Nuovo appuntamento con la cultura del mare e della geologia con l’applicazione delle più moderne tecnologie di visione multimediale
Il Carso è formato in gran parte da rocce calcaree formatesi alla fine dell’Era Mesozoica (quella dei dinosauri) tra circa 100 e 65 milioni di anni fa. Queste rocce sono il risultato di una lenta deposizione di sedimenti sul fondo dei mari che occupavano la nostra zona a quei tempi. I mari mesozoici erano popolati da creature anche bizzarre, completamente estinte, ma che sono quasi sempre visibili su tutti gli oggetti, naturali o artefatti, in cui è presente la roccia del Carso.
«Non si era mai tentata una ricostruzione moderna dell’ambiente marino che ha consentito la genesi del nostro altopiano – ha spiegato il paleontologo Flavio Bacchia, responsabile scientifico di Gemina -. Con il supporto dell’Università degli Studi di Trieste e di quella di Chieti sono state interpretate alcune delle più significative forme di vita di 80 milioni di anni fa. Impresa non facile, realizzata a partire da dati parziali (le parti molli degli organismi mal si conservano allo stato fossile). I risultati raggiunti, che rappresentano il massimo consentito allo stato attuale della conoscenza scientifica, sono stati modellati tridimensionalmente e composti in una visione sottomarina del Mare del Carso».
Per la prima volta una tecnologia tutta triestina permette di ammirare un acquario virtuale dove sono presenti e si muovono in modo naturale animali vissuti in un passato lontanissimo. L’acquario rappresenta anche il mare che i dinosauri Antonio, Bruno, Zdavko e gli altri giganti presitorici del Villaggio del Pescatore vedevano e sulle cui sponde forse zampettavano, come testimoniano le numerose impronte rinvenute in Istria.
La presentazione di questo nuovo strumento divulgativo ha fornito anche l’importante occasione per fare il punto sullo status delle iniziative a supporto della visibilità dell’importantissimo sito paleontologico del Villaggio. Dopo gli anni degli scavi di Antonio, infatti (1996-1999), a partire dal 2001 le attività di ricerca e valorizzazione son state sospese, come ha spiegato l’architetto del Polo Museale del Friuli Venezia Gulia, Maurizio Anselmi, intervenuti in rappresentanza del direttore Luca Caburlotto. Tra il 2013 e il 2017 la cooperativa Gemina, a seguito di accordi con la proprietà del terreno, ha svolto un’attività di valorizzazione sul campo e di divulgazione dei valori scientifici del sito, senza sostegni economici da parte delle Istituzioni e senza che l’attività di scavo sia mai stato ripresa.
«Il programma di rilancio del sito paleontologico del Villaggio del Pescatore passa attraverso la ripresa degli scavi per l’estrazione dei dinosauri ancora presenti e anche attraverso la realizzazione di strutture di accoglienza e di visita più stabili ed organizzate in attesa di un Museo del territorio che, coniugando paesaggio e risorse paleontologiche, induca il processo di riqualificazione del sito, attualmente degradato», ha spiegato Anselimi. Le competenze dei Polo museale del Friuli Venezia Giulia – organo periferico del ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo dipendente funzionalmente dalla Direzione generale musei – contemplano l’agevolazione alla fruizione e alla valorizzazione dei beni culturali presenti nel territorio: proprio in questa direzione si è fornito il supporto tecnico e culturale per la promozione del sito paleontologico del Villaggio del Pescatore.