Occupazione: entro la fine dell’anno leggera crescita degli occupati ma, rispetto al 2007, i disoccupati sono cresciuti di 1,5 milioni

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Secondo la Cgia di Mestre il mercato del lavoro è ancora ben lungi dall’essere ripartito. Codacons: “non basta qualche dato economico favorevole per dichiarare concluso il periodo di crisi economica, quando ancora troppi indicatori segnalano le differenze rispetto al 2007»

pianeta terra 3d fisicoIl dato relativo alla crescita del Pil dei giorni scorsi è bastato per far scattare le fanfare inneggianti all’uscita dalla crisi, ma ancora tanti numeri affermano che per festeggiare pienamente servono ancora ben altri risultati e politiche attive.

Sulla base dei dati previsionali Istat e Prometeia, l’Ufficio studi della Cgia di Mestre stima che nell’ultima parte dell’anno potremo contare su 123.000 nuovi occupati e 36.000 disoccupati in meno. Nonostante le previsioni siano positive, nel confronto con il secondo semestre del 2016, il gap, rispetto al 2007 (anno pre-crisi), rimane ancora molto importante. Rispetto a 10 anni fa, lo stock medio degli occupati nel secondo semestre di quest’anno sarà inferiore di 142.000 unità mentre i disoccupati saranno 1.447.000 in più. Se, ad esempio, nel 2007 il tasso di disoccupazione era al 6,1%, quest’anno si attesterà all’11,4%: una quota quasi doppia al dato pre-crisi.

Trainata da una congiuntura internazionale favorevole, la ripresa economica in atto comincia a dare qualche segnale positivo anche sul fronte del mercato del lavoro, benché all’orizzonte si addensano delle nubi minacciose. «Se dal prossimo 1 gennaio terminerà la politica monetaria espansiva – afferma il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo – cioè il “Quantitative Easing” introdotto dalla Bce in questi ultimi anni, molto probabilmente assisteremo a un progressivo aumento dei tassi di interesse che innalzerà il costo del nostro debito pubblico, mentre gli investimenti saranno meno convenienti». 

Secondo l’Associazione artigiani di Mestre, l’italia, rispetto al 2007, deve recuperare un differenziale del 3,4% di consumi delle famiglie, del 5,9% di Pil, del 7,3% di reddito disponibile delle famiglie e di ben 24,8% di investimenti (pubblici e privati), oltre ad un tasso di disoccupazione quasi doppio.

La crisi è ben lungi dall’essere finitia: semmai ha allentato il morso e molto dipende dalle scelte politiche che il Governo di Paolo Gentiloni saprà fare nei prossimi mesi senza cadere nella tentazione della facile spesa a debito per motivi elettoralistici come invece ha fatto il suo predecessore, Mattero Renzi, buttando al vento circa un’ottantina di miliardi di euro. Gli artigiani di Mestre ricordano come al ministero dell’Economia siano ancora aperte 145 situazioni di crisi aziendale che coinvolgono grandi e medie imprese, molte delle quali presenti su tutto il territorio nazionale, Per on dire delle «migliaia di piccolissime imprese e di artigiani che sempre più a corto di liquidità, a causa della stretta creditizia praticata dalle banche e dai ritardati pagamenti decisi dai committenti, rischiano, nel silenzio più totale, di chiudere definitivamente i battenti», sottolinea Zabeo.

Quanto ai nuovi provvedimenti per rilanciare l’economia, la Cgia evidenzia come intervenire nuovamente sul costo del lavoro, magari agevolando ulteriormente le assunzioni di giovani, non sia la strada migliore, visto che negli ultimi anni il comparto ha beneficiato di ben 13,3 miliardi di sgravi strutturali e di altri 15 miliardi di euro di sgravi temporanei. «Forse – conclude Zabeo – sarebbe più opportuno intervenire tagliando l’Irpef. I posti di lavoro si creano se riparte l’economia, se con più soldi in tasca le famiglie tornano a sostenere la domanda interna e non attraverso misure artificiose. Intervenendo sull’imposta sui redditi delle persone fisiche, inoltre, ne trarrebbero vantaggio anche i pensionati e i lavoratori autonomi che, purtroppo, in questi ultimi anni non hanno beneficiato di alcun vantaggio fiscale».

Che la situazione economica del Belpaese sia tutt’altro che rosea lo testimonia anche il Codacons: «non basta qualche dato economico favorevole per dichiarare concluso il periodo di crisi economica, quando ancora troppi indicatori segnalano le differenze rispetto al 2007. I dati diffusi dalla Cgia certificano un’evidenza che in troppi si affrettano a nascondere: nonostante l’indicatore del Pil sia incoraggiante, e buone notizie arrivino anche sul fronte dell’occupazione, è del tutto improbabile affermare che l’Italia abbia recuperato il terreno perduto in un decennio di crisi economica. Affermare che l’Italia è tornata ai livelli pre-crisi è un vero e proprio no-sense – dichiara il presidente. Carlo Rienzi -. Basta guardare i consumi: se le famiglie non comprano, le imprese non vendono. Invece di annunciare la ripresa, sarebbe meglio intervenire per favorirla, mettendo in condizione le famiglie di spendere di più».