati del Centro Studi UCIMU (l’Associazione dei costruttori italiani di macchine utensili, robot, automazione e di prodotti a questi ausiliari) evidenziano che le macchine utensili mostrano un aumento degli ordini del 15% nel terzo trimestre 2017; analogamente nel comparto delle tecnologie elettrotecniche ed elettroniche, nel primo semestre del 2017 le imprese associate all’ANIE (Federazione Nazionale Imprese Elettrotecniche ed Elettroniche) segnalano un fatturato in crescita rispetto all’anno precedente e analoghe tendenze si rilevano anche nella seconda parte dell’anno.
Dopo anni pesanti, il quadro macro si presenta finalmente, sia a livello nazionale che delle singole macro regioni e nei settori, moderatamente positivo. Tuttavia, lo scenario è posto sotto due vincoli: quello della politica (poiché se dalle elezioni italiane dovesse emergere un quadro di instabilità l’economia necessariamente ne soffrirebbe) e quello delle scelte BCE. Il 63% degli economisti intervistati nell’indagine GEI ha dichiarato che è prevedibile un raffreddamento della politica monetaria della Banca Centrale Europea e che se questo avvenisse ci si dovrebbe attendere un’influenza negativa per l’economia del nostro Paese.