Valdastico Nord la società Brescia Padova deposita in Regione del Veneto e nei comuni il progetto del primo tronco

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Saranno investiti 1,3 miliardi di euro per circa 17,8 km di tracciato, di cui 13,3 in galleria. Ancora chiusura dal Trentino. Bonazzi: «opera indispensabile per il Trentino e per il Veneto»

valdastico nord fine autostrada pioveneIl dato è tratto: i vertici della società Brescia-Padova, titolari della concessione per il completamento dell’A31 Valdastico (già effettuata nel tratto sud verso Rovigo) hanno deporitato in regione del Veneto e nei comuni interessati il progetto per la realizzazione del primo tronco del tratto nord compreso tra Piovene Rocchette e Astico nord, per un totale di 17,8 km, di cui 13,3 realizzati in galleria artificiale o naturale.

Dopo oltre quarant’anni di immobilismo, parrebbe giunta la buona volta per completare un tracciato indispensabile per migliorare gli attuali collegamenti sul fronte orientale tra Veneto e Trentino, attualmente delegati alla statale della Valsugana largamente insufficiente a sopportare la mole di traffico – oltre che pericolosa e teatro ogni anno di numerosi incidenti mortali – oltre ad alcuni tracciati di media montagna pressoché impossibili per il traffico pesante.

Per realizzare i lavori che ora dovranno sottostare all’approvazione degli enti locali interessati e all’autorizzazione del Cipe, saranno necessari sei anni di lavori e un investimento di quasi 1,3 miliardi di euro. Si tratta di un cantiere tra i più importanti, utile anche per rivitalizzare l’economia del territorio tramite gli appalti e i subappalti alle imprese del posto.

Comunque sia, il problema di fondo rimane ancora quello del raccordo con la viabilità del Trentino e quello con l’autostrada del Brenno. Dagli amministratori del centro sinistra autonomista della provincia di Trento permane l’ostracismo inguistificato verso quest’importante opera pubblica, tant’è che lo stesso assessore provinciale ai lavori pubblici, Mauro Gilmozzi, ha commentato il deposito del progetto del primo tronco della Valdastico Nord con un poco elegante (e politicamente significativo) «se i veneti vogliono buttare via 1,3 miliardi di euro, s’accomodino, ma non pensino di passare sul nostro territorio senza il nostro consenso». Un commento che la dice tutta sullo spessore dell’amministratore pubblico incapace di guardare al futuro oltre la punta del suo naso. Un commento commentato negativamente dal presidente dell’Associazione degli Industriali del Trentino, il veneto Giulio Bonazzi (al vertice di una multinazionale attiva nel settore delle fibre tessili sintetiche con sede ad Arco nel alto Garda trentino): «mi sembra una visione miope, anche perché è necessario potenziare i collegamenti tra il Trentino e il Veneto, che non possono essere demandati alla sola ferrovia o alle piste ciclabili. Bisogna rendersi conto che i collegamenti tra le due realtà sono già al limite, con l’A22 e l’A4 ampiamente congestionate durante tutto il giorno».

Ma dove raccordare la Valdastico nord con la viabilità del Trentino? La provincia di Trento aveva avanzato la proposta (piuttosto assurda, in verità) di fare proseguire l’autostrada con un tracciato declassato a superstrada o a normale statale fino a farla sboccare in Valsugana all’altezza di Caldonazzo e da qui raccordarla con la statale della Valsugana che ha il problema di non essere a 4 corsie di marcia e con un tracciato tormentato che si svolge sulle sponde del lago di Caldonazzo. Meglio, molto meglio sarebbe recuperare la proposta avanzata anche dagli imprenditori artigianali del Trentino per un raccordo con l’A-22 all’altezza del casello di Rovereto Sud, dove allestire anche un centro logistico recuperando gli spazi abbandonati dell’ex-Alumetal a Mori. Una proposta interessate, che avrebbe il buon senso di creare un asse logistico est-ovest, aprendo una direttrice moderna anche verso l’alto Garda, ancora oggi incompleta.

L’auspico è che la politica trentina giunga ad un generale rinsavimento e accetti il completamento della Valdastico Nord sul proprio territorio senza più frapporre inutili “non possumus” in gran parte basati sulla paura di perdere gettito da pedaggio sull’A22 (posseduta in maggioranza proprio dagli enti locali del Trentino Alto Adige), perché il traffico sceglierebbe un tracciato più breve (anche a vantaggio dell’ambiente e delle minori emissioni inquinanti) che fare il periplo per Verona per andare verso i mercati dell’Est. Si potrebbe poi aprire il pentolone della non lungimiranza della politica trentina, visto che se avesse voluto, avrebbe potuto validamente supportare l’acquisto della maggioranza della Brescia-Padova da parte di A22 senza farlo cadere nelle mani degli spagnoli, creando così le basi per il secondo protagonista autostradale italiano, magari guardando anche ad una più ampia holding autostradale del NordEst, scenario che, come dimostrano i fatti, si sarebbe ampiamente ripagato con l’ingente flusso di cassa generato dalla stessa Brescia-Padova. Ma questa, purtroppo, è una pagina già voltata e l’occasione non tornerà un’altra volta.