Sofia ha contratto la malattia in Italia e potrebbe essere stata contagiata durante il precedente ricovero all’ospedale di Trento dove c’erano anche due malati di malaria. Le zanzare “nostrante” potrebbero fungere da vettore se pungono persone che ne sono già infette
Se fosse confermato, quello accaduto tra Bibione, Trento e Brescia potrebbe essere il primo caso di malaria autoctona registrato in Italia dopo trent’anni. Il caso che ha colpito una bambina trentina causandone la morte a soli 4 anni di vita sta allarmando il sistema sanitario impegnato a scoprire l’origine dell’infettamento, oltre che la popolazione.
Sofia, questo il nome della piccola deceduta, mentre era in vacanza a Bibione con i genitori ha avuto un esordio di diabete, il 13 agosto, prima curato all’ospedale di Portogruaro e successivamente a Trento, dal 16 al 21 agosto, una faringite il 31 agosto, con antibiotici prescritti al pronto soccorso di Trento, infine la malaria con conseguente trasferimento d’urgenza in elisoccorso agli Spedali civili di Brescia specializzati nel trattamento di questo genre di patologie.
Paolo Bordon, direttore generale dell’Apss (Azienda provinciale dei servizi sanitari) del Trentino, ripercorre la vicenda sanitaria della bambina deceduta: «il 21 agosto ultimo giorno di ricovero della piccola per il diabete, è arrivata in ospedale a Trento una famiglia del Burkina Faso, di ritorno da un viaggio nel Paese d’origine, con due bambini con la malaria, che sono stati ricoverati, ma erano in stanze diverse. E’ il 2 settembre invece – prosegue – che la piccola è giunta in pronto soccorso a Trento priva di coscienza. Rianimazione e pediatria hanno sospettato che si trattasse di epilessia, ma gli accertamenti del caso sono risultati negativi. Un emocromo invece ha insinuato il sospetto di malaria e un supplemento d’indagine ha rilevato la presenza del “, una tipologia di malaria delle più aggressive. E’ stato quindi contattato immediatamente l’ospedale di Brescia, quello di riferimento per le malattie tropicali, ed è stata trasferita sabato in elisoccorso, in condizioni gravissime. Lunedì alle 12.15 è avvenuto il decesso».
Dopo l’insorgenza del caso, all’ospedale di Trento è scattata la disinfestazione generale del reparto: «in ospedale a Trento – informa Bordon – abbiamo messo delle apposite trappole per zanzare ieri pomeriggio, che verranno rimosse oggi pomeriggio, mentre tutti i bambini ricoverati sono stati trasferiti ed è in corso la disinfestazione di tutto il reparto. Resta il fatto – sottolinea il direttore – che la piccola poi morta e i due malati di malaria erano in stanze diverse, le cure sono state effettuate tutte con materiale monouso e non ci sono state trasfusioni. La malaria non è trasmissibile da uomo a uomo e nessun altro paziente ha avuto dei sintomi riconducibili alla malaria. Il periodo di latenza – conclude – potrebbe fare pensare che l’avesse contratta prima, poi, certo, la presenza di due bambini malati qui fa insospettire. Il punto è che dovrebbe esserci stata qualche zanzara anofele, magari in dei bagagli. I nostri veterinari, interpellati, dicono che un’altra zanzara, nostrana, non può farsi vettore, anche se ha punto malati».
Se venisse confermato che il caso di malaria della bambina trentina morta a Brescia è autoctono e trasmesso dalla zanzara, questo sarebbe il primo da oltre trent’anni. Lo conferma Giampiero Carosi, infettivologo dell’università di Brescia, secondo cui l’ipotesi più probabile è che una zanzara abbia punto qualcuno infetto, magari dopo un viaggio, e poi abbia trasmesso il plasmodio alla bimba. «Il caso è eccezionale – commenta Carosi -, l’ultima trasmissione autoctona tramite zanzara risale a 30 anni fa nel Grossetano, da allora ci sono stati solo alcuni casi tramite scambio di siringhe o trasfusione. Quello che potrebbe essere successo è che qualcuno, di ritorno da un viaggio nelle zone colpite, abbia “portato” il plasmodio e sia stato punto da una anofele “nostrana” che a sua volta ha punto la bambina. Qui c’è una seconda eccezionalità, perché le zanzare che circolano da noi non sono molto adatte a trasmettere il microrganismo, anche se in teoria potrebbero».
