Convegno a Trento sulle modifiche nel sistema dei trasporti e delle relative tecnologie
Il futuro a medio termine della mobilità trentina, pubblica e privata, passa da un ruolo sempre più rilevante della trazione elettrica, sia per l’automobile che per le biciclette a pedalata assistita. Un convegno a Trento ha fatto il punto sulla situazione e sui possibili scenari del prossimo futuro.
Entrando nel dettaglio del nuovo Piano provinciale della mobilità elettrica (PPME), Maurizio Fauri (docente di Sistemi elettrici per l’energia – DICAM – Università degli Studi di Trento) ha spiegato quali sono i tratti salienti, ovvero incentivi che principalmente si rivolgono ad un’utenza di tipo privato e pendolaristico. «L’obiettivo – ha detto Fauri – è la riduzione delle emissioni di CO2 dell’inquinamento anche acustico, con enormi vantaggio per le condizioni ambientali. Non si parla solamente di incentivi per l’acquisto di auto elettriche (che sappiamo già non pagare il bollo automobilistico per cinque anni), ma anche di nuovi programmi di “car-sharing”, di tragitti casa-lavoro con auto o “e-bike” e di una maggiore capillarità delle colonnine di ricarica su tutto il territorio. Ad esempio nei prossimi 5 anni si prevede di installare almeno 1 punto di ricarica per ogni centro abitato (fino a 250 sull’intera provincia), oltre a parcheggi ed altri punti di ricariche lungo la rete stradale. Entro il 2025 l’obiettivo è aumentare le infrastrutture di ricarica nelle tre tipologie – rapida, veloce e lenta – fino a 2.500 colonnine. Per fare ciò il piano prevede incentivi di milioni di euro, dei quali 1,7 milioni di euro nei primi cinque anni».
Azioni concrete provengono anche dal progetto “Prepair” sulla mobilità elettrica, ovvero il progetto “LIFE PREPAIR” (Po Regions Engaged to Policies of AIR) illustrato da Loris Selmo dell’Agenzia provinciale per la protezione dell’ambiente: «questo progetto mette in campo azioni coordinate ed integrate per il miglioramento della qualità dell’aria nel territorio che comprende l’intero Bacino Padano (dall’arco alpino alla Pianura Padana) e la Slovenia. I settori nei quali si concentreranno gli sforzi congiunti per ridurre le emissioni di inquinanti atmosferici sono l’agricoltura, la combustione della biomassa legnosa, l’efficienza energetica e i trasporti di merci e passeggeri. In particolare, per la provincia di Trento, APPA coordinerà le azioni relative alla riduzione delle emissioni da combustione della biomassa legnosa (attività di formazione rivolte a tecnici e professionisti, sensibilizzazione della popolazione) e valuterà l’impatto delle azioni di progetto sulla qualità dell’aria. APRIE curerà invece le iniziative legate al risparmio energetico e alla riqualificazione di edifici pubblici, privati e industriali».
E se il futuro delle auto elettrica è ormai tracciato anche a livello comunitario, Pietro Menga – presidente Cei Cives (Commissione Italiana Veicoli Elettrici a Batteria, Ibridi e a Celle a Combustibile) ha spiegato che l’Italia resta comunque indietro. Mentre in Norvegia le vendite di questi veicoli rappresentano già il 27% del totale (anche grazie ai generosissimi sostegni fiscali erogati dal governo e all’esenzione dei pedaggi lungo la rete autostradale e alla sosta gratuita), in Olanda il 9,9% e in Svezia il 2,7%, l’Italia si ferma allo 0,14% piazzandosi all’ultimo posto della classifica, dopo Francia (1,7%), Inghilterra (1,3%), Austria (1,7%), Germania (0,8%) e Spagna (0,3%). I dati, aggiornati al primo trimestre del 2016 da Cei-Cives, mostrano un divario importante dovuto ai tanti fattori che concorrono alle scelte del consumatore: prestazioni dei veicoli ancora scarse soprattutto in termini di autonomia, scarsa informazione, presenza o meno di incentivazioni economiche che abbattano ancora il sensibile differenziale esistente tra un automobile elettrica e una a motore termico, indirizzo politico. In Italia oggi non ci sono incentivi per l’acquisto di un’auto elettrica, ma solo l’azzeramento del bollo per 5 anni, o a vita in alcune regioni. A questo poi si aggiungono le reti di ricarica. Sempre secondo la classifica Cei-Cives, se in Olanda esistono 21.000 punti di ricarica accessibili al pubblico, 12.500 in Francia, 11.000 in Gran Bretagna, 7.500 in Norvegia, in Italia se ne contano circa 2.750. «Sebbene metà delle famiglie italiane abbiano un box o un garage, non hanno però la potenza elettrica sufficiente per ricaricare l’auto e sono per lo più collegati alla rete condominiale» aggiunge Menga. Come si fa a superare questo ostacolo? «Serve una politica di sostegno economico per adeguarci a questa esigenza. In Italia sono previsti crediti d’imposta per altri tipi di intervento, ma non per l’adeguamento impiantistico per la ricarica domestica», spiega il presidente di Cives, aggiungendo che un terzo ostacolo «è rappresentato dalla frammentazione delle politiche di mobilità nelle città».
Andrea Poggio, responsabile di Legambiente per la mobilità sostenibile, sostiene che «per cambiare il mercato automobilistico in tal senso bisogna cominciare a ragionare in termini di “comunità”, offrendo incentivi alle stesse aziende per mettere a disposizione dei dipendenti i mezzi elettrici che si possono utilizzare sia per la vita professionale, sia per quella privata. In questo modo la nuova cultura della mobilità assume una connotazione sociale».