Dal 22 agosto obbligatoria la comunicazione preventiva al comune dove si effettua lo scavo (anche di un solo metro cubo) e all’Agenzia di tutela dell’ambiente. Protesta di Confartigianato
Dal 22 agosto, prima di poter scavare una buca (anche di un solo metro cubo di volume), si deve dare comunicazione preventiva (almeno 15 gg prima dello scavo stesso), al comune dove c’è il cantiere e all’Agenzia regionale di protezione dell’ambiente. L’ennesima complicazione della realtà e del mondo del lavoro da parte di una politica sempre più lontana dalla realtà e che porta nuovi inutili gravami su chi lavora.
Il nuovo decreto sulle terre e rocce da scavo, appena pubblicato, dimostra una volta di più di come la politica italiana si dimostri sorda rispetto alle esigenze delle piccole e medie imprese edili. «A volte mi domando se dietro all’emanazione di una legge o di un decreto in genere, ci sia davvero l’intento di migliorare e semplificare le cose o se più semplicemente manchi del tutto una riflessione sui risvolti e sulle implicazioni che una normativa come questa porta con sé» si domanda amaramente Paolo Bassani, presidente della categoria edilizia di Confartigianato Imprese Marca Trevigiana e Confartigianato Veneto. «Non bastava – continua Bassani – la pesante crisi che, dal 2008 ad oggi solo in Veneto, ha fatto perdere al settore edile 12.000 imprese e 70.000 dipendenti e non dà tregua, non bastava lo stillicidio costante di adempimenti ai quali siamo sottoposti. Ora ci si mette pure il ministero dell’Ambiente che, con l’obbiettivo di fare chiarezza sulle norme che disciplinano lo scavo di terra e roccia, non fa altro che appesantirne i procedimenti per le imprese. E sì, perché da oggi, 22 agosto, un’impresa prima di poter scavare una buca anche di un metro cubo, si vedrà costretta a dare comunicazione almeno 15 giorni prima dello scavo stesso, al comune dove c’è il cantiere e all’Arpav».
L’intento del nuovo DPR è individuare i requisiti generali da soddisfare affinché le terre e rocce da scavo, generate in cantieri di piccole o di grandi dimensioni, siano qualificati come sottoprodotti e non come rifiuti. «Avrebbe poco senso dover trattare come rifiuto, uscendo quindi da questa normativa, del terreno che può essere tranquillamente riutilizzato, ma – continua Bassani – probabilmente saremo costretti a farlo sempre di più. Prima di questa disciplina, le aziende erano comunque sottoposte all’obbligo di comunicazione dei cantieri, che doveva essere fatta prima dello scavo, non era indicato un tempo minimo. Ora invece vengono richiesti almeno 15 giorni di preavviso. In una situazione dove i pochi lavori che ci sono, vengono commissionati qualche giorno prima, se non con un unico giorno di preavviso, essere vincolati a tempistiche così stringenti significa soffocare ancor di più un settore che oramai da anni è in uno stato di crisi e a quelle aziende che nonostante tutto continuano ad operare nella legalità e dare invece ossigeno a tutte quelle attività che vengono svolte in barba alle leggi, che già disciplinano la materia».
E’ vero che i cantieri sono distinti nella disciplina in “di piccoli” e “di grandi” dimensioni: peccato però che il decreto consideri di piccole dimensioni indistintamente tutti quei cantieri con una produzione di terra e/o roccia fino a 6.000 mc, quasi uno stralcio della Pedemontana più che un piccolo cantiere se si pensa che lo scavo di una villetta di medie dimensioni o di una recinzione ha una produzione che non supera i 150 metri cubi. Una disciplina che prevedesse anche i micro cantieri che rappresentano la maggioranza dei lavori delle aziende edili attive sul territorio del NordEst, con le relative semplificazioni era un’opportunità che non doveva andare sprecata.
Se questo non bastasse, si aggiungono gli ulteriori costi che le aziende sosterranno per finanziare l’attività di controllo dell’Arpav. L’azienda quindi oltre a sostenere i costi per le analisi e per produrre la documentazione necessaria, sarà anche costretta a finanziare le ulteriori analisi e i controlli predisposti in caso di verifica, anche se quest’ultima dovesse dare esito negativo.
«Nonostante da mesi Confartigianato avesse sollecitato il Ministero sulle molte criticità del nuovo decreto – conclude Bassani -, lo stesso Ministero ha perso l’ennesima occasione per fare un po’ di chiarezza nella normativa ambientale e per commisurare gli adempimenti previsti in funzione della complessità degli interventi, pubblicando, forse intenzionalmente, un Decreto di tale importanza nel periodo in cui le aziende hanno chiuso per il periodo estivo e che, al rientro, si ritroveranno con un altro nuovo obbligo da rispettare».