Il caso a Grosseto risale al 1997, e a sua volta era il primo dopo 30 anni. La bambina è stata colpita dal plasmodio di tipo “Falciparum”, che secondo l’esperto circola sia in Africa che in Asia. «Il 90% dei casi africani è di questo tipo, così come il 30-50% di quelli asiatici. Bisogna vedere se intorno alla bambina c’è qualcuno che ha viaggiato in un qualche paese malarico, sono indagini molto complesse, ogni anno milioni di persone viaggiano in quei paesi e ritornano in Italia».
La malaria è tutt’altro che una presenza sconosciuta: l’Italia importa in media 637 casi di malaria l’anno da paesi dove la malattia è endemica, una cifra seconda solo a quella di Francia e Gran Bretagna in Europa. Lo afferma uno studio pubblicato quest’anno da Lancet Infectious Diseases. I ricercatori dell’università di Southampton hanno raccolto le segnalazioni di casi importati di malaria tra il 2005 e il 2015, cercando di definirne la provenienza sulla base del ceppo di plasmodio, il parassita trasmesso dalle zanzare, e costruendo un database di oltre 50.000 pazienti in 40 nazioni dove la malattia non è endemica.
Nel 56% dei casi, scrivono gli autori, ad “esportare” la malaria sono paesi dell’Africa occidentale, con rotte preferenziali che seguono quelle dei voli commerciali. Il paese che importa più casi è la Francia, in media quasi 2.200, seguito dalla Gran Bretagna, circa 1.800, dagli Usa (1.500) e dall’Italia con appunto 637 notifiche. Secondo la circolare del ministero della Salute sulla prevenzione pubblicata lo scorso dicembre nel periodo 2010-2015 i casi di malaria notificati sono 3.633, di cui 89% con diagnosi confermata. Tra i cittadini italiani si sono riscontrati il 20% dei casi, di cui il 41% in viaggio per lavoro, il 22% per turismo, il 21% per volontariato/missione religiosa. Nel mondo, afferma l’ultima edizione del World Malaria Report, nel 2015 ci sono stati 212 milioni di casi con 429.000 morti. Il 90% dei casi si è verificato nella regione africana dell’Oms, il 7% in quella asiatica e il 2% nell’est mediterraneo.
La malaria è causata da parassiti del genere plasmodio, che si trasmettono attraverso le punture di zanzare femmine della specie “Anopheles”. Dei cinque plasmodi conosciuti, due, il “Falciparum” e il “Vivax”, si chiarisce sul sito dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), sono quelli più pericolosi. Il primo è prevalente in Africa e il secondo nel resto del mondo.
La malaria è una malattia febbrile acuta, con i sintomi che appaiono 10-15 giorni dopo la puntura di un insetto infetto. All’inizio dà febbre, mal di testa e brividi, e se non trattata può portare a morte. Nei casi più gravi, soprattutto nei bambini o in persone immunodepresse, può portare ad anemia, distress respiratorio o alla cosiddetta “malaria cerebrale”, come nel caso della bambina morta a Brescia, che provoca un rigonfiamento del cervello. Il 70% delle oltre 400.000 morti nel mondo avviene in bambini sotto i 5 anni. La terapia più efficace è una combinazione di farmaci a base di artemisina, anche se alcuni ceppi di plasmodio stanno sviluppando resistenza. Per i viaggiatori e le donne in gravidanza si fa invece un trattamento preventivo con farmaci antimalarici che protegge dal contagio. La terapia più efficace è una combinazione di farmaci a base di artemisina, anche se alcuni ceppi di plasmodio stanno sviluppando resistenza. Attualmente è in sperimentazione un vaccino, il primo che ha dato risultati soddisfacenti, che dal prossimo anno verrà testato su larga scala in tre paesi africani, Malawi, Ghana e Kenya. Attualmente la prevenzione si fa nei paesi endemici con il controllo delle popolazioni di zanzare attraverso insetticidi e zanzariere trattate.
Il caso della bambina morta per malaria ha avuto ripercussioni anche sul piano politico. Oltre che dal ministro Beatrice Lorenzin che ha inviato un’ispezione negli ospedali interessati per fare accertamenti, secondo il coordinatore nazionale dei Verdi Angelo Bonelli, una concausa potrebbe essere registrata nei cambiamenti climatici che hanno favorito «una proliferazione di insetti e zanzare estremamente aggressive nel Trentino Alto Adige e in molte regioni del Nord. Già nel 2007 a Ginevra e nel 2011 l’Agenzia Europea per l’Ambiente e l’Oms – prosegue Bonelli in una nota – avevano avvertito dei rischi alla salute legati alle temperature più alte e con inverni più miti. Queste condizioni, legate molto ai cambiamenti climatici, stanno espandendo le aree in cui gli insetti vettori di malattie (ad esempio, zecche e zanzare) sopravvivono e si moltiplicano».
Il leader dei Verdi italiani spiega che «questi insetti possono causare malattie come la malattia di Lyme, il dengue e la malaria anche in nuove aree in cui il clima non era favorevole allo sviluppo e alla trasmissione di tali patologie o, al contrario, il cambiamento climatico potrebbe causare la scomparsa di alcune malattie da aree in cui sono attualmente presenti. Ad esempio il futuro riscaldamento potrebbe far sì che le zecche (e, quindi, le malattie da esse veicolate) si diffondano ad altitudini maggiori e più a nord, vista la mutata distribuzione geografica degli animali “ospiti”. Di fronte a questa situazione – conclude Bonelli – le amministrazioni hanno il dovere di attuare quelle iniziative per debellare la proliferazione di questi insetti anche attraverso antagonisti biologici e non vi è dubbio che si sta sottovalutando un problema molto serio per la salute».
Per la coordinatrice regionale di Forza Italia in Trentino Alto Adige, la deputata Michaela Biancofiore, prende di mira l’immigrazione indiscriminata: «che l’approdo massiccio di persone provenienti da Paesi africani nei quali alcune malattie debellate da tempo secondo l’Oms a livello europeo, si stiano rimanifestando in maniera rilevante in Italia, è più che un sospetto e forse anche per questo il ministero della Sanità è corso ai ripari con l’obbligo delle plurime vaccinazioni a scuola». La deputata annuncia un’interrogazione al Ministro della sanità «per capire come sia potuto avvenire il contagio della bambina se non per mezzo di una zanzara evidentemente approdata in Italia attraverso i milioni di sbarchi degli ultimi mesi, considerando che le specie nocive sono tradizionali solo dell’Africa Sub-Sahariana, dell’Asia o dei paesi più sperduti dell’America centro meridionale. Cosa farà il ministero della Sanità e gli uffici di igiene pubblica per comprendere come prevenire probabili ulteriori contagi e se intende procedere alla immediata disinfestazione di ospedali, pronto soccorso, strade, paludi, zone a rischio in generale e cosa si sta facendo per accertare che gli approdi da Paesi terzi non siano potenziali vettori di malattie mortali per la nostra gente».
Sul tema è intervenuto anche il consigliere provinciale della Civica Trentina, Claudio Civettini, che ha depositato un’interrogazione in Consiglio provinciale di Trento: «disporre tutti gli accertamenti sul possibile caso di contagio di malaria presso l’ospedale di Trento e chiedo come si intenda rassicurare la popolazione trentina rispetto al fatto che non vi possano essere rischi di contagio alcuno, ad oggi, nella nostra Provincia». Il consigliere chiede inoltre di sapere quali accertamenti saranno disposti per chiarire l’accaduto presso l’ospedale Santa Chiara di Trento e «quale ruolo potrebbero aver avuto, in tutto ciò, i due minori africani ricoverati al Santa Chiara per malaria proprio negli stessi giorni